sabato 21 maggio 2011

il verbo metterci

di lo Scorfano

Ah, il verbo metterci!


La fortuna di cui gode questo vocabolo così poco significante è senz’altro ignota ai profani ex frequentatori di scuole pubbliche o private ormai scomparse… E nessuno sa che il verbo metterci è invece il più usato, il più amato e il più temuto dagli studenti che finiscono la quinta superiore e si apprestano a sostenere l’esame di maturità. Ed è di conseguenza il più temuto (temuto e basta) da tutti gli insegnanti che hanno sortito la ventura di avere una quinta in quel benedetto anno scolastico e che si sognano il  verbo metterci, per una lunga serie di interminabili notti.

Infatti il verbo metterci viene per lo più coniugato dagli studenti maturandi nelle seguenti forme, più o meno minacciose, lamentose e/o ricattatorie: 1. «Prof, secondo lei cosa ci posso mettere di italiano nella mia tesina sulla macellazione della carne?»; 2. «Aiuto, prof, non so cosa metterci di latino nella tesina sulla resistenza elettrica!»; 3. «Secondo lei, prof, se ci metto il De rerum natura di Lucrezio nella mia tesina sulle centrali nucleari, va bene?»; 4. «Se ci mettessi Leopardi, nella mia tesina, lei poi non mi chiede mica Verga all’orale, vero prof?».               



Ecco, la corruzione intellettuale dilaga, insomma. E non è mica colpa degli studenti, in realtà: loro sono le vittime, tutto qua. Loro ci mettono quello che possono nelle loro tesine, ma la corruzione è partita dall’alto e li ha solo colpiti come una grandinata, nient’altro. E loro si adeguano, che altro non possono fare (e nemmeno vogliono, che sarebbe un po’ troppo rischioso per la loro giovane età).

E pensare che quella della «tesina» era pure una bella idea, di per sé. L’esame orale, decise qualche anno fa il ministero, non sarebbe più stato una semplice e frettolosa interrogazione su tutte o su alcune materie, ma avrebbe dovuto prendere spunto da un argomento scelto e approfondito dallo studente, da cui gli esaminatori avrebbero attinto a piene mani per porre delle questioni pertinenti, a cui a sua volta lo studente avrebbe replicato dimostrando tutta la sua saggezza e il suo acume e tutta l’efficacia dell’istruzione pubblica.

Ci si immaginava dunque un secondo quadrimestre tutto incentrato su questa ricerca individuale, che avrebbe messo in moto la curiosità dei ragazzi, il loro spirito di iniziativa, la loro volontà di fare un po’ di «ricerca», il crearsi di uno splendido circolo virtuoso tra discenti e docenti e di tutta una serie di nuove opportunità di studio. O almeno così me l’ero immaginata io. Perché invece ci si è infilata subito la multidisciplinarità, dentro le tesine, e ha rovinato tutto. Come un virus diabolico che non lascia scampo alla bellezza, che corrode e che corrompe.

Le tesine dovevano essere multidisciplinari, fu infatti detto. Cioè dovevano coinvolgere più di una disciplina di studio. E noi non capimmo subito dove ci avrebbe portati quel lungo impronunciabile aggettivo. Poi, giorno dopo giorno, il «più di una» è diventato «tante»; poi il «tante» è diventato «tutte»; poi le «discipline» sono diventate le «materie» e le «materie» sono diventate i «prof che ti fanno le domande all’orale», e la tesina è diventata una poderosa sciocchezza, un fastidio da togliersi in 12-15 minuti (queste furono, esplicitamente, le indicazioni ministeriali) per poi cominciare a interrogare come se niente fosse.

Altro che ricerca, altro che iniziativa. Tutto si è ridotto a presentare una «mappa concettuale» con delle frecce che tengono insieme la luna intesa come satellite della terra, il cielo della luna di Dante dove ci sta beatamente Piccarda Donati, lo sbarco dell’uomo sulla luna e le prime parole di Armstrong (il ciclista), la luna nei quadri di Van Gogh e te la sei già cavata con scienze, letteratura, storia e storia dell’arte. E la tesina sulla «luna», povera lei, è fatta e finita.

