venerdì 28 giugno 2013

Addimuru

del Disagiato

Cosa davvero curiosa: la responsabile della libreria ieri ci ha detto, ancora, di darci da fare con i clienti. Cosa davvero curiosa, dicevo. La titolare con quel “datti da fare” detto con il tono di chi sta affogando insieme a me, intendeva dire di curare di più i clienti che entrano in libreria: consiglia, fai vedere che esiste una differenza tra l’acquistare un libro in libreria e l’acquistare un libro su internet. E la differenza, ovviamente, la dobbiamo fare noi, che conosciamo i libri, che sappiamo la nostra materia, che siamo professionisti disponibili e competenti. Ma non siamo professionisti competenti. O, perlomeno, non lo siamo più da quando in libreria stanno entrando senza alcun filtro tonnellate di libri e oggetti adatti a una cartoleria. Il nostro lavoro, a questo punto, non è più temperato dal senso della realtà. Come posso essere un esperto di libri se non abbiamo più un’idea di quello che sta succedendo nel sistema letterario? Come posso trovare il tempo e la voglia di indirizzare i clienti se i clienti che entrano in libreria non vogliono più essere indirizzati? Oramai, lo so, il discorso sta diventando stopposo, ma la verità è che la libreria sta diventando un posto non proprio adatto per parlare di letteratura o, più semplicemente, di libri. Chi manovra, lassù, sta dirigendo e organizzando le cose perché le librerie diventino altro. Tra il consigliare con molta difficoltà un libro e il vendere un temperino a forma di Topolino, in noi nasce la confusione. Passiamo dal fare una cosa al fare il contrario di questa cosa. Come posso conoscere e vendere un libro e poco dopo vendere un album Moda Fashion Style per bambine di otto anni? Non vi sembra una contraddizione? Come posso gestire questa contraddizione?


Addimuru, si dice in siciliano. Che come ricorda Leonardo Sciascia in Occhio di Capra, arriva “dal verbo 'addimurare', ritardare, questa parola d’intesa tra adulti, a inganno dei bambini. Una madre tediata dai bambini mentre sbriga le faccende di casa, a liberarsene li manda da un parente o da una vicina a chiedere ‘tanticchia d’addimuru', un poco: quasi fosse un ingrediente da cucina. La parente o vicina capisce che deve trattenerli, e inventare qualcosa che li trattenga. A meno che non abbia per sua parte da fare: e li rimanda dicendo che di addimuru è sprovvista”. Ecco, lassù i titolari, i proprietari, gli organizzatori - mentre attendono che le librerie e i consumatori si trasformino completamente e definitivamente - ci chiedono di andare un po’ di qua e un po’ di là, di guadagnare vendendo un po’ di libri, un po’ di matite colorate e un po’ di album Moda Fashion Style: ci mandano a chiedere un poco di addimuru. Temporeggiano, aspettano mentre noi ci muoviamo nella contraddizione e privi di coerenza. Fino a quando non avranno, non avremo, finito la trasformazione. Ma intanto diamoci da fare.

mercoledì 26 giugno 2013

Bravi attori

del Disagiato

David Mamet in uno dei suoi saggi raccolti in I tre usi del coltello (minimum fax, 2002, L’interpretazione orale, pag. 256) scrive che un buon modo per un attore di recitare la propria battuta è quello di recitare la propria battuta. Niente di più. Un giorno un regista gli telefona e gli chiede: "C’è un personaggio nel tuo copione che dice 'Sono in Germania da qualche anno'. Ecco, quanto anni sarebbero esattamente?". Legittimo desiderio voler sapere come recitare conoscendo i dettagli, ma Mamet a quel regista risponde ugualmente che dare informazioni sarebbe cosa futile e insensata. A che serve? Chiedersi quanti anni il personaggio ha passato in Germania, continua, è come chiedersi che mutande porta. La battuta “Sono in Germania da qualche anno” non può essere recitata in modo diverso da “Sono in Germania da qualche anno”. Mamet è contro quella scuola di pensiero teatrale che vuole che l’attore interpreti con sentimento, o una certa carica, la propri parte: dire la parola “amore” in tono carezzevole e la parola “freddo” rabbrividendo non significa recitare, ma fare le Voci. Voler sapere tutto del proprio personaggio e dell’epoca in cui visse non serve né all’attore né al suo personaggio. E non serve neppure allo spettatore. Quando siete sul ring, ci dice ancora Mamet, non vi serve conoscere la storia della boxe: “Dovete imparare le battute, leggere il testo con semplicità per trovare un’azione semplice per ogni scena, e poi salire sul palco e fare del vostro meglio per compiere quell’azione, e mentre fate questo, aprire semplicemente la bocca e lasciare che le parole escano come vogliono, come se non significassero nulla, in un certo senso”. 

