sabato 2 luglio 2011

essere valutati da chi

di lo Scorfano


Io ci sto a essere valutato come insegnante. Mi va bene, insomma, sono pronto, non mi oppongo. Penso che potrebbe essere utile a me e alla scuola italiana in generale; e ai ragazzi che la frequenteranno in futuro, ovviamente. Però non mi bastano i test Invalsi: non ho tanta voglia di farmi valutare dagli «esperti» dell’Invalsi, che combinano un casino dietro l’altro e fanno finta di niente. Vorrei per esempio che anche un diirgiente scolastico, che sta nel suo istituto tutti i giorni e lo conosce molto bene, potesse dire la sua. Ma comunque non mi basterebbe nemmeno quello. Perché, più di tutto, vorrei che fossero i ragazzi a valutarmi, i miei studenti. D’altronde lavoro per loro. E d’altronde nessuno meglio di loro sa come io lavoro. Perché sono quelli che mi vedono di più; e sono anche quelli che ci rimettono, se io lavoro male.

Per questo, da quando gira questo mantra della valutazione degli insegnanti, io mi chiedo come si potrebbe fare, quale potrebbe essere il modo migliore per far sì che gli studenti valutassero serenamente i loro insegnanti. E sono giunto a due conclusioni: la prima è che non dovrebbe in nessun modo essere una valutazione anonima; la seconda è che dovrebbe essere fatta non dagli alunni, durante il corso di studi, ma dagli ex alunni, diciamo 9 o 12 mesi dopo. A mente fredda, insomma.      
   Quando un giovane uomo (o una giovane donna) ha comninciato a prendere atto di quello che la sua scuola (e i suoi insegnanti) gli hanno davvero insegnato.

Dunque, partendo da questi presupposti, negli ultimi giorni di lezione di quest’anno, mi sono divertito a far elaborare dai miei ragazzi di quinta (ormai fuori dalla quinta, e tutti ammessi all’esame) una specie di scheda di valutazione per i loro insegnanti. Li ho lasciati fare, da soli: non sono intervenuto se non all’inizio, per dire che ci voleva una griglia di valutazione e un punteggio totale di 100, e poi alla fine, per sostituire qualche termine un po’ troppo colloquiale. Ma sempre chiedendo il permesso. Loro hanno accettato e, l’ultimo giorno di lezione, mi hanno consegnato uno schema (che però prevede un punteggio massimo di 200, altrimenti non ci riuscivano, mi hanno detto).

Allora io ho preso quello schema e non mi sono accontentato: l’ho portato in giro, l’ho fatto vedere ad altri ex alunni e ad altri amici, che hanno figli sparsi nelle varie scuole della provincia. Senza snaturare l’idea originaria dei miei ragazzi di quinta, ho lasciato che tutti apportassero correzioni, piccole modifiche, aggiustamenti nelle voci e nei punteggi. E poi, alla fine di questo lavoro era già ieri pomeriggio, e ho cominciato a tirare le somme.

Le quali somme mi dicono che io, personalmente, non sono sempre d’accordo con quanto è venuto fuori; ma avevo promesso di non intervenire e quindi non lo farò. E mi dicono anche, queste somme, che alcuni dati mi hanno un po’ sorpreso (ma non vi dico quali). Vi lascio lo schema (la griglia, se preferite) esattamente come è emersa dalle voci degli alunni e delle persone che conosco e che non lavorano a scuola. La quale griglia (per la valutazione del mio operato e di quello dei miei colleghi) si divide così, in quattro parti:

Parte I: Cosa insegna il prof; 60 punti totali, 3 voci:
  • preparazione disciplinare del prof (25 punti)
  • cultura generale del prof (capacità di agganciarsi alla realtà contemporanea) (10 punti)
  • cospicuità e approfondimento del programma svolto dal prof (25 punti)
Parte II: Come insegna il prof; 55 punti totali, 4 voci:
  • organizzazione e strutturazione delle lezioni (10 punti)
  • capacità di approfondimenti disciplinari (10 punti)
  • attenzione al feedback degli studenti e conseguente calibratura delle lezioni (10 punti)
  • capacità di coinvolgimento e passione per la sua materia (25 punti)
Parte III Come il prof verifica e valuta; 45 punti totali, 5 voci
  • Chiarezza e pertinenza delle verifiche e dei loro obiettivi (15 punti)
  • Spazio lasciato alla rielaborazione personale di ogni studente (10 punti)
  • Coerenza con prestabiliti criteri di valutazione (10 punti)
  • Disponibilità a effettuare corsi di recupero (5 punti)
  • Rapidità nei tempi di riconsegna delle verifiche (5 punti)
Parte IV Come si relaziona il prof con gli studenti; 40 punti totali, 3 voci
  • Rispetto per la persona dello studente (15 punti)
  • Disponibilità a un confronto sereno con gli studenti (10 punti)
  • Autorevolezza nel tenere l’ordine (15 punti)
Il totale è di 200 punti; un insegnante medio ne dovrebbe prendere 120, vale a dire una risicata sufficienza. Ma insisto: è solo una bozza. E insisto ancora: a parte una minima e concordata revisione lessicale, io non sono intervenuto, né nell’enucleare le voci, né nello stabilirne il punteggio e nemmeno nel suddividerle. Hanno fatto tutto loro, quasi da soli.

