Incontro Riccardo, un ragazzo a cui avevo dato un aiuto quando frequentava l’università e doveva preparare l’esame di latino scritto. Lo incontro al cinema, perché Riccardo è il bigliettaio della multisala che sta nel centro commericale vicino al lago: stacca i biglietti, dice «buonasera», sorride, dà il resto a chi ne ha bisogno. E dunque, visto che Riccardo si è laureato in Lettere da almeno un anno con il massimo dei voti, il post potrebbe finire qui, e sarebbe già abbastanza istruttivo per chiunque.
Ma il fatto è che io incontro Riccardo sia all’inizio del film, quando mi stacca il biglietto e mi dà il resto, sia alla fine, quando il suo turno è finito e mi sta aspettando, per salutarmi. Mi racconta che si è laureato, ovviamente; che ha 26 anni e che meno male che ha trovato questo lavoretto alla multisala del centro commerciale, perché altrimenti gli sarebbe venuta voglia di sbattere la testa contro gli spigoli di camera sua.
Io capisco, non dico niente, cerco di evitare discorsi che potrebbero solo metterci entrambi in imbarazzo. In fondo non lo conosco bene, Riccardo: non è mai stato un mio alunno, l’ho visto una decina di volte, qualche anno fa, e gli ho fatto fare un po’ di esercizio di traduzione, mi sono fatto pagare, nient’altro. Però ne avevo notato l’impegno, questo sì; e ne avevo riconosciuto la volontà, senz’altro.
Mentre io taccio, è comunque lui che insiste a parlare di quello di cui io non vorrei parlare. Mi dice che ha preso 110, come punteggio alla triennale, e 110 e lode alla laurea magistrale.
Mi dice che vorrebbe tanto insegnare ma che ovviamente non c’è nessuna possibilità di farlo. Poi arriva al punto (e io immaginavo che il punto potesse essere quello): e mi chiede, visto che io lavoro per l’editoria, se magari c’è qualche possibilità anche per lui. Io lo deludo: momento difficile, collaboratori numerosi e già collaudati, mi dispiace ma credo di non poter fare niente. Lui dà segno di aver capito.
Poi forse sono io a sembrare perplesso, forse è lui che ha bisogno di sfogarsi, ma sta di fatto che Riccardo continua a parlare della sua laurea. Mi dice: non è possibile. Non è possibile che ti facciano laureare così e poi ti mandino incontro a un futuro di questo genere. Non so proprio cosa fare, cosa inventarmi, cosa pensare. Stacco i biglietti al cinema e mi basta per qualche uscita serale e per la benzina da mettere nella macchina. Ma se dovessi andarmene da casa dei miei genitori, non saprei proprio come fare. E poi, insiste Riccardo, con una laurea del genere…
A questo punto, io lo fermo. Gli dico: «Be’, quello lo sapevi no? Quando ti sei iscritto a Lettere, dico, lo avevi ben immaginato che sarebbe stato molto difficile…» «Sì» mi dice lui «lo sapevo… anche se a 19 anni certe cose si sanno ma non si capiscono del tutto. Però non è questo il punto. È che ci hanno fatti laureare tutti, sempre, senza nessuna difficoltà. Gente che era uscita dal liceo con 65 su 100, o anche meno, e poi all’università ha preso 110. Non c’era nessun tipo di selezione vera, non c’era mai fatica da fare. Agli esami ti davano sempre 30 o 30 e lode; 28 se proprio non avevi studiato niente… Ecco, poi uno si trova con una laurea in mano che non vale nulla, anche per questo motivo: perché l’hanno presa tutti, perché nessuno si è addossato la responsabilità di fermare qualcuno, perché tra quelli che l’hanno presa c’è gente che magari conosce il presidente della Provincia e allora trova lavoro, c’è quello che ha l’azienda del nonno, e allora trova lavoro, e poi ci sono io, che ho studiato meglio di loro, ma che non conosco nessuno e non ho nessuna azienda, e io stacco i biglietti al cinema. Non va bene».
Io lo ascolto e penso che le stesse precise parole le ho lette nei libri di Antonio Scurati e di Claudio Giunta, che all’università di Lettere ci insegnano. So che è così, so che Riccardo ha ragione. Gli dico infatti che lo so, che è un peccato, che è un errore che risponde a qualche malintesa logica che io non comprendo. Lui prova a insistere («Se fanno così, con una laurea che già vale poco, alla fine è ovvio che sarà un pezzo di carta che non varrà proprio niente…»), ma io do mostra di avere fretta, lo saluto, gli faccio gli auguri per il futuro, anche se so che la prossima volta lo troverò di nuovo lì, dietro quel banco, a staccare i biglietti e a dare le monete di resto.