E poi c’è l’interrogazione vera; e la tesina non conta niente, ovviamente. Evviva le mappe concettuali, evviva la multidisciplinarità anche; che lei sì che cambierà il mondo.

E quindi, ora, siamo alle prese con il metterci. E io continuo a ripetere, ai miei ragazzi già parecchio nervosi: «Non ci mettere niente di italiano, va’, fammi il favore». E loro rimangono perplessi, perché forse è un tranello. «E se non ci metto niente, lei cosa mi chiede all’esame?». «Guarda che se anche ci metti qualcosa, io non te lo chiedo lo stesso… che non c’entra niente con quello che stai facendo», dico io. E qualcuno si convince; e qualcuno prova a fare anche qualcosa di bello, e magari ci riuscirà pure.

Certo, dovrà riuscirci da solo. Perché la scuola (cioè noi, i suoi insegnanti) non lo abbiamo mai aiutato: gli abbiamo chiesto la mappa concettuale con le freccette entro il 15 di maggio, nient’altro. E abbiamo inneggiato alla multidisciplinarità, facendo anche un po’ fatica a pronunciare il vocabolo, tra l’altro. E quando sarà il momento gli faremo una piccola domandina a caso entro un programma sterminato e spereremo che risponda bene, che si ricordi qualcosa, che non ci faccia fare una figura da scemi davanti ai commissari esterni. I quali nel frattempo staranno maneggiando le loro mappe concettuali come si maneggia un topo morto.

Poi l’orale finirà, gli studenti dimenticheranno le loro tesine e la multidisciplinarità e se ne andranno per il mondo senza mappe, orientandosi come potranno, come tutti. E noi invece rimarremo lì, in mezzo alle nostre multidiscipline, ad aspettare il prossimo esame di Stato, con il carico immancabile delle sue tesine sempre uguali. Sperando che il ministero si dimentichi di noi e non ci metta dentro nessuna commissione d’esame, per una volta.

(Sì, se vi sono venuto dei sospetti, avete ragione: questo è un post già pubblicato un paio di anni fa sul mio vecchio blog; c'è qualche ritocco, ma poca roba. Perdonate la replica, quindi, ma il fatto è che certi argomenti sono sempre attuali, ogni volta che arriva maggio, e forse vale la pena anche di ribadirli. Aspettando che qualcosa cambi, prima o poi, chissà quando.)

12 commenti:

  1. Io le mappe concettuali le odio con tutte le mie forze, e se nella mia vita ho mai capito qualcosa, basta un'accenno di mappa, una piantina, uno schizzo, per convincermi che no, non avevo capito niente.

    So che altri professori ci si trovano bene e riescono a trarne una didattica utile.

    Buon per loro e il mondo è bello perché è vario.

    Ma vedere come uno studente di liceo riesca a violentare materie e concetti per farle entrare nella tesina è una cosa che ogni volta mi lascia attonito.

    FR

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  2. Questo post lo dovrebbero leggere obbligatoriamente tutti gli studenti di quinta :-)
    (Le mappe. Le mappe ben fatte sono una cosa utile. E' che spesso il ben fatte si perde per strada)

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  3. 1. «Prof, secondo lei cosa ci posso mettere di italiano nella mia tesina sulla macellazione della carne?»; 2. «Aiuto, prof, non so cosa metterci di latino nella tesina sulla resistenza elettrica!»; ecc.

    Io pensavo che il post fosse sulla repulsione a sentire l'uso del verbo "metterci" invece che un meno ridondante "mettere" in queste frasi...

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  4. @SpeakerMuto
    Il bello del verbo metterci sta naturalmente (anche) nel suo uso pleonasticamente asintattico...

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  5. E comunque sono d'accordo con te: la multidisciplinarità andrebbe abolita.

    Io portai inglese alla maturità e la prof mi chiese un parallelismo tra un autore anglosassone e uno nostrano. Peccato che io avessi smesso di studiare letteratura italiana.

    Va be', me la cavai non so neanch'io come, ma ogni tanto sogno quel momento.