Ma quello che più mi preme, di questa bozza, è che io ho intenzione di sottoporla al mio preside, prima di settembre, per vedere cosa ne pensa lui. Se ritiene che sia un’operazione fattibile, se ritiene che sia utile, se pensa che ci sia qualcosa di sistemare meglio. E soprattutto se crede che potremo, prima o poi, inserire anche questo criterio nella valutazione degli insegnanti di una scuola (anche solo della mia scuola).

È per questo che sto chiedendo il vostro aiuto: per vedere cosa pare a voi (che sarete o studenti o insegnanti o ex studenti o genitori di studenti – non si scappa: con la scuola c’entrano sempre tutti) e quali cose vi sembrano più curiose o singolari e quali altre, magari, modifichereste o aggiungereste o eliminereste. Vi chiedo di convincermi, insomma. Vi chiedo aiuto perché non riesco ad accettare che gli studenti, che sanno bene come io lavoro, non abbiano alcuna voce nel momento in cui si dovrà stabilire come io lavoro. E vorrei che ci fosse uno strumento, per quanto impefetto, che aiutasse me (e tutti) a far sentire la loro voce. Che non giudicherei ininfluente, se fossi uno degli «esperti» che decide queste cose.

45 commenti:

  1. All'Università si fa già da tempo, con una piccola importante nota: le valutazioni vengono fatte dagli studenti di un corso al termine delle lezioni ma prima dell'esame. L'idea è che non dovrebbero essere influenzati dall'andamento dello stesso.

    A scuola questo non ci può fare perché il processo di valutazione dello studente è continuo: le interrogazioni e i voti si susseguono durante l'anno scolastico. A questo punto non saprei qual'è la tempistica giusta. La tua idea di farlo dopo qualche mese dalla fine è sensata, ma si rischia di avere un numero molto basso di risposte, e si rischia un altro tipo di problema: solo i "soddisfatti" e "motivati" risponderebbero, gli altri potrebbero ignorare il questionario.

    All'Università, nei miei corsi, solo circa la metà degli studenti prendono questo momento sul serio e rispondono alle domande, gli altri semplicemente se ne fregano. Forse perché pensano che questi questionari abbiano un impatto limitato sul miglioramento della didattica (non sono previsti premi/punizioni per i professori).

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  2. Ad essere rigorosi questa non è una valutazione del lavoro dell'insegnante, che andrebbe fatta da chi assume e paga, ma è più una indagine sulla soddisfazione del "cliente".

    Con tutto quello che ne consegue. Il rischio più grosso è che ci si rivolge a incompetenti, i quali non hanno a loro volta un sistema di misurazione oggettivo.

    La valutazione dello studente dipende da così tante variabili soggettive e praticamente non calcolabili che secondo me la rende totalmente inutile.

    L'esempio di questo sistema applicato all'università è indicativo: quando c'ero io, la maggior parte degli studenti, sostanzialmente ignoranti, valutava malissimo i professori bravi, perché non riusciva a comprenderli essendo il divario culturale troppo grande, mentre premiava i mediocri che abbassavano il livello delle lezioni e degli esami ad altezza barboncino per andare incontro alle esigue capacità degli studenti.

    Farsi valutare da "clienti" incompetenti non è esattamente quello che mi auguro per la scuola italiana :-)

    Sempre per essere precisi, una valutazione del lavoro andrebbe operata in due fasi: prima si stabiliscono degli obiettivi da raggiungere (perché se sei in una classe con il 30% di studenti stranieri e l'altro 70% proveniente da contesti di analfabetismo di ritorno non puoi avere gli stessi risultati di una classe dei prestigiosi licei classici di Roma o Milano).

    Alla fine si controlla che i risultati ottenuti rispettino quelli prestabiliti. Di solito è così che si fanno le valutazioni sul lavoro: non è che ti dicono cosa fare a grandi linee e poi ti fanno i test per vedere se hai prodotto come la media di tutti quelli che fanno lo stesso lavoro in Italia. Sarebbe una follia.

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  3. io ho la stessa esperienza di knulp però qua la cosa diversa e interessante è che lo schema di valutazione è stato costruito dalla classe e, a parte il giudizio sulla preparazione disciplinare del prof, su tutte le altre voci la "competenza" (aaargh) di chi giudica c'è tutta. Per verificarne l'efficacia io lo proporrei due volte, una prima volta a metà anno e l'altra alla fine con una eventuale discussione pubblica in classe, insomma un test di come funzia l'anno prossimo lo farei...

