del Disagiato

I mariti delle commesse, venuti a prendere le mogli, arrivano sempre un po’ prima della chiusura del centro commerciale per avere il tempo di vedere come va la vita dalle nostre parti, che si dice, quale buon vento ciao, come stai. Hanno la faccia da gente tradita, da chi stava afferrando qualcosa ma poi tutto si è sgretolato, si è mosso e il bersaglio è stato mancato. Allora gli è toccato ricominciare e basta guardarli in faccia, i mariti delle commesse, per capire che sono alla loro ennesima partenza. I mariti delle commesse hanno sempre pantaloni belli e scarpe brutte e per favore non chiedetemi il perché. Perché? Perché tornano a casa dall’ufficio, si mettono in ciabatte, cenano, portano fuori il cane con le scarpe da giardinetto, quelle che se anche si sporcano di escrementi chissenefrega, e poi vanno a prendere la moglie che fa la commessa da tanti anni, che è arrivata fino alla terza media oppure ha cominciato le superiori ma poi ha incontrato lui ed è finita parcheggiata in una profumeria.
I mariti delle commesse quando entrano nel centro commerciale guardano sempre in alto e non chiedetemi il perché. Perché? Perché i rumori del centro commerciale vanno a finire tutti in alto e sembra che lassù stia accadendo qualcosa mentre invece è solo un effetto acustico. Allora entrano, guardano in alto, sempre e alla stessa ora, e poi vanno a sedersi sulla panchina che sta di fronte al supermercato e, per cortesia, non chiedetemi il perché. Perché? Si vanno a sedere sulle panchine che stanno accanto all’entrata del supermercato perché lì, in quei paraggi, possono vedere le commesse giovani e non sposate che lavorano nei negozi di abbigliamento. Guardano i culi delle commesse, insomma, e spesso i mariti si incontrano e commentano e valutano. “Guarda lì che roba, hai visto?”, dice uno. “Sì, sì, ho visto”, dice l’altro. E poi riprendono a parlare di terzini mediocri che domenica hanno mancato la palla.