martedì 19 luglio 2011

facciamo che noi due vi raggiungiamo più tardi

(Spartaco è un lettore del nostro blog; fa l’avvocato – di successo, si dice – e vive a Roma, anche se non è romano. Spartaco ci ha spedito un post, perché aveva voglia di raccontare a quale punto è arrivato lui, nella sua strada cominciata con una scelta universitaria che si chiama Giurisprudenza e proseguita con una professione che si chiama Avvocatura. Noi lo pubblichiamo volentieri.)
Facciamo che noi due vi raggiungiamo più tardi. Uno è portato a mettersi nella prospettiva del Disagiato e dello Scorfano e si chiede: «Ma mentre io vado, loro due che fanno? Quando arrivano? Perché non vengono con me, con noi?». Ma soprattutto: «Che avranno mai da fare?». E così, in quest’illusione prospettica, non guardi dove TU stai andando.Ecco, io ad un certo punto me lo sono chiesto e, accettando l’ospitalità del D. e dello S., ve ne vorrei parlare.

Io sono uno che corre, eccome se corre. Ogni mattina. La mia però non è la corsa pantaloncini-maglietta e IPod che fa tanto bene. Vivo a Roma, abito a 22,4 km di distanza dal mio lavoro, tutti di traffico. Lascio mia figlia a scuola, reprimo il senso di colpa che mi prende sapendo che la rivedrò solo la sera, ormai addormentata, mi rificco in macchina e volo (si fa per dire) fino a San Pietro, dove in garage mi aspetta la moto. Che moto è una parola grossa.
    Ho comprato per protesta un Bajaj, uno di quei vesponi simili alla vespa anni ’60 ma fatti in India ai giorni nostri. Ci mette un quarto d’ora per accendersi, per l’esattezza dai 37 ai 58 colpi di pedale (li ho contati) a seconda che la stagione sia fredda o calda. L’ho voluto io, per non essere sempre costretto all’efficienza, alla velocità. Solo che ogni tanto, quando sono veramente in ritardo, un po’ mi pento del mio integralismo e vorrei avere, come tutti nella capitale, un performante Honda Sh, uno di quelli che ai semafori mi bruciano sistematicamente, si accendono in un nanosecondo e portano gli avvocati che li cavalcano all’udienza che avranno contro di me prima di me.

Accendo allora il mio Bajaj, attraverso il tunnel e sono sul Lungotevere, direzione centro. Alle volte mi fermo in un bar per evitare di svenire lungo la strada per il calo glicemico. Ma non pensate che abbia il conforto del barista che, come luogo comune sui romani vuole, ti saluta calorosamente, ti fa la battuta sulla Roma e ti scalda il cuore. Mangio quasi sempre un cornetto integrale al miele ed un caffellatte freddo e quasi sempre mi odio per non aver avuto il tempo di fare colazione a casa, perché il cornetto sembra di gomma e tutto l’affare mi costa cinquemilalire (ben cinque mila lire, è un prezzo di favor, direbbe la puttana del Carlo Martello di De Andrè). Se fate i conti, su cinque giorni a settimana e undici mesi l’anno fa una certa cifra. E non pensate che sia ricco, sono solo uno che ha fame.

Rinsello la mia moto e appena sono verso il centro, grosso modo dalle parti di via Tomacelli, c’è un grosso store della Ferrari a ricordarmi che se riesco a fare i soldi potrò andare ancora più veloce. Sistematicamente, dico sistematicamente, mi accodo ad uno dei quattrocentocinquantamila bus a due piani turistici che Alemanno ha autorizzato a viaggiare per le stradine del centro e che sistematicamente, dico sistematicamente, ferma il flusso perché uno stronzo ha parcheggiato male e non riesce a manovrare. Io e il mio Bajaj sappiamo però come fare. Guardando con la coda dell’occhio che non arrivi nessuno sparato da dietro, ci si incunea a destra del pachiderma, poi a sinistra, si guarda schifati l’autista, si schiva la turista, si fa da apripista e si vola fino al semaforo, rosso per mezz’ora e verde per un istante, posto in fondo a via del Corso.