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  4. Ciao. Sono "nuova" del blog, quindi prima di tutto: vivissimi complimenti! Mi piace molto. Riguardo alla questione della valutazione: concordo con Tommy Angelo sui rischi di una valutazione fatta dai "clienti" o dagli "utenti". Forse potrebbe essere solo una parte di una valutazione complessiva. In generale ho sempre pensato che una vera e soprattutto seria valutazione nella scuola italiana, così com'è, sia praticamente impossibile. Mancano obiettivi condivisi. Manca la fiducia nell'esperienza e nel lavoro altrui. Manca la capacità di mettersi in gioco tutti i giorni nel proprio lavoro e nel modo in cui viene svolto e la volontà di confrontarsi. Se l'obiettivo deve essere quello di migliorare il servizio, premessa necessaria ne è un lavoro di equipe e di confronto continuo con i colleghi su obiettivi e metodi, con osservazione diretta (ma chi la fa?) del lavoro dell'insegnante e delle reazioni e del lavoro degli studenti (e non intendo le parole sulla carta che mettiamo tutti gli anni nelle nostre programmazioni). L'ho sperimentato durante un corso-tirocinio-esame per l'insegnamento dell'inglese come seconda lingua ad adulti, l'ho trovato ottimo e stimolante, ma ho sempre pensato che nella scuola italiana è impossibile. E me ne dispiace molto. Se la valutazione non ha come obiettivo il miglioramento del servizio, ma è vista in un'ottica solo punitiva (o premiante), probabilmente prima o poi la faranno, farà contento Brunetta, ma non servirà a niente. Dunque, poche speranze. Se non in un cambiamento dal basso del lavoro di noi insegnanti, magari con il tempo, quando molti dei nostri più anziani colleghi saranno andati in pensione.

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  5. Grazie a tutti.
    Ovviamente io non penso a us sistema di questo tipo in modo avulso ed esclusivo. Lo penso integrato in una serie di altre valutazioni (tra cui anche i benedetti test Invalsi, per esempio, o un giudizio del dirigente); mi pare che sarebbe necessario per dare più articolazione alla valutazione del lavoro.
    L'ho pensato a distanza di mesi (pur sapendo che il rischio è che rispondano in pochi) proprio per evitare l'effetto descritto da Tommy: diciamo che, almeno per la sucola in cui lavoro io, che è un livceo, qualche mese di università è in genere sufficiente a capire il tipo di preparazione che si è ricevuta.
    Capisco benissimo anche il pessimismo di @Paola, che è stato il mio fino a non molti mesi fa. Però, come si dice, siamo in ballo e toccherà ballare: una valutazione del lavoro di docenti si farà: per questo penso di dare un contributo, anche minimo, e di vedere cosa mi risponde il mio preside.
    Ma non c'è nessuna voce che vi sorprende?

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  6. L'idea è buona, ma perfettibile. Ho alcune osservazioni nel merito.
    Per esempio: come fanno degli studenti che non conoscono la materia che viene loro insegnata, a valutare la preparazione e la cultura generale del prof, e in che misura possono decidere che il programma è stato svolto in maniera più o meno approfondita? Senza tener conto del fatto che spesso molti studenti fanno fatica a riferire nei dettagli il programma che hanno fatto in classe. In questo, sono abbastanza d'accordo con Tommy.

    Inoltre, dalla II serie di domande, verrebbe fuori che un insegnante molto "appassionato", ma assolutamente casinista nell'organizzazione delle lezioni, incapace di approfondire e di tenere conto dei feedback degli studenti prenderebbe quasi altrettanti punti quanti ne avrebbe uno non appassionato, ma più ordinato, attento ai feedback e agli approfondimenti. Ma mi sembra evidente che con il primo insegnante c'è molta meno probabilità che i ragazzi imparino qualcosa...

    Queste, per quello che valgono, le mie osservazioni. In ogni caso, andrebbero a mio parere integrate anche con quelle del dirigente scolastico, almeno (che però come farà a valutare, nei grandi ICS?)...

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  7. Guarda peppe, ti faccio un esempio fuori dalla scuola, per andare su terreno "neutro".

    Io ho fatto kick-boxing, sono arrivato ad un passo dal cominciare a studiare per diventare istruttore tesserato. Ora faccio boxe. Il 95% di queste attività consiste nell'imparare quello che un istruttore (insegnante) spiega.

    Come a scuola, anche nella arti marziali ci sono istruttori bravi, istruttori incapaci, istruttori così così. Attenzione, dico bravi e incapaci in quanto istruttori, non in quanto atleti. Puoi avere atleti fantastici che non sanno allenare.

    Se lasci giudicare a chi prende lezioni, di solito l'istruttore incompentente riscuote successo: perché salta tutte le parti noiose e faticose di imparare i fondamentali, ti fa mettere i guanti e ti fa menare pugni da subito.

    L'istruttore bravo invece nei primi 9 mesi fa rinunciare a metà della gente. Perché ti fa fare cose noiose, e serve costanza e pazienza.

    Così se lasci giudicare a chi prende lezioni, avresti che gli incompetenti la vincono.

    Tuttavia esiste il sistema delle cinture, che stabilisce a priori i requisiti necessari a passare alla classe successiva. In subordine si può sempre testare sul campo con la prova definitiva, un incontro.

    Io sento continuamente i giovanotti in palestra che si esaltano per uno degli istruttori, che è un incompetente di prima scelta e con il quale mi rifiuto di allenarmi (passati i trenta le cazzate le paghi purtroppo).

    No grazie, per quel che mi riguarda le valutazioni non vanno date in mano ai discenti.

