Ho stabilito, all’inizio dell’anno scolastico, che la mia ora di colloquio con i genitori sarebbe stata il sabato, dalle 12 alle 13, perché volevo vedere qualche padre in più, quest’anno. Mi sono detto che magari il sabato i padri si sentono meno pigri, ho pensato che dai padri avrei forse capito più cose, che delle mamme sono un po’ stanco (abbiate pazienza), che uno sguardo diverso mi avrebbe aiutato anche nel lavoro quotidiano con i ragazzi. E infatti ho incontrato e conosciuto molti più padri, quest’anno. E l’altroieri, per esempio, ho visto e parlato con il papà di Paolo, uno studente della mia terza.
I padri di solito entrano, si siedono e parlano poco; le madri, spesso, si siedono e cercano di spiegarti com’è fatto il loro bambino (o ragazzo, a seconda delle madri), quanto studia, con chi va d’accordo, cosa racconta a casa, con quanta attenzione fa i compiti e cosa dovrei fare io per fare sì che andasse meglio a scuola; i padri no, i padri si siedono e basta. E anche il padre di Paolo, infatti, si è seduto e si è messo semplicemente in attesa.
«Tutto bene» gli ho detto io (ma lui ovviamente lo sapeva già; i voti sono espliciti, i voti arrivano anche ai padri). «Ma a parte il tutto bene, signor padre di Paolo, c’è una cosa che io volevo proprio dirle di suo figlio, da alcuni mesi, e riguarda il suo modo di scrivere»;
e il padre di Paolo era sempre lì in attesa, con gli occhi fermi. «Paolo scrive bene, benissimo, a volte sorprendentemente bene. È un talento naturale, guardi: Paolo ha un senso del ritmo della frase che lo fa scrivere bene anche quando non ha molto da dire; e quando, invece, ha tante cose da dire, come capita spesso, allora scrive benissimo. È una dote, signor padre di Paolo, gli servirà. Qualunque strada Paolo sceglierà di seguire in futuro, è una dote che darà i suoi frutti».
Il padre di Paolo non diceva niente, mi guardava; poi, alla fine di tutto il discorso, ha aggiunto soltanto: «Gli anni scorsi non era così». «Lo so» gli ho detto io, «ma guardi, a volte è solo questione di un po’ di fortuna, di una combinazione. Io ho letto il primo tema di Paolo, a settembre, e forse quel pomeriggio ero in forma, attento e riposato, non lo so. Sta di fatto che ho riconosciuto subito questa dote, mi è balzata agli occhi così, per una specie di fortuita attenzione. E quando, pochi giorni dopo, ho riconsegnato i temi gliel’ho detto, a suo figlio. Gli ho detto: “Paolo, tu hai una dote, indiscutibilmente”. E poi, da quel giorno, ho visto che Paolo prendeva coraggio, che, a ogni tema che scriveva, osava un po’ di più, fino a oggi, questi giorni. E in questi giorni Paolo ha scritto un tema bellissimo, denso, puntuale, efficacissimo. Siamo stati fortunati, signor padre di Paolo, perché il ragazzo è molto chiuso, silenzioso e timido e quel po’ di incoraggiamento forse gli ha tolto dalle spalle un po’ della naturale paura che aveva. Tutto qui». E lui mi ha detto: «Sì, lo so, Paolo è molto timido. È come me».
E poi niente, poi abbiamo parlato del latino, i voti sono abbastanza buoni anche lì, non ci sono preoccupazioni, è stato un bell’anno, la classe funziona bene, speriamo continui tutto così. Poi il padre di Paolo si è alzato dalla sedia, ci siamo stretti la mano, era già tardi, l’una del sabato, ora di pranzo, e lui se n’è andato e io anche, pochi passi dietro di lui, perché era il mio ultimo colloquio della mattina.
E poi, uscendo dalla scuola, appena oltre il cancello, ho visto che c’era anche Paolo lì fuori, appoggiato a un muretto, con lo zaino ai suoi piedi, come un sedicenne fa; ho visto che andava incontro a suo padre, ho visto il padre di Paolo che sorrideva al figlio e loro due insieme che andavano verso la loro auto. E a un certo punto, quasi arrivati al parcheggio, il padre di Paolo ha alzato un braccio e ha messo una mano sulla spalla al figlio, mentre camminavano senza parlare, come un padre timido fa con un figlio che sta diventando grande.
