martedì 12 luglio 2011

"Non ne abbiamo più bisogno"

del Disagiato

Il fatto (l'articolo è di ieri) che Lotito voglia fare del Colosseo il marchio della sua Polisportiva Lazio e il fatto che Diego Della Valle abbia stretto un patto di tipo economico pubblicitario con Roberto Cecchi, il commissario straordinario all’archeologia di Roma, mi lascia parecchio perplesso. In realtà dovrei aver già capito da tempo che la sponsorizzazione del Colosseo da parte del marchio Tod’s è una delle pochissime vie per far entare soldi nelle casse e dovrei anche aver già capito che in Italia le cose pubbliche, e cioè mie tue e sue, avranno sempre più a che fare con gli interessi del privato. Un peccato, mi dico. Peccato perché, come in questo caso, le logiche culturali si trasformeranno in logiche economiche (e qui i fini sono altri), peccato perché ciò che è nostro diventerà sempre meno nostro. Oggi il Colosseo, domani le scuole e dopo domani gli ospedali. Quale valore dare alla cultura e a chi di cultura si occupa? Ci risponde la stessa responsabile di Confculture (Confindustria) Patrizia Asproni dicendoci:
Sono stanca del Ministero per i Beni e le Attività culturali. Non ne abbiamo più bisogno. Il patrimonio culturale del Paese deve entrare nelle competenze del Ministero dello sviluppo economico.
Leggendo sempre l’articolo sopra menzionato troviamo anche una dichiarazione ottimista di Della Valle:
Speriamo di dare presto notizie concrete di restauri anche a Pompei, Venezia, dove bisogna pensare al Canal Grande, e di un grande intervento anche a Firenze. Vogliamo fare un bel regalo al sindaco Renzi.
Sarebbe cosa giusta che questo discorso lo facesse un politico o un ministro e non un imprenditore. Che di imprenditori noi tutti ne sappiamo qualcosa.


6 commenti:

  1. Scorfano

    Non sono d'accordo con la tua ostilità. A parte che un riccone potrebbe anche avere sincere velleità di mecenatismo, se il Colosseo viene restaurato, e con i soldi suoi, è un bene per tutti.

    L'arte e i beni culturali li fanno i soldi. Venezia l'hanno fatta i mercanti. Dei Papi e del loro senso per gli affari non parliamo, e i Medici erano banchieri.

    Finché la pubblica fruizione non ne è ostacolata (e non vedo perché dovrebbe), benvenute tutte le sovvenzioni. All'estero, ma direi pure in Italia, è un fatto abbastanza comune.

    A Copenhagen la più importante collezione d'arte è quella di un birraio...

    La dichiarazione di Asproni non mi sembra pessima; forse un po' rozza, ma si riesce a far capire a Tremonti che l'arte e la cultura sono parte dello sviluppo di questo Paese...

    uqbal

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  2. (non è con me che non sei d'accordo)

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  3. Ma vedi che gaffe! Scusate. Sono andato in automatico...il Colosseo e quelle robe lì le ascrivo in automatico allo Scorfano...

    uqbal

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  4. (torno serio)

    @uqubal
    Il fatto che Diego Della Valle, che mi sta pure simpatico, abbia gli strumenti per aggiustare le cosa pubblica non ci piove. Ma il fatto che lo stato glielo lasci fare significa che lo Stato è debole. È il primo anello di una catena: oggi il Colosseo, domani la scuola, poi la sanità e poi lo stato intero. Gli ospedali verrano gestiti seguendo i capricci del mercato e le sue logiche. La scuola dovrà affronate compromessi. Tutte cose che invece vorrei tanto fossero gestite con i miei soldi, che in effetti ogni mese io sgancio con moltissima fatica, e dalle persone che eleggo io. Se vuoi utilizzo anche questa espressione: questione di principio.

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  5. La gaffe di uqbal, come la rigida risata del Disagiato, come l'obbligata e imbarazzata precisazione dello scorfano, mi danno da pensare.

    Non è la prima volta che qualcuno commenta un post del Disagiato rivolgendosi allo scorfano. Può darsi che i contenuti siano abbastanza "sovrapponibili", e questo favorisca il disguido. Se fossi nel Disagiato mi sentirei (un pochino appena) scocciato. O meglio, mi sentirei forse un po' a disagio.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)