Ogni volta che vedo recitare Valerio Mastandrea mi ritorna in mente questo breve saggio di David Mamet e ogni volta capisco perché Mastandrea è così bravo a fare il suo lavoro. Bravo quanto Marcello Mastroianni che recitava “Sono in Germania da qualche anno” dicendo semplicemente “Sono in Germania da qualche anno”.

lunedì 24 giugno 2013

Io sono...

del Disagiato

È normalissimo avere un’idea di noi stessi. Quando si dice che una persona è inconsapevole significa che questa persona non sa delle cose del mondo che lo avvolgono ma anche che non sa dei suoi lineamenti, delle cose che lo riguardano, che gli stanno dentro. La letteratura, penso, può appassionare o riguardarci proprio per questo: perché scopriamo che quello che scorre e succede dentro di noi, non è proprio uguale a quello che sta fuori, davanti a noi. Scopriamo, così, di avere una vita segreta, intima, interiore, inconscia, e la letteratura, forse, ci aiuta a scoprire e a descrivere questa dissomiglianza. La letteratura, ho detto, ma qualcuno potrebbe benissimo dirmi la filosofia, la matematica, la fisica, la biologia, la musica, il cinema eccetera eccetera. Ognuno ha la sua bussola da consultare. Però penso anche un’altra cosa: l’idea che abbiamo di noi stessi dobbiamo tenerla segreta e imprecisa, e aspettare che siano gli altri a dirci come siamo fatti. “Non sono razzista…”, ad esempio, è una definizione che spesso annuncia un discorso razzista: “Non sono razzista, ma tutti questi negri ci stanno rubando il lavoro”. Insomma, è bene avere un’idea di noi stessi, ma secondo me è bene che siano gli altri a darcene conferma.

venerdì 21 giugno 2013

Il sospetto

del Disagiato

Vicino al centro commerciale dove sta la libreria, c’è un piccolo ristorante indiano che fa anche panini kebab. A volte - quando ho finito di lavorare, ho fame e pochissima voglia di cucinare - faccio una piccola deviazione dalla strada che mi riporta a casa e mi fermo per prendere un panino. Vado lì, in quel posto, sia perché i kebab sono buoni sia perché i gestori del locale, marito e moglie, sono due persone gentili e affabili, e a me avere a che fare con persone gentili e affabili migliora la vita. Tre anni fa circa, quando sono entrato per la prima volta in quel ristorante, io e loro abbiamo facilmente abbattuto qualche ostacolo linguistico e rintracciato un terreno comune fatto anche da discorsi più o meno superficiali e da qualche metaforica pacca sulla spalla. Loro grosso modo mi hanno raccontato la loro vita e io grosso modo ho raccontato la mia. Tutto questo per tre anni e solo per pochi minuti. Non siamo diventati amici, sia chiaro, però, come si suo dire, tra di noi c’è stata subito intesa. A volte vengono in libreria con i due figli e allora, molto volentieri, sospendo il mio lavoro per salutarli, per chiedere come vanno le cose e via dicendo. 

Una settimana fa circa sono andato al ristorante per farmi preparare un kebab da portare a casa. C’era solo la moglie, e con lei, per qualche minuto, mentre aspettavamo la giusta cottura della carne, ho parlato della crisi economica che sta prendendo a pugni i commercianti del centro commerciale. Poi è successo che la signora ha insacchettato il panino, me l’ha messo tra le mani e io, finito di dire quello che stavo dicendo, l’ho salutata per tornarmene a casa, dimenticando di prendere il mio portafogli dalla tasca, per pagare. Vi chiedo il favore di credermi: non volevo rubare. 

mercoledì 19 giugno 2013

Quello che farei

del Disagiato

Vicino a casa mia c’è una piscina comunale con un grande prato verde riservato ai "bagnanti". Ieri, dopo essere uscito dalla libreria, sono andato a distendermi sul manto erboso di questa piscina per prendere il sole, per levarmi dalla pelle il bianco di chi passa la maggior parte dei suoi giorni dentro un centro commerciale. Lì disteso, stavo bene. Così bene che quasi quasi mi addormentavo. Poi ho pensato che se non ci fosse stata tutta quella gente a prendere il sole e a parlare ad alta voce, mi sarei potuto anche fare un pisolino come si deve. E se non ci fossero stati tutti quei bambini esagitati nella piscina, avrei potuto anche fare un bagno. Ma quella di ieri era una piscina comunale, non una piscina privata. E quindi, come potevo pretendere alle quattro e mezza di un caldissimo giorno di giugno il silenzio per dormire e lo spazio per una nuotata lenta e tranquilla? Disteso, ho pensato a come sarebbe stato bello avere una piscina tutta mia: abbandonare la libreria, arrivare a casa, togliermi i vestiti e tuffarmi in piscina. E poi, magari, uscire dall’acqua e perdere i sensi sotto il sole, circondato dalla pace. Ecco, vorrei essere così ricco da poter fare queste cose dopo le mie ore di lavoro dentro un negozio, nel silenzio, in tutta tranquillità, senza bambini che urlano e mamme che rimproverano. Solo che dovrei essere ricchissimo o, almeno, benestante. Magari in passato l’ho già detto, ma facciamo che mi ripeto: a me lavorare in libreria piace; come dicono alcuni clienti patetici, “i libri sono la mia vita”. Però, se fossi ricco, se succedesse di vincere tantissimi soldi, io in libreria non ci tornerei più. Non vorrei più vedere i miei colleghi, i clienti, le signore che fanno le pulizie nel centro commerciale, le commesse carine con i tatuaggi, il direttore e le guardie. Se fossi ricco, non vorrei più stare con loro. Se fossi ricco, non vorrei più vedere bambini in piscina e gente distesa a prendere il sole. Se fossi ricco, se avessi il Potere, non mi comprerei né una costosissima BMW né una Ferrari, ma mi comprerei, oltre ad una casa con piscina, la solitudine.