Sapero non sia così dappertutto, non in tutte le università. Però, qui vicino a dove abito io, è senza dubbio così: voti altissimi, tutti promossi, tutti laureati senza che la loro laurea umanistica abbia uno straccio di valore. E allora il post era giusto che arrivasse fino a qui: perché ci sono responsabilità spesso invisibili, dietro un ragazzo laureato in lettere che stacca i biglietti del cinema. In parte sono anche sue, senz’altro. In parte sono di chi ci governa, non ho dubbi. Ma in parte sono anche di chi, nelle università, promuove tutti, anche quelli che non hanno imparato niente, mettendo tutti sullo stesso piano, non dando a nessuno la possibilità di eccellere, consegnando tutti alle amicizie o alle conoscenze personali, lasciando che le facoltà umanistiche sprofondino sempre di più verso il basso e verso l’inutilità.
Sarà una strategia, non lo so. Sarà un comportamento che risponde a qualche logica, può darsi. Il fatto che io non la veda può essere anche solo miopia personale, può darsi. Però è strano, perché tutto il resto lo vedo abbastanza bene, invece.
Nella mia università è la stessa, identica, storia. Mi riconosco al cento per cento nelle parole di Riccardo ed è in parte anche il motivo per cui non ho quasi nessuna stima della classe insegnanti universitari attuale: tutti a riempirsi la bocca di valori, merito, abbasso Berlusconi viva la cultura e poi, quando uno ad un esame di letteratura greca non sa spiccicare DUE parole su Platone (caso - ahimè - realmente accaduto) prende 27 invece che 30.
RispondiEliminaE non mi vengano a dire che se ci sono voti alti la facoltà prende più fondi...e dove sarebbero, questi fondi? Sarà il periodo estivo che lascia intravedere la disoccupazione, sarà il pessimismo cosmico che mi invade, ma anche io, come Ipazia l'altro giorno e come Riccardo, sono molto, molto, molto incazzata. Ecco, l'ho detto! (Scusa Scorfano per lo sfogo!!)
Il business della formazione.
RispondiEliminaEsistono le università dove rimani bloccato (perché i professori ti danno 30 oppure ti rimandano) e quelle dove passi gli esami sempre e comunque.
Dove si iscrivono gli studenti?
E a cosa mirano le facoltà? A formare adeguatamente gli iscritti o a recepire più iscrizioni e quindi maggiori entrate economiche?
Chiaro poi che nessuno in facoltà dirà mai: "Non iscriverti qui perché poi non trovi lavoro", altrimenti chi pagherebbe le tasse universitarie lì?
Hai fatto benissimo, Tinni.
RispondiEliminaNaturalmente, quando una situazione è così complicata, non c'è una sola causa. Però vanno espresse tutte, perché tutte sono rilevanti. Questa, che tu hai ribadito riferendoti all'università dove studi tu, è una causa non secondaria e purtroppo assai diffusa. E ne vorrei chiedere ragione a molti prof, perché è una ragione che non comprendo proprio.
Ecco, forse SpeakerMuto ha già dato una gran parte della soluzione della questione...
RispondiEliminaA parte il fatto che questa cosa del voto di laurea... boh. Immagino che si, per accedere a certi lavori si abbia bisogno di un buon voto di laurea, ma per il resto che tu abbia un 100 o un 110 e lode, non mi pare faccia questa gran differenza. Quindi non riesco a capire il perché o prendi il 30 o non ti faccio passare l'esame.
RispondiEliminaDetto questo, ho studiato materie scientifiche, e aggiungo con molta difficoltà, perché come dici tu, la voglia di cazzeggio era più della voglia di mettersi veramente sotto. Ma anche perché le cose che ho studito erano veramente pesanti, perché i professori non ti regalavano nulla (a parte una o forse due eccezioni) e perché il liceo classico non mi aveva dato una preparazione adeguata a quel corso di studi.
Ci siamo iscritti in 350 al mio corso nell'ottobre del 2000. Il primo anno era pieno di fondamentali propedeutici. Al secondo anno eravamo già la metà. Credo che i laureati di specialistica più o meno in corso siano stati una ventina o poco più. Tutto il resto o ci ha messo più del tempo o ha lasciato perdere. E credo che di miei colleghi universitari disoccupati non ce ne siano in giro.
