venerdì 8 luglio 2011

Il cinema scandinavo

del Disagiato

Jack Vettriano
senza titolo

Questa sera usciremo di casa, finalmente. L’ultima volta è stata due settimane fa e per vedere un film che a forza mi sono fatta piacere. “Ti è piaciuto?”, mi ha chiesto lui quella volta, quando siamo usciti dalla sala cinematografica. “Certo che il piano sequenza del finale batte tutti”, mi ha detto guardando il cielo e accendendosi una sigaretta. Ho dovuto dire di sì, senza aggiungere nulla. Poi siamo rimasti fermi a fumare. Ho guardato una coppia che è sbucata da una via laterale a quella del cinema. Ho sentito qualcosa di molto simile all’invidia e questo mi ha spaventata. Ridevano e si annusavano il collo per chissà quale stupido gioco. Sul collo, poi, si baciavano. Mentre lui mi parlava dell’importanza del cinema scandinavo, dell’uso originale della macchina da presa, dell’assenza di una colonna sonora per rendere il film realtà e la realtà un film, io guardavo una coppia amarsi. A lui ho dovuto dire che il film mi era piaciuto e ho dovuto farlo per evitarmi una discussione tremenda che altrimenti avrebbe allungato oltre l’ambito cinematografico il suo raggio. Mi ha preso tra le sue braccia e mi ha stretta forte. Un alito di vento mi ha scombinato i capelli e lui con una mano me li ha risistemati. L’ho baciato e poi ci siamo diretti verso la sua macchina. Gli ho detto che il film mi era piaciuto, che avevamo fatto bene a uscire. Mi ha riaccompagnata a casa schiacciando l’acceleratore in prossimità dei semafori, per evitare di fermarsi ai rossi. Una volta aspettava i rossi per potermi baciare.


Quella è stata l’ultima volta che siamo usciti, due settimane fa. Stasera andremo a cena al solito ristorante, quello che piace a lui. Perché cambiare quando l’abitudine regala calore? Perché rischiare di cenare in un posto che poi porterà pentimento? Io non muovo obiezione. Vanno bene i film scandinavi, va bene la macchina da presa a spalla, va bene il solito ristorante. Adesso sono sola, in casa mia, e riguardo una foto che mi fece agli inizi della nostra storia d’amore. Ero alla finestra, ero felice. Lui, prima di farmi questa foto, mi disse sorridendo: "Non sei mai stata così bella". Tenevo in mano una sigaretta e guardavo il parcheggio sotto casa. Questo è successo tanto tempo fa.

4 commenti:

  1. Caro Disagiato,

    un tuo commento al brano da te riportato?

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  2. ... è che, molto probabilmente, quel moderno poeta dell' amore, Prévert, non aveva poi esagerato né troppo peccato di cinismo nel definirlo "una povera cosa che passa".
    Poi, se ne ama forse anche di più la nostalgia.

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  3. Pungerà di tanto in tanto, come un demone beffardo,o fugace e guizzante come anguilla, solleticata da un qualche casuale effetto inaspettato: una nota, un profumo, un gesto, un sogno, un alito di vento: è il modo degli amori di farsi eterni tra i mortali...

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)