Nel frattempo, il mio cellulare ha vibrato tante volte. Mia moglie, che è già al lavoro, sente che è già il momento di fare due chiacchiere, lo studio si chiede dove cavolo io possa essere alla tarda ora delle nove e un quarto. Ma non vibra solo il mio telefono. Anche il cuore è impercettibilmente più veloce. Dovrei correre come una zebra inseguita da un leone nella savana per smaltire tutta questa adrenalina e invece me la digerirò seduto sul mio Bajaj. Mi farà male? Penso che devo fare le analisi, trovare il tempo per andare a correre a Villa Borghese, mangiare meno e ingrano la prima.

Volo verso via del Tritone, dove, causa lavori – ci sono sempre dei lavori, a Roma – c’è il mio personale e quotidiano Motor Show. Ok, mi dico, se passo appena un po’ nell’altra corsia, quella dedicata ai taxi che vanno in senso contrario, e mi lascio scivolare addosso qualche vaffanculo come fisiologica conseguenza della mia scelta, posso superare le tre macchine che mi separano dall’oasi di pace e tranquillità che si è creata tra un furgone per lo scarico merci ed un autobus a due piani che hanno avuto la decenza di non incollarsi ad un millimetro l’uno dall’altro. E così, dopo un po’ la vedo.

La fontana del Tritone, posta al centro di Piazza Barberini, che ogni giorno di più sembra voglia prendermi per il culo, come a dirmi: io sono già qua e tu ancora manco hai iniziato la giornata. Ecco, sono le nove e trenta di una qualsiasi giornata della mia vita. E il termine “Decrescita felice” si è già affacciato una decina di volte alla mia mente. Tra un po’ accenderò il computer, andrò su sempreunpoadisagio.blogspot.com e mi chiederò a che punto sono, più o meno, i due padroni di casa.

18 commenti:

  1. Caro Spartaco, ho vissuto a Roma i primi 27 anni della mia vita e gli ultimi 6-7 me li ricordo proprio come li hai descritti tu: sempre di corsa, in mezzo al traffico, alle puzze, alle macchine parcheggiate col culo, ai bus turistici (anche a un piano hanno sempre fatto un casino della madonna a Roma), con l'adrenalina che mi usciva dalle orecchie e un bisogno pressoché costante di mandare a stendere il primo che mi capitasse sotto mano.
    Ma tornando a te: nonostante tutto sembri remare contro, pare che tu sia riuscito a conservare ironia, leggerezza e una certa qual curiosità bonaria nei confronti di quel mondo fracassone e puzzolente in cui cominci ogni tua giornata. Credo sia proprio quello che serve per sopravvivere al laocoontico abbraccio della caput mundi.
    Coraggio!
    Saluti a te e ai padroni di casa

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  2. Caro Spartaco, lo so, sembra una follia, ma io a Roma mi muovo ormai quasi solo con piedi e mezzi pubblici. Il tempo si dilata, è vero, e bisogna imparare a tenerne conto e cambiare alcune cose (e poi sono un'insegnante, per cui, si sa, ho un sacco di tempo a disposizione....) Ma indietro non potrei mai tornare, su questa e tante altre piccole scelte quotidiane. Secondo me, ne vale la pena. E mi ero così stufata di sentirmi dire che è impossibile, che ho cominciato semplicemente a farlo e a scriverci anche un piccolo blog (http://hofattoilcomposto.blogspot.com)

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  3. caro Spartaco, questa descrizione e' molto fedele alla realta' e il tuo modo di ironizzare su quello che potrebbe sembrare negativo me l'ha fatto diventare positivo e quasi irrinunciabile...che vita sarebbe senza!!!!!

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  4. Caro Spartaco,
    non c'è passo troppo lungo o gamba...ricollegandomi a un post di qualche giorno fa, ma ci potrebbe essere un cartone di pizza su una spiaggetta a Favignana....

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  5. Come ti capisco. Io di Km ne faccio 32 (quasi tutti di GRA) e per arrivare in ufficio ad un orario decente devo fare le levatacce: uscire 15 minuti più tardi del solito comporta magicamente un ritardo di 45 minuti all'arrivo!
    Il racconto del tup personale calvario quotidiano è sì godibile ma purtroppo tristemente ironico.
    Comunque tu e il tuo fedele ronzino (il Bajaj), nel traffico di Roma, sarete sempre più veloci di qualsiasi Ferrari!