Ho studiato a Bologna e sono sempre stata circondata da gente che studiava lettere o al DAMS e quando dissi a un mio compagno di scuola cosa andavo a fare la risposta è stata: "Ma come vai a studiare a Bologna e non fai a fare il DAMS?"
A Bologna chi studiava materie letterarie è sempre stato "figo", tutt'ora quando dico in giro cosa faccio in molti sgranano gli occhi immaginandosi i peggiori cliché...
Non so a chi è andata meglio e neanche quale sia la strategia che sta dietro ai voti regalati (facilitarsi la vita?), ma cambiando metodo, il risultato cambia. Eccome.
Che brutte prospettive mi state dando xD Non mi aspettavo nulla di buono, ma una situazione così compromessa no.
RispondiElimina@soulexplosion: "non riesco a capire il perché o prendi il 30 o non ti faccio passare l'esame"
RispondiEliminaBe', perché per alcuni insegnanti la loro materia è la più importante del mondo (anche se è, che so, "Modelli e metodi matematici nel campo delle applicazioni robotiche e in particolare nel settore delle macchine inutili" - me lo sono inventato ;^). Diventa una questione personale.
Poi dipende. In situazioni della serie "Ce lo possiamo permettere" (ovvero: una facoltà già piena zeppa di iscritti, tipo giurisprudenza a CT), i docenti non si fanno problemi a sbarrare la strada agli studenti.
Caro Alessandro, non so se tu ti stia per iscrivere a Lettere, ma se è così, è brutto da sentire nonché da dire, ma rifletti a fondo sulla sede da scegliere (estera? o altrimenti io personalmente ti consiglio città e uniersità piccole) e, più in generale, sulla nuda e cruda situazione italiana...
RispondiElimina@SpeakerMuto: va bene, la tua materia può anche essere la più importante del mondo, ma... Bisognerebbe considerare un po' di cose quando si ha davanti una persona da esaminare:
RispondiElimina- ha studiato?
- è preparata?
- come espone?
- che tipo di carriera universitaria ha?
- ti sta chiedendo di dargli il voto che si merita e togliersi dai piedi?
- etc.
Credo che le uniche materie dove il prof fosse più lascivo fossero analisi matematica e logica matematica, che sono belle e importanti, ma se fai informatica, anche piuttosto relative. Come anche fisica... Architettura degli elaboratori e sistemi operativi erano quelli più tosti, lunghi e rompiballe di tutto il corso (insieme a statistica, che per mia fortuna non ho dovuto sostentere).
Sbarrare la strada è una buona idea, in certi casi: mettere le materie più difficili all'inizio per scoraggiare chi non ha voglia o tenacia potrebbe esserlo, se si hanno troppi iscritti. Sbarrare la strada per principio no. Anche perché poi a Catania, come a Bologna il cognome che porti e chi conosci spesso fa la differenza.
E il "ce lo possiamo permettere" vale se hai migliaia di iscritti, quindi dovrebbe valere anche per lettere. Non 350. La differenza nei metodi c'è e si vede.
@Tinni
RispondiEliminaNon ho ancora deciso cosa fare, ma sicuramente non una facoltà umanistica. Credo che comunque la situazione in cui versano quelle facoltà sia solo la punta dell'iceberg, l'esempio più lampante. Le altre non saranno di sicuro in condizioni migliori.
Mah... Mia figlia ha studiato a Milano (scienze della formazione, o dell'educazione, mi confondo sem-pre) e i suoi 30 se li è sudati, e quando non era preparata ha preso meno o un bel po' meno.
RispondiEliminaMa un amico scrittore, che vive in città universitaria, mi racconta di corsi dove tutti sono promossi così che poi i nuovi siano invogliati a frequentare, e il professore sia sicuro di avere un corso frequentato.
D'altra parte, io insegno alla scuola media, e nonostante le battaglie annuali ci sono ancora due corsi, da noi, dove promuovono tutti, cani, porci e assenti. Così, l'alunna che noi quest'anno abbiamo bocciato, ha già chiesto di cambiar sezione, e guarda un po' dove vuole andare a finire...
Io parlo naturalmente solo di facoltà umanistiche, perché sono quelle che conosco, avendoci lavorato per molto tempo. Poi, in particolare, mi riferisco ad alcune facoltà umanistiche che ci sono nella mia zona; immagino che altrove ci possano essere cordi di laurea molto migliori. Lo immagino e soprattutto lo spero.