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  8. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  9. @ Scorfano: dopo qualche mese di università (posto che tutti ci vadano) è possibile avere un'idea di come si è svolto il programma alla scuola superiore per quelle materie che si continuano a studiare, all'università. Io ho studiato Lettere, e non avevo, né ho, idea, di come fosse al qualità dell'insegnamento che avevo ricevuto in chimica, biologia, fisica...

    Inoltre, questo sistema di valutazione andrebbe associato anche a uno di altro tipo: come gli insegnanti, i genitori e gli alunni valutano l'operato dei loro dirigenti scolastici, e del ministero...

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  10. Perfeziono il mio commento in base al commento di Tommy. Ha ragione lo scorfano quando dice che tale valutazione non può certo essere la sola o l'unica. E' chiaro che lo studente riesce fino ad un certo punto a valutare la qualità del docente (quanto ne sa, quanto è utile quello che insegna, ecc.). Per cui, mentre nel primo commento mi ero concentrato sulla tempistica, qui mi concentro sul cosa valutare.

    Cosa può valutare uno studente?
    - Se il professore è chiaro nello spiegare: uno studente è in grado di capire se un professore blatera di cose incomprensibili, oppure se gli ha fatto capire una cosa che prima non aveva capito;
    - Se il professore è puntuale e svolge in programma con regolarità: un professore che fa il fancazzista tutto l'anno e poi alla fine spiega in fretta e furia tutto il programma (mia docente di italiano al biennio del liceo), non va bene. Lo studente questo lo vede e può giudicare;
    - Se il professore riesce a calibrare le lezioni sulla classe, oppure se va per i fatti suoi lasciando gli studenti indietro a studiare le cose da soli.

    Quindi, io eliminerei sicuaramente la domanda 1 della parte I, e forse tutta la parte I. Lascerei le parti II, III e IV.

    Penso inoltre che responsabilizzando gli studenti si ottengano solo benefici, perché si rendono conto di essere "parte" della scuola, di poterla cambiare e non solo subire.

    Per Tommy: se il professore di kick-boxing "pessimo" è un cretino ma ha successo, penso che il prof. "ottimo" debba cercare di capire cosa c'è che non va nel suo modo di insegnare, e magari cambiare il suo approccio. Insegnare è tante cose, e avere "successo" presso gli studenti è parte del meccanismo. Magari deve solo farsi più pubblicità ("i miei studenti sono i migliori perché hanno più successo dopo"), oppure lavorare sul suo carisma.

    Infine: il feedback che mi arriva dai questionari dati agli studenti mi è sempre servito per migliorare: magari non tutte le domande le ho sempre trovate pertinenti, ma credo che siano un'ottima cosa, se solo si potessero convincere tutti gli studenti a compilarli. Nella mia facoltà vengono pubblicati i dati aggregati, ma io sarei per pubblicare anche i dati per i singoli professori.

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  11. Concordo con Paola sul fatto che il nostro, essendo un lavoro di gruppo, debba essere valutato non estrapolandolo dal contesto del consiglio di classe.
    Quanto alla proposta, personalmente la vedrei più come valutazione indicativa per migliorare il proprio insegnamento, ma non certo come valutazione meritocratica su cui imbastire eventuali incentivi economici, come pure vorrebbe fare il MPI.
    Per questo vedrei più indicato un sistema che:
    - valuti il consiglio di classe nel suo insieme prima che i singoli
    - i valutatori siano un gruppo di pari
    - comporti il "monitoraggio" di alcune lezioni live
    - tenga presente il punto di partenza (tipologia di utenza) e quello di arrivo...

    queste almeno le prime idee che mi vengono in mente.

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  12. Adunque. Questo è un tema che sento anche io moltissimo.

    1) Io credo che le valutazioni degli studenti siano in parte "viziate" dal fatto che gli studenti non ne sanno granché della materia che viene loro insegnata (altrimenti noi docenti saremmmo sì valutabili ma anche disoccupati...). In questo senso Tommy ha ragione.

    2) Non è detto però che gli studenti non siano in grado di accorgersi della cultura di un prof. E' vero che certe volte bastano due o tre trucchetti per millantare cultura (incluso il cambiare regolarmente studenti, cosa che i fatti ci garantiscono!), ma oltre un certo limite, ci vuole cultura per millantare cultura. In ogni caso: se ne accorgono se le tue spiegazioni sono una parafrasi del libro o se parli con cognizione di causa.

    3) Non altrettanto per la strutturazione delle lezioni. E' un po' il principio del "Metti la cera, togli la cera". Non sempre gli studenti vedono il lavoro dietro o il senso delle scelte didattiche, anche a distanza di tempo.

    4) Su alcune cose pratiche (come i tempi per la correzione dei compiti) un principio di customer satisfaction ci sta.

    5) Su alcuni aspetti sulla disciplina gli studenti ne capiscono davvero poco. Generalmente loro pensano che un buon comportamento sia quello delle statue di sale. Nella mia esperienza, sono ottocenteschi e non capiscono bene il valore dell'apprendimento cooperativo, della ricerca-azione (e del comportamento da tenere), anche se capiscono che "fare gli interventi" è cosa buona. Ho notato che a volte sono anche intransigenti con chi ha comportamtenti "difficili" sia pure per ottime ragione e tendono a non capire le sfumature degli insegnanti nel porsi con questi studenti.