E io lo so che non dovrei fare così; lo so che dovrei sentirmi sempre inutile e frustrato, che dovrei maledire il giorno in cui ho scelto di fare questo mestiere rinunciando alle innumerevoli opportunità di successo che la vita moderna mi avrebbe senz’altro riservato, ci mancherebbe altro, lo so che sono un pirla, un ingenuo, un mezzo cretino, lo so benissimo che il successo, i soldi, il presigio sociale, le so bene tutte queste mirabili cose, forse le so anche meglio di voi. E però, non importa, davvero: perché anche se so benissimo quello che chiunque di voi potrebbe dirmi, l’altroieri, andando anch’io verso il parcheggio della scuola, stanchissimo, dietro il padre di Paolo e dietro Paolo, guardandoli e guardando quel gesto, l’altroieri mi sono sentito che tornavo a casa contento e che io ho fatto la scelta giusta.
Ma vaffanculo, mi sono commosso.
RispondiEliminaBe', dovresti essere contento, no? La commozione è cosa bella assai.
RispondiEliminaBe', sì, sono contento. Certo è una di quelle cose che non ho mai visto in vita mia, troppo belle per essere vere, che fanno parte di quegli ideali scritti da qualche parte nella mente e non li raggiungi mai.
RispondiEliminaP.S.: scusa l'"insulto" ;^)
Grazie. È bellissimo. Punto.
RispondiElimina"I padri no, si siedono e basta". Ah, forse i padri che conosci tu. Perché io ne conosco un paio (compagni di mio figlio) che non si siedono affatto, e non ascoltano neanche quello che dici perché sanno già tutto loro. Ma ho la sottile impressione che i loro figli non siano però tanto felici.
RispondiElimina(naturalmente io sono esattamente come il padre di Paolo, invece).
Hai fatto commuovere anche me. Bravo. Sei un grande. Ti leggo sempre.
RispondiEliminaAvrei voluto averti come insegnante
RispondiElimina(cosa impossibile, se non altro perché siamo quasi coetanei)
Scusami non volevo postare in forma anonima.
RispondiEliminaCiao
Mi hai fatto piangere in ufficio. Di commozione buona.
RispondiEliminaGrazie a tutti per i complimenti, di cuore. E sono anche un po' contento di avere commosso qualcuno, lo confesso. Che qualche lacrima di commozione, ogni tanto, fa pure bene allo spirito e alla salute, secondo me. ;)
RispondiEliminaBeh, devo confessare che l'occhio lucido è venuto anche a me, ormai con il passare degli anni queste storie sui rapporti padre-figlio hanno sempre più il potere di stringermi la bocca dello stomaco, e non perchè mi identifichi con il figlio...
RispondiEliminaAnche senza identificazioni, io li guardo e mi emoziono un po' lo stesso. Sarà che li frequento tanto e sempre più mi rendo conto della fatica (e della gioia) di un genitore. Sarà, appunto, che sto invecchiando.
RispondiEliminaSe smettessi di resistere, rischierei di perdere questi tuoi interventi, e non si può. Proprio no.
RispondiEliminaGrazie.
Non mi è molto chiaro a cosa stai resistendo, ma grazie. A te.
RispondiEliminaComplimenti, davvero un bel post. E non devi scusarti: sono gli insegnanti come te che mantengono vivo il senso di questo lavoro (e sono pochi...).
RispondiEliminaBello. Per i Paoli, per i padri, e anche per quelli che si commuovono :-)
RispondiEliminaOddio, che cosa bella:
RispondiEliminail dono di paolo, il fatto che tu sia riuscito a riconoscerlo e a infondergli fiducia, quel padre discreto ma presente.
Hai fatto la cosa giusta e ti auguro, tra millemila anni, di incontrare Paolo, maturo padre di famiglia, e ricevere il suo abbraccio affettuoso, lo stesso che scambio io con un mio professore delle superiori, ogni volta che ci incontriamo.
RispondiEliminaIo ho soprattutto avuto fortuna. Ogni tanto succede, bisogna sapere che non può succedere sempre. Ma ogni tanto, per fortuna, sì.
RispondiEliminabellissimo, tutto: Paolo, suo padre, la storia, il post.
RispondiEliminaGrazie assai alla 'povna...
RispondiEliminaAggiungo che mi pare anche un bel soggetto per un cortometraggio, è pieno di immagini visive, dialoghi azzeccati, lieto fine, e poi semplicità ed immediatezza... pensaci se cambi mestiere...
RispondiElimina@Aaqui
RispondiEliminaGrazie... Ma il senso ultimo del post è proprio che non ho voglia di cambiare mestiere, nonostante tutto. ;)