RispondiElimina@soulexplosion: mi sa che abbiamo frequentato un corso quanto meno simile :^) Io ho seguito ing. informatica (per scelta dei miei).
RispondiEliminaHo letto il post subito prima di andare a fare esami all'università (dove faccio la ricercatrice e, quindi, do una mano a tutti i prof. con cui lavoro)...e sono arrivata di umore estremamente "combattivo"! Non so se gli studenti avranno gradito.
RispondiEliminaComunque, a Giurisprudenza la situazione non è proprio in termini così drammatici, ma la tendenza a promuovere anche chi non se lo meriterebbe pienamente sta senz'altro aumentando. Tante le ragioni.
Ovviamente, si finisce per danneggiare chi, invece, studia seriamente. Da noi, però, ancora, si riesce a fare le necessarie distinzioni, almeno attraverso il voto.
Agota
Be', chiederò scusa ai tuoi studenti, prima o poi... ;)
RispondiEliminaAnche se continuo a chiedermi perché. Perché si debba essere sempre più lassisti anche nelle università, anche in quelle tradizionalmente "serie" come giurisprudenza. E non trovo una ragione.
@Agota
RispondiEliminaUn mio parente è avvocato e da quel che mi dice la situazione è peggiore di come voi la descrivete. Ormai di avvocati ce ne sono troppi, almeno nella città dove lavora. Da quando ha iniziato ad esercitare (diciamo una ventina d'anni fa) il numero è decuplicato. Anche giurisprudenza non è rimasta esente da questo genere di problemi. Il risultato è che ora si stanno affermando sempre più gli studi legali riuniti a scapito del singolo.
Scorfano, ciao.
RispondiEliminaPer fortuna non è così in tutte le università, non è così in tutti i corsi di laurea, nemmeno nel settore umanistico.
Garantisco personalmente, con il lavoro che faticosamente faccio tutti i giorni, dando voti dal "Respinto" al 18 al 30 e lode, passando per tutta la gamma intermedia. È più duro dare voti bassi, lo so, perché per ogni voto che togli, se sei un/a docente brava/o, devi spiegare perché l'hai tolto. Io lo spiego, e così fanno molti miei colleghi.
A Scienze della Comunicazione, a Bologna, si laureano col 110 e lode 1 o 2 giovani all'anno, se va bene. A volte nessuno.
Scusa l'intrusione: non è per difendere la catagoria professionale a cui appartengo, ma per incoraggiare un po' di giovani.
Resistiamo/resistete ragazzi, ce la faremo a migliorarla, questa malandata Italia. Ce la faremo come umanisti.
:-)
Vi abbraccio
Giovanna Cosenza
Ciao Giovanna.
RispondiEliminaE grazie del tuo incoraggiamento, perché so che molti ragazzi ne hanno bisogno.
Io ho specificato, nel post, che questo accade nell'università che si trova vicino al mio paese e con cui stancamente collaboro. L'ho specificato apposta, perché so (spero e so) che ci sono anche realtà molto diverse; che già solo a Milano è tutto diverso. Però, leggendo qua e là le lamentazioni di vari docenti come te, ho anche capito che la mia provincia (Brescia) non è proprio un caso isolato. E volevo proprio esplicitamente dire che così non va, che quelli che lavorano bene sono gli altri, che non bisogna farsi ingannare da quel che apparentemente luccica.
E, ovviamente, te lo puoi immaginare, lo stesso discorso si avrebbe da fare (e io l'ho fatto, tante volte) per chi insegna nelle scuole superiori. Forse anche di più.
Ciao.
Ho l'atroce sospetto che si dia trenta a tutti per non scoraggiarli, per far sì che restino all'Università e quindi a casa di mamma per più tempo possibile.
RispondiEliminaPerché alla seconda bocciatura moltissimi getterebbero la spugna, e si presenterebbero sul mercato del lavoro, e...
Hm...ma come vengono assegnati i finanziamenti alle università? Non c'entrerà questo?
RispondiEliminaSe i finanziamenti vengono assegnati in base al numero di studenti e non in base ai risultati ottenuti dagli studenti dopo un certo numero di anni dalla laurea, è chiaro che gran parte delle università (tranne quelle spocchiose che se lo possono permettere in quanto già di gran nome) sceglierà la strada di far passare tutti per avere più studenti possibile...