    6) Lasciar trascorrere del tempo secondo me non aiuta: ho visto professori pessimi ed odiati che nel virato in seppia dei ricordi diventavano degli zii bonari. Due giorni dopo la fine degli esami di stato scatta il "ai miei tempi".

    7) Sono molto diffidente della possibilità, anche lontana e mediata, che gli studenti pensino di avere un'arma di ricatto nei confronti del prof. Mi sono già capitate classi in cui la litania era (a fronte di compiti ritirati per manifesto uso del cell., ad es.): "vado dal pres./vice pres.!". Faceva ridere la minaccia, ma non farebbe ridere se la mia valutazione passasse anche solo per un 1% da giudizi degli studenti.

    8) L'Invalsi non giudica i prof. ma gli studenti: la differenza è fondamentale (se uno studente va bene o male dipenderà pure da lui, no??). L'Invalsi lo dice e lo ripete, la Gelmini invece sembra avere le idee un po' confuse.

    E scusate la lunghezza

    uqbal

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  13. Ah, come se non bastasse:

    è evidente che stiamo parlando di valutazione dei docenti delle superiori.

    Un ragazzino di III media già sarebbe in difficoltà con un test del genere. Fin là ci vorrebbero altre forme di valutazione, e a quel punto tanto vale estenderle anche alle superiori.

    Ma un feed-back (anonimo per evitare paure) ci sta tutto.

    uqbal

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  14. Bello il tentativo, e mi piace molto che siano criteri ritenuti significativi dagli studenti (a me sorprende "attenzione al feedback degli studenti e conseguente calibratura delle lezioni", è un item che mi sembra indicare una consapevolezza delle dinamiche di apprendimento e insegnamento, nonché degli elementi basilari della teoria della comunicazione, per nulla banale e scontata, negli studenti ma anche in molti insegnanti). Però sono d'accordo, ahimè, col primo commento di Tommy Angelo: per quanto lo studente ("il "cliente") sia avveduto e consapevole, il suo giudizio è molto parziale, per struttura: da un lato, lo studente non dispone di "criteri oggettivi" per valutare i vari aspetti dell'attività dell'insegnante, finendo per valutare in base a suggestioni, esperienze e ricordi del tutto soggettivi, la cui oggettività (mi par di capire) verrebbe fornita solo a posteriori dal "peso statistico" dei dati (mi sono spiegato malissimo, ma insomma); dall'altro, lo studente non ha piena coscienza, secondo me, dell'intero lavoro dell'insegnante. Ad esempio gli è quasi del tutto sconosciuto l'aspetto dell'impegno e della partecipazione dell'insegnante alla vita della scuola al di là del lavoro in aula: partecipazione e contributo al lavoro degli organi collegiali (dal consiglio di classe a quello d'istituto al collegio docenti), responsabilità assunte come referente di progetti o coordinatore di commissioni, eccetera. Tutte attività che so bene essere considerate da molte insegnanti come secondarie o addirittura estranee al proprio lavoro, ma che invece sono parte effettiva della vita dei nostri istituti e delle nostre attività di prof. Un aspetto, questo, che non a caso è del tutto assente dalla griglia.

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  15. @Leonardo: la voce che tu citi è quella sul cui "lessico" sono intervenuto io, non a caso. Loro avevano scritto qualcosa tipo: il prof si rende conto che nessuno capisce oppure no", che mi pareva voler esprimere proprio la questione del feddback.
    Per quanto riguarda invece l'ultima cosa che scrivi, sono d'accordo con te: ma credo che quello debba eessere un aspetto la cui valutazione si proprio di competenza del dirigente: il quale è colui che meglio di tutti conosce questo tipo di lavoro.

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  16. (ehm, nella terzultima riga, dove sta scritto "da molte insegnanti", leggere "da molti insegnanti", trattasi di refuso e non di lapsus freudiano)

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  17. @Knulp: forse ti stupirai, ma la parte I è quella su cui i ragazzi di quinta avevano battutto di più. La sua importanza è stata limitata dagli intereventi successivi, di altre persone che ho consultato (solo amici: intelligenti, ma amici, niente di specialistico). Insomma, loro hanno grande fiducia nella loro capacità di comprendere il grado di preparazione di chi sta loro davanti; almeno dopo qualche anno di scuola.

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  18. @Ipazia, Uqbal, marcop60 e tutti
    Io sto prendendo appunti, nel frattempo: nel senso che terrò conto di consigli e perplessità. Benchè questa cosa di spedire tutto al dirigente la farò, in ogni caso. Anche solo per vedere la reazione.
    E comunque vi ringrazio infinitamente per come mi state aiutando.

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  19. Un possibile barbatrucco potrebbe essere strutturare il test in modo tale che non si capisca che l'oggetto è il prof.

    Faccio un esempio forse troppo grossolano: chiedere ad uno studente di valutare quanto è bravo il prof. a spiegare è una cosa, chiedergli cosa capisce lui delle lezioni di latino ne è un'altra ma se ne possono trarre conclusioni simili senza mettere il prof. in una posizione "ricattabile".

    uqbal

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  20. @Knulp: se il professore di kick-boxing "pessimo" è un cretino ma ha successo, penso che il prof. "ottimo" debba cercare di capire cosa c'è che non va nel suo modo di insegnare, e magari cambiare il suo approccio.