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  6. Uno degli aspetti positivi del lavoro dell'insegnante è che alle otto del mattino devi già essere al lavoro. Ho attraversato Roma (piazza Bologna-Monte Mario) coi mezzi pubblici per otto anni prima di cedere alle due ruote, e ora non potrei mai tornare indietro :-)

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  7. You're just like crosstown traffic
    So hard to get through to you
    Crosstown traffic
    I don't need to run over you
    Crosstown traffic
    All you do is slow me down
    And I got better things on the other side of town

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  8. Caro Spartaco, io che come te sono isolano e a Roma ci vivo da tanto, oltre che lavorare nella tua stessa via, abitare a 35 km dal mio posto di lavoro, e fare il tuo lavoro due livelli più in giù, oltre che esserti incidentalmente anche collaboratore nel tuo stesso studio, rincaro la dose: come Paola, anche io prendo esclusivamente i mezzi per arrivare al lavoro, ma mi scontro quotidianamente con l'inefficienza tipica degli stessi: attese immense, affollamenti tipo metropolitane cinesi, e due ore della mia vita, quotidianamente, finiscono a dare il contributo a questa vita che non ci appartiene più. Un giorno o l'altro, o mi trascinerai tu fuori da quello studio oppure ti ci trascinerò io.


    Statti tranquillo.

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  9. Certo, fermarsi un attimo a pensare è un atto rivoluzionario. Molto pericoloso, soprattutto per se stessi. E' come se per un istante ovattato vedessimo i suoni confusi e ascoltassimo i visi tirati delle persone attorno a noi fino a scorgere l'unica vera padrona di casa, la dolce Signora Follia!
    E noi nel mezzo, pezzi di carne nel Muro dei Pink Floyd, drammaticamente complici. Caro Spartaco, parli di Decrescita Felice e io penso al PIL, agli armamenti, al nucleare, però poi penso anche al mio cellulare superfico, ai miei occhiali alla moda e alle vacanze al Resort.
    Non c'è troppa distanza tra il locale e il globale, tra il mio e il nostro, tra il famoso battito d'ali della ancor più famosa farfalla e l'uragano all'altro capo del mondo.

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  10. Grazie a tutti dei commenti. Riemergo solo ora da una giornata come potreste immaginarla dal mio racconto. Un giorno, se sarà possibile, vi parlerò della vita virtuale degli avvocati. Ecco, oggi posso solo dirvi che, in qualche modo, anche grazie alla vostra condivisione, è nato Spartaco. Venite al battesimo?

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  11. Sono stato a Roma l'altro giorno e un tassista comunista che ascoltava solo musica classica si diceva nauseato (citando Sartre) da Alemanno e da come va il traffico sotto la sua amministrazione.

    Sono arrivato a termini un po' frastornato. In un'ora, dalla Balduina.

    uqbal

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  12. @uqbal
    ti è andata bene. io cerco di non concentrarmi sulle amministrazioni, o sul colore politico. Alemanno, poveraccio, fa quello che può. Gli autobus portano due lire nel bilancio. Il fatto è: quando abbiamo acconsentito a che la nostra esistenza, e quindi anche il modo in cui amministriamo le città, dovesse essere dominato dal soldo?

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  13. Spartaco, volevo ringraziarti ancora (scusa se lo faccio qua).

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  14. @uqbal
    un tassinaro che ascolta musica classica e cita Sartre. Ti è andata di lusso. Sicuro che ti trovavi a Roma...

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  15. @disagiato
    grazie a te dell'ospitalità. E' stato catartico

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  16. Spartaco caro, non serve abitare ad oltre venti km. di distanza dal proprio lavoro o avere una moglie e dei figli a carico per sentire il disagio che, sia pur con ironia e poesia, hai anche troppo fedelmente descritto.
    Come te credo che si debba rallentare ed allentare, e che lasciare che la tua fontana ti prenda per il culo sia anche quella una conquista di libertà.
    Quello che emerge dal tuo racconto non è il semplice sfogo di un cittadino qualunque, comunque fine a se stesso, è l'opinione di chi pur percorrendo ogni giorno via del Tritone, sta già su un'altra strada. Ed in questo sta la sua formidabile piacevolezza.
    Vai Spartaco, sono certa che ci incontreremo.

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  17. @Patrizia
    Ecco, è bello percorrere un'altra strada e avere la curiosità di sapere dove porta, come è fatta, che colore ha, cosa la circonda. E soprattutto, conoscere chi la sta già percorrendo. La mia si fa rigorosamente a piedi, guardando il panorama e mangiando una mela. Respirando.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)