giovedì 14 luglio 2011

I librai che leggono e i librai

del Disagiato

Quando cinque anni fa cominciai a lavorare in libreria, cioè quel posto dove arrivano libri, bisogna sistemare libri, vendere libri e magari capirci qualcosa di libri, c’erano due mie colleghe che capito il mio andazzo interiore presero a sfottermi perché leggevo libri. “Cosa fai stasera, esci o stai a casa a leggere poesie?”, mi chiese una volta una delle due ridendo e guardando l’altra. Si divertivano un mondo a prendermi per il culo e così tanto che un giorno, all’ennesima loro battuta innocente, io mi offesi seriamente. A quel tempo forgiai su misura questa espressione un po’ sciocca: contraddizioni del capitalismo. Mi sembrava un’espressione buona per spiegare la cosa: il sistema capitalistico non ritiene necessario che il lavoratore conosca il materiale che lavora o che vende. Non serve leggere i poeti per vendere i poeti, insomma. E in effetti le cose stavano e stanno così: non serve aver letto Neruda per vendere un libro di Neruda.

Adesso però trovo questa espressione molto sciocca e sgraziata, come ho già detto. È la reazione di chi tenta di schiacciare il ronzio della mosca anziché la mosca. Quello che penso adesso è che ci sono i librai che leggono e che fanno bene il loro mestiere e i librai che non leggono e che fanno male il loro mestiere. Ci sono i librai che sanno consigliare libri e i librai che se ne stanno muti e impilano volumi. Insomma, come in tutti i lavori, ci sono quelli che fanno ritornare il cliente e quelli che non fanno ritornare il cliente. Vero che la maggior parte dei clienti non ha bisogno del libraio che legge poesie, però, insomma, se il libraio legge poesie è facile che abbia in se, dentro il proprio petto, un po’ di educazione, sentimento e garbo. Molto di più del libraio che di sera guarda una trasmissione condotta da Alfonso Signorini. Se il libraio legge romanzi è facile che sia un po’ aperto di mente, affabile e gentile. Adriano era uno dei più bravi giocatori al mondo ma dal momento in cui ha cominciato a uscire di sera per andare in discoteca non lo è più stato. Sembrerà presuntuoso, ma ci sono i librai bravi e i librai non bravi. E i librai bravi sono bravi perché molte volte, la maggior parte delle volte, invece di uscire stanno a casa a leggere poesie. Fottendosene altamente dei colleghi che lo prenderanno per il culo.

10 commenti:

  1. E' un "valore aggiunto", quello di cui parli, rarissimo a trovarsi: personalmente non mi sono imbattuta mai, purtroppo, in un libraio al par tuo. Non è prezzabile, capisci? ai mercanti non interessa, si sa, e neppure a molti clienti che vedono il libro come un oggetto. Ma la situazione, in questo mercimonio di pseudo-cultura, è anche più tragica: talvolta mi è successo di dover fare lo spelling del nome di autori di indiscusso valore classico o internazionale, per sapere dal commesso se esistesse in negozio un certo suo romanzo. "Per cortesia, non riesco a trovare 'Finzioni' di Borges; le dispiace controllare se c'è?" "Chi? Può ripetere?" "Borges. B-O-R-G-E-S. Finzioni. F-I-N-Z...."
    Mi raccomando, G., non demordere :-)

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  2. Premesso che se dovessi uscire con le tue colleghe ignorantelle, preferirei a prescindere stare a casa a leggere un libro, piuttosto...

    Credo che per qualsiasi mestriere si faccia bisognerebbe avere la passione. Non è usclusa la vendita: che io compri un libro o un paio di mutande, avrei voglia che chi mi assistesse nell'acquisto ne capisca qualcosa. Il venditore deve avere prima di tutto bene in mente che merce ha nel suo negozio. E poi offrire la sua conoscenza in materia (in modo non aggressivo) al cliente così che egli esca soddisfatto dal negozio. Così si assicura che la volta successiva che il cliente deciderà di comprare un articolo di quel tipo, tornerà da lui.

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  3. Ho un solo, piccolo dubbio: ma se ad un libraio che legge poesia poi sono richiesti i libri stile "i dolori del giovane Walter", "Le barzellette di Totti", "I love shopping" ecc... riuscirà, questo povero coltissimo libraio, a far bene il suo mestiere?
    Non mi fraintendere. Sono con te.

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  4. @Sirio
    D'accordissimo con le tue parole e grazie per l'incoraggiamento.

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  5. @soulexplosion
    Le mie colleghe, quelle che mi sfottevano perchè leggevo libri, ora non ci sono più. Non le ho uccise, hanno cambiato mestiere.

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  6. @Ipazia
    Con quel genere di libri il libraio indica, e non consiglia, altri libri che per forza di cose deve conoscere almeno superficialmente. Per fortuna la libreria è suddivisa per generi e quindi con quei libri ce la caviamo mostrando un paio di scaffali dove poter spulciare.

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  7. Ho visto clienti chiedere un libro fantasy al nostro libraio, per poi uscire dal negozio con un libro di Nick Hornby sottobraccio: la passione convince sempre.

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  8. Per me, leggere un libro - un buon libro - è più che qualsiasi droga. Nessuno è riuscito mai a farmi smettere (e neppure lo voglio). Tutto è cominciato fra l'edicola e la libreria che c'erano nella mia via: mio papà mi comprava qualche fumetto e qualche libro, qualcun altro lo prenotavamo; ma quelli prenotati non facevano mai in tempo ad arrivare, io finivo tutto troppo presto. Allora, sia l'edicolante che il libraio (quest'ultimo, soprattutto) mi facevano leggere nell'attesa tutto quello che avevano a disposizione (io promettevo di girare le pagine piano, piano, senza sciuparle). Ho imparato ad amare i libri, e ho guadagnato un tesoro.
    W i librai così!

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)