martedì 24 maggio 2011

Fabio Fazio e l'ossessione di Bill Gates

di lo Scorfano

Il mio concittadino Fabio Fazio è ossessionato da Bill Gates.

Tutto è cominciato durante una puntata di «Che tempo che fa» di circa tre anni addietro, quando alla domanda faziesca: «Abbiamo più bisogno di filosofi o di ingegneri, nel mondo di oggi?», il fondatore di Microsoft, graditissimo e osannatissimo ospite, rispose con un’alzata di spalle, come se qualcuno gli stesse facendo la più ovvia delle domande possibili, quasi stupito che un intervistatore pagato milioni di euro potesse giungere fino all’infimo abisso del porre impunemente quella domanda; e rispose, Bill Gates: «C’è molto più bisogno di ingegneri, ovviamente».

La delusione sul volto di Fazio fu visibile e attonita; mi ricordo ancora, nonostante gli anni passati, che la riconobbi subito e la feci notare a colei che guardava (e tuttora guarda, quando capita) quel programma tv insieme a me. Le dissi: «Fazio ci è rimasto di merda». Era vero.       
          Lo conferma il fatto che, almeno una volta all’anno, Fabio Fazio ripropone imperterrito quella questione, sempre negli stessi termini un po’ banali; solo che, avendo imparato la lezione, non la propone a Bill Gates o a chissà quale altro ingegnere di passaggio, ma a filosofi o aspiranti tali. Lo fece con Umberto Eco, l’anno scorso; e domenica sera lo ha rifatto con Emanuele Severino.

Sia Severino sia Eco gli hanno ovviamente risposto, ognuno a suo modo, che c’è più bisogno di filosofi, ci mancherebbe altro (che schifo gli ingeneri, che gente inutile); e sia Severino sia Eco, ovviamente, sbagliano di brutto. Mentre, dispiace per Fazio, ha ragione Bill Gates, l’antipatico. Ed è anche fin troppo ovvio che sia così.

Perché il punto, in ogni caso, non è la quantità: perché obiettivamente non c’è nessun bisogno di “tanti” filosofi nel mondo di oggi (anche a prescindere dalla vaghezza del termine “filosofo”), ma di alcuni, pochi, bravissimi filosofi o studiosi di filosofia; come infatti c’è bisogno di pochi, ma bravissimi e preparatissimi, letterati o studiosi di letteratura.

Pochi: quelli che bastano a portare avanti, nelle università e nei centri di ricerca, la nostra tradizionale attenzione per le materie cosiddette umanistiche che sono una nostra precipua e insostituibile ricchezza. Pochissimi: quelli che bastano a preparare bene (benissimo, più che benissimo) una schiera selezionata di insegnanti di lettere e di filosofia, in grado di far passare qualche traccia di questa illustre e straordinaria (e importantissima) tradizione nelle menti di giovani alunni che poi si iscriveranno, per fortuna, a ingegneria e troveranno un mondo che ha bisogno di loro, delle loro competenze ingegneristiche ma anche di una loro accettabile “cultura”. E loro avranno bisogno di conoscere un po’ di letteratura e di filosofia, per capire gli uomini e le loro ragioni, che sono spesso irragionevoli.

Nient’altro, insomma: solo questo. Che poi, è un bel dire «solo»: perché si tratta in realtà di un compito gravosissimo, importantissimo, starei per dire decisivo per il nostro futuro. Per cui ci vorranno davvero eccellenti studiosi di letteratura e di filosofia in grado di formare insegnanti preparatissimi e coscienziosi, in grado di educare ingegneri non solo tecnicamente competenti. Mentre le mandrie di studenti che si iscrivono a Lettere e Filosofia, perché la matematica è difficile e non sanno cos’altro fare, sono proprio ciò di cui non abbiamo bisogno, caro concittadino Fabio Fazio. Ha perfettamente ragione Bill Gates.

7 commenti:

  1. è anche vero che per un americano il termine "engineer" ha un significato piuttosto diverso che il nostro "ingegnere". L'engineer è un onesto lavoratore tecnico, non un sedicente semidio.

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  2. ...mandrie di giovani che si iscrivono a lettere e filosofia perchè la matematica è difficile ......
    a parte la scelta della parola mandrie - terribile - ed il retropensiero che la matematica sia difficile e la filosofia ... facile! A parte che ognuno sceglie (legittimamente) ciò che più gli aggrada e meglio gli riesce, non è nemmeno sfiorato dall'idea che un ingegnere, di per sè, è SOLO un tecnico, uno che magari sa come andarci, ma proprio non sa dove - perchè - e se è giusto andarci ...

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  3. @.mau.
    In effetti, sì. Però Fazio pone la domanda in italiano: quello che intendeva lui possiamo comprenderlo benissimo.

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  4. D'accordissimo con te, la nostra società è sin troppo povera di cultura scientifica e tecnica e del rispetto che ad essa si deve. A volte, sfiorando il grottesco, si arriva a chiedere lumi sulla fecondazione assistita ad un cardinale piuttosto che ad un biologo o un medico.

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  5. Sono d'accordissimo con Aaqui. Ricordo con raccapriccio la Mastrocola, che da Fazio rabbrividiva di fronte all'imperante cultura scientifica in Italia (da lei definita "in").

    Non sono d'accordo con la concezione del prof. di letteratura universitari. Non lo vedo come una fonte primigenia di un sapere che poi, via discepolo divenuto professore, si riverbera, un po' impallidito, sugli scolari.

    Io all'universita' ho ovviamente imparato certi fondamentali, ma se non ho proseguito in accademia e' proprio perche' mi sembra cosi' chiusa e referenziale!

    La letteratura ha piu' vita a scuola che in Ateneo. Generalizzo, ci sono anche bravi prof. niversitari, e poi la letteratura tecnica ci serve...pero'...

    Insomma, non vivo la cosa in maniera gerarchica: il mio mestiere e' un altro rispetto al loro, e non li riconosco granche' come maestri.

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  6. @.mau.
    Non mi risulta, anzi: al di là di certi stereotipi negativi diffusi ovunque, quello dell'engineer è un po' uno dei miti americani. L'ingegnere è quello che inventa cose nuove (mai sottovalutare la passione quasi infantile degli States per le novità), ci semplifica la vita, conquista la Luna, etc. Ed enorme (e assai meritato) è il prestigio dei "politecnici", si pensi a MIT, CalTech, Cal Poly, ...

    Sono molto d'accordo con il contenuto del post e mi permetto di aggiungere una cosa: avere un retroterra di conoscenze umanistiche significa avere strumenti in più per capire la realtà ed è un vantaggio per i nostri ingegneri nel confronto con quelli americani, penalizzati da high school e programmi undergraduate che nella mia esperienza sono contemporaneamente più specializzati e meno seri dei nostri. Secondo me la vera risposta alla domanda di Fazio sarebbe "Va benissimo così, grazie."

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  7. Gentile anonimo,
    peccato che tu sia anonimo; perché il tuo ultimo paragrafo è quanto mi sentirei di sottoscrivere con il massimo dell'energia e della convinzione.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)