    Certo, ma il mio era solo un esempio. Un corso di arti marziali ha altri scopi e altre modalità rispetto alla scuola. Un istruttore ha tutto l'interesse a far mollare quelli che vengono svogliati o non ci mettono impegno. Un insegnante di scuola non ha la possibilità di scegliere chi tenere e chi no, deve convivere con i bravi, gli intelligenti che non si impegnano e quelli che si iscrivono ai terroristi.

    Quindi prendi l'esempio per quel che :-)

    Poi io non dico certo che non si debba avere un feedback dagli studenti, anzi può andare benissimo. Magari un prof scopre di terrorizzare involontariamente gli studenti e se lo sa cambia atteggiamento, tutto di guadagnato.

    Ma se il concetto è quello di valutare il lavoro dell'insegnante, mi ripeto, è necessario stabilire prima degli obiettivi realistici commisurati alla singola classe, e poi vedere se quegli obiettivi sono stati raggiunti di anno in anno.

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  21. @Tommy
    D'accordissimo sul tuo discorso a proposito degli obiettivi. Ma quello è appunto un aspetto della valutazione che spetta al Ministero. E' un aspetto importante, decisivo, ma non è l'unico che possa essere tenuto in considerazione, secondo me.

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  22. Anni fa io alla fine dell'anno facevo riempire un questionario di "gradimento" agli studenti, che mi serviva per avere io un feedback sull'andamento dell'anno scolastico. Poi ho smesso, intanto perché c'erano sottili incomprensioni con i colleghi - una cosa così prima o poi si viene a sapere, e a farla da soli c'è il rischio di suscitare "perplessità" - e poi perché in quella scuola lì in effetti non era possibile. Troppo ampio lo scarto tra l'idea di scuola che avevo io e quella della clientela, troppo esile la trama del linguaggio comune. Tutta 'sta premessa per dire che uno strumento come questo funzionerebbe solo al liceo, credo.
    Quest'anno infatti ho ricominciato - ma dato che non ho fatto in tempo a preparare un questionario ho chiesto semplicemente di buttarmi giù le tre cose da tenere e le tre cose da buttare dell'anno appena passato. E' stato interessante :-)
    Penso però che qui ci dobbiamo mettere d'accordo sulla finalità della valutazione. Se deve servire ai docenti per mettere a punto la didattica, il giudizio degli studenti è fondamentale. E va raccolto a caldo, secondo me. E in questo caso non importa che non abbiano (loro) le competenze (ops) disciplinari per valutare il docente perché quello che serve è capire che percezione hanno delle competenze (ops) del decente stesso.
    Se il fine invece è solo individuare tra i docenti i cattivi che devono restare inchiodati al loro stipendio di fame, ecco... allora forse basterebbe affidarsi ad elementi oggettivi (la puntualità, il numero di valutazioni, cose così).

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  23. p.s. comunque magari questa potrebbe essere una cosa interessante da discutere anche con altri insegnanti di altri paesi...
    Io mica lo so gli altri come fanno.

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  24. Comunque finché gli insegnanti non saranno skillati e non scheduleranno il loro lavoro, sostituendo ai consigli di classe dei miting con pauerpoint, non si può neanche cominciare a parlare di evaluescion.

    IMHO.

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  25. Bada a quel che digiti, Tommy! Stai parlando con un implacabile nemico del pauerpoint...;)

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  26. Buongiorno/sera a tutti, sono uno studente liceale in via di maturazione e vorrei proporvi il mio punto di vista su questo argomento. Mi scuso in anticipo per la lungaggine del commento, ho fatto il possibile. Personalmente sono convinto della necessità di una valutazione dei professori da parte degli studenti. Definire la validità di un insegnante è un problema molto complicato, perché sono coinvolti moltissimi aspetti differenti. Ascoltare il parere degli studenti rappresenta uno degli importanti tasselli che vanno presi in considerazione. Dopo cinque anni di superiori si presuppone non solo di diplomare studenti preparati, ma persone con del sale in zucca. Se ciò non accade, mi dispiace dirlo, quei cinque anni sono stati buttati dalla finestra, se non da altre parti. In qualità di esseri pensanti e dotati di un po’ d’autocritica, ritengo che gli studenti (o almeno quello che conosco io) siano in grado di valutare come un insegnante si sia comportato “sul campo”, come sentono d’essere stati preparati.
    Parte I
    Più che valutare la preparazione di un insegnante a mio avviso gli studenti riescono a valutarne meglio il grado di impreparazione. Mi rendo conto che in burocratese questa parola stoni parecchio, ma secondo me è più pregnante. Un buon livello di conoscenze può essere valutato soggettivamente da studenti più o meno bravi, ma quando un insegnante inizia a zoppicare nella propria materia beh, di quello se ne accorge buona parte della classe. La seconda voce mi pare invece ambigua. Non capisco se quello che gli studenti vogliono è avere un prof informato su più argomenti o un professore che sappia attualizzare e applicare gli argomenti spiegati (ad esempio le applicazioni delle leggi fisiche o matematiche ascoltate in classe nella vita di ogni giorno). Nella mia classe ho sentito spesso la domanda: “A che serve?”.
    Parte II
    La terza voce è molto delicata, non a caso inizialmente, come ha detto lo Scorfano, gli studenti ne hanno dato un’altra dicitura. Loro, noi, non vogliamo valutare quanto delle lezioni ascoltate ci ricordiamo (cosa che dipende in larga parte dallo studio individuale), ma quanto capiamo. Si valuta la capacità di spiegazione. C’è una sottile differenza. Calibratura è quindi un termine più azzeccato. Alla quarta vice assegnerei molti meno punto: dipende troppo dagli interessi dei singoli. La passione si può percepire, ma il coinvolgimento non sempre.
    Parte III
    Vedo che gli studenti, a differenza del resto del mondo scolastico, danno poca importanza ai corsi di recupero. La cosa non mi dispiace per niente. :D
    Io aggiungerei anche lo spazio per un commento personale. Valutare un mio prof solamente con una tabella e dei numeri mi metterebbe parecchio a disagio.

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  27. Alessandro, molte grazie davvero. Il tuo parere mi fa particolarmente piacere e mi è molto utile, perché viene da uno studente che è alla fine del suo percorso e quindi sei esattamente la persona a cui io mi rivolgo. Terrò molto in considerazione le tue osservazioni, grazie ancora.

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  28. Alessandro, quando invecchierai capirai che tutto il sale in zucca che credi di avere adesso tanto salato non era.

    (E comunque ricordati di non fare facoltà umanistiche: da come scrivi ti vedo su quella strada. E secondo me sei pure rappresentante di classe o d'istituto)

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  29. (Alessandro, non credere a questa cosa che ha scritto Tommy: non crederci, alla faccenda del sale in zucca, perché non è mica vero... Vedrai che non è vero)
    (Invece, se puoi, credi alla seconda cosa che ha detto: le facoltà umanistiche sono un viaggio verso l'abisso, soprattutto in questo momento)

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  30. questo post è pieno di idee meravigliose e sulle quali bisogna meditare...
    ai miei alunni di solito faccio scrivere due righe nei primi giorni di scuola, su cosa si aspettano e come si sentono nei confronti della matematica. quest'anno ho chiesto anche un commento a fine anno, molto liberamente, qualcosa tipo "come ti sembra che sia andata, cosa c'è da cambiare, cosa è andato bene"... molto meno strutturata della griglia dello scorfano, ma ne sono uscite cosa interessanti.

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  31. @Tommy@Scorfano Ho ancora le idee abbastanza confuse e non so quale via imboccare, ma di certo non mi iscriverò ad una facoltà umanistica, potete tranquillizzarvi. Ringrazio lo Scorfano per il supporto e mi accodo: credo (mi auguro) che Tommy si sbagli. Per quel che riguarda la mia scrittura... beh, non so se iniziare a preoccuparmi. xD

    Tornando alla griglia di valutazione, nel commento precedente ho scritto che mi piacerebbe avere anche uno spazio di commento libero. Siccome immagino che al ministero più di tanto non interessi, credo sia più utile consegnarlo direttamente al professore. Alla Gelmini interessa solo il punteggio, non i perchè, mentre ai prof spero importi il contrario. Inoltre il professore ha potuto farsi un'idea dei ragazzi che lo stanno giudicando e ha potuto capire se sono persone affidabili o meno. Mi fa piacere leggere che sia Lucia che LGO abbiamo usato questo metodo, perchè vuol dire che a qualcosa serve. Saluti!

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  32. @Alessandro: ovviamente non intendevo che tu manchi di sale in zucca o peggio, dico solo che a 19 anni si ha il sale in zucca dei 19 anni e soprattutto ti manca l'esperienza.

    Alla tua età facevo gli stessi discorsi che fai tu ed ero molto più serio e impegnato di oggi, ma quando ci ripenso mi dico "ma guarda che mona che ero".

    (e poi ho fatto una facoltà umanistica, purtroppo)

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  33. scusate se vado completamente fuori tema, ma SIGH, SOB, SNIFF. Cito:

    «ci voleva una griglia di valutazione e un punteggio totale di 100 [...], mi hanno consegnato uno schema (che però prevede un punteggio massimo di 200, altrimenti non ci riuscivano, mi hanno detto).»

    Possibile che a nessuno sia venuto in mente di dividere per due tutti i punteggi (e poi decidere come arrotondare tutti quelli dispari, naturalmente)? Prof, posso utilizzare il tuo post per un mio post sul Post?

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  34. Che domande, Mau... Certo che puoi.
    (per amore di verità, a loro era venuto in mente di dividere per due; sono io che ho rifiutato, perché già c'erano punteggi di 5 su 200; ridurli a 2 su 100 mi sembrava davvero brutto)

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  35. ecco, appunto. 2 su 100 (oppure 3 su 100, chi ha detto che bisogna sempre arrotondare verso il basso?) non è diverso da 5 su 200. È tutto un problema di numeri percepiti... vabbè, vedrai il risultato :-P

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  36. (beh, devo anche lavorare ogni tanto)

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  37. Complimenti per l'idea ma soprattutto per l'idea di scuola che ci sta dietro.

    Sul fine di questo strumento capisco le paure di Lgo: non può essere un questionario tra gli studenti a dare il metro per gli aumenti di stipendio degli insegnanti.
    Così come non può esserlo l'Invalsi, sul quale
    ha scritto bene Uqbal.

    Ma l'esigenza di valutazione degli insegnanti rimane.
    Lo studente che si impegna poco o nulla, giustamente, viene fermato uno o più anni.
    L'insegnante che (non) si impegna uguale, invece, rimane al suo posto per tutta la carriera.
    Svalutando anche il lavoro dei colleghi pìù seri e più capaci, svalutando la scuola e il
    ruolo sociale degli insegnanti e della scuola.

    Strumenti come questo sono un'altra cosa ma possono essere un (ottimo) punto di partenza,
    dando un feedback ai docenti che intendono migliorare il proprio lavoro in classe.

    Temo però che ci sarà chi proverà a bloccare anche strumenti come questo.

    Sentiunpo

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  38. @sentiunpo
    Grazie per i complimenti.
    Ripeto che vuole essere solo una bozza, un tentativo: ma rimane essenziale, secondo me, che anche gli studenti (cioè l'utenza della scuola, in fin dei conti) possano avere una voce nella valutazione dei loro docenti.

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  39. Sono nuovo e per il mio intervento sarò anche prolisso, criticone e senza proporre miglioramenti. Non proprio il miglior esordio possibile, insomma! =)

    Sulla sezione I:
    •cospicuità e approfondimento del programma svolto dal prof (25 punti). Che significa? Come si valuta? In base a che pagina del libro di testo si è arrivati? E poi 25 punti sono tanti. Magari si è rimasti indietro per svariati motivi non tutti dipendenti dal prof.

    Sulla sezione II:
    Gli studenti danno feedback? Io avevo il terrore di contraddire la prof di matematica per esempio, ma quasi insultavo quella di chimica. Non è mica facile dare serenamente un feedback ad una persona che, comunque, è vista come un'autorità.

    Capacità di coinvolgimento? Alcune persone saranno sicuramente disinteressate a qualche argomento e, se va bene, studiano la lezioncina per arrivare al risultato. Il professore che cosa ci può fare? Mica funziona sempre come Will Hunting – Genio ribelle. Poi magari si. Lo studente fancazzista alla fine vince la medaglia Fields. Poi la passione è davvero così importante? Più che altro trovo importante che il professore si ponga in maniera rispettosa verso gli studenti ed insegni e spieghi in maniera chiara ed esauriente. Se poi c’è anche la passione meglio ancora, ma quella è una qualità individuale. Non si possono mica avere solo prof super appassionati…

    Sulla sezione III:
    Gli obiettivi generali mi sembrano condivisibili, ma non sempre appropriati per tutte le materie. Per esempio, l'elaborazione personale in una scuola superiore su materie come matematica o fisica mi paiono molto difficili da raggiungere.

    La sezione IV, invece, mi pare ragionevole.

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  40. Molte grazie, Giaime. Immagino che tu non sia uno studente (non mi pare, insomma): terrò conto delle tue osservazioni, in particolare quella sulla "passione" che è davvero difficilmente quantificabile. Da insegnante, ci terrei a dirti che il feedback, però, esiste e dovrebbe essere soprattutto compito di chi insegna cercare di ottenerlo, in modo chiaro e utile. Su questo do abbastanza ragione ai ragazzi.

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  41. @Giaime: pensa che io cerco di scrivere di matematica in modo che il lettore (che però mi sa non sia uno studente) possa fare un'elaborazione personale...

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  42. @.mau.: anch'io credo che, con qualche limite ovvio, ma si possa fare (io ho un collega molto bravo che, dicono i ragazzi, lo fa)

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  43. non sono più uno studente da qualche anno, ma non moltissimi. Però, per esempio, la prof che mi è rimasta più nel cuore e che ritengo mi abbia insegnato più di tutte è stata quella di filosofia. Una donna tutto d'un pezzo che non ci ha mai regalato mezzo sorriso per i 3 anni del liceo, ma che ci ha insegnato a vivere prima che Platone e Kant e Hegel, etc etc. Aveva passione per il suo lavoro? Non mi pareva allora, ma forse sbaglio. Le piaceva sicuramente la filosofia (più che la storia, secondo me) e la insegnava bene, credo.

    Non metto in dubbio che il feedback sia importante; lo è. Forse anche il mio terrore per la prof di matematica poteva essere un feedback; anzi, lo era sicuramente. Ma quel che voglio dire è che mi ricordo come molto difficile instaurare una comunicazione palese di questo tipo con alcuni insegnanti, mentre ve n'erano altri che, all'occorrenza passavano le loro ore ad ascoltare le nostre lagne (e noi, da adolescenti pigri, ce ne approfittavamo o, perlomeno, credevamo di farlo..).

    Un altro papiro, scusa...

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  44. @Giaime
    Io credo che quello che tu descirvi della tua prof di filosofia sia proprio "passione per il lavoro". Che non implica sorrisi, naturalmente, ma insegnamento. E penso (io) che sia anche per quello che ti è rimasta nel cuore.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)