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  6. Commentuccio cattivello: certo, fare una tesina, lasciando per un attimo perdere i deliri ministeriali, o di qualche collegio docenti (da quello che so, in alcune scuole la pluridisciplinarietà deve essere selettiva: nelle tesine non possono entrare più di tot materie, ecc...)potrebbe essere anche utile, se uno potesse così cimentarsi a scrivere anche qualcosina, cercare la bibliografia, fare un po' di esercizio su quello che poi gli potrebbe essere chiesto all'università... Gli insegnanti dovrebbero però seguire questo lavoro molto di più, essere a conoscenza della bibliografia relativa ad un dato argomento, correggere elaborati più lunghi, ecc... Il che, oltre ad essere scarsamente fattibile con classi di trenta persone, diventa un ulteriore lavoro sulle spalle di chi a giugno ha già le interrogazioni da finire, i compiti da correggere, gli scrutini da fare. E quindi una mappa concettuale (che di per sé, se solo la si sapesse fare, potrebbe anche essere uno strumento di sintesi e di studio, utile come tanti altri) diventa una comoda alternativa, un modo per darsi un tono e farla franca tutti o quasi.

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  7. @Ipazia
    Chiaro che è come dici tu: ci vorrebbe semplicemente una scuola aperta al pomeriggio, con insegnanti pagati (pagati) per ricevere gli alunni che arrivano, parlano delle loro idee, vengono guidati e corretti.
    Ma ci vorrebbero i soldi, però. Mentre ormai la passione è quella per le riforme a costo zero.

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  8. @Ipazia & Scorfano

    Ci vorrebbe una scuola non iperburocratizzata. Oggi ogni cosa è pensata per essere rendicontabile, non ricorribile (l'incubo dei presidi e non solo), e fattorializzabile (in voti).

    La scuola italiana è organizzata in modo tale per cui tutti fanno la stessa cosa nello stesso momento (i Promessi Sposi ne sono l'esempio principe): una cosa come una interdisciplinarità fatta bene è dirompente e traumatica.

    E' una forma di autismo istituzionale: tutto deve essere regolabile e prevedibile, altrimenti è crisi. E non ha niente a che vedere col mercantilismo, l'aziendalismo o chessò io: è semplicemente il nostro stolido conservatorismo.

    Quindi si ricorre al vecchio sistema di fare le cose per finta. Noi facciamo "le mosse".

    FR

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  9. @ FR: mi sono sempre chiesta perché i Promessi Sposi sono letti al secondo anno di superiori, e non al quarto/quinto, nel quale sarebbero molto meglio compresi e gustati, anche dagli studenti.
    E, sempre in OT, vorrei solo puntualizzare quello che tu dici: è vero, i programmi ministeriali troppo rigidi risultano alla fine delle cose ingestibili, però un programma unico per tutti ci vuole. Altrimenti poi ti arriva l'insegnante "alternativo" che non ti fa leggere Manzoni, ma Moccia, perché proporrebbe delle storie di amore contrastato più attuali. E' ovviamente un assurdo, ma alla fine io trovo necessario che qualcuno decida cosa debba sapere un 18enne italiano che fa la maturità, a prescindere dagli insegnanti che ha avuto.

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  10. Non vorrei cominciare un discorso lungo, e farmi prendere dal furore argomentativo (sono militante, su questi argomenti), però azzardo qualche considerazione (nemmeno tanto OT, tutto sommato).

    Se un insegnante fa cose deliranti (come far leggere Moccia a degli innocenti, per riprendere il tuo esempio), allora vuol dire che è un incompetente. E' questo il senso della tua osservazione, in definitiva, no?

    Nelle tue intenzioni, l'obbligo di far studiare i PS salverebbe gli studenti dall'essere esposti ad un Moccia qualsiasi.

    Nota questo, però: quest'obbligo rende più competente il professore Mocciesco (qui sinonimo di imbecille)? No.

    Avremo semplicemente un prof. che spiega i PS pensando a Step e Baby. Ti pare che l'obbligo abbia ottenuto qualcosa? Che abbia salvaguardato la qualità dell'insegnamento? Ameranno i PS, quelle povere creature?

    La verità è che ci servirebbe un sistema scolastico che non assume dei fessi del genere.

    La sorella piccola di una mia amica aveva un prof. di filosofia che a lezione parlava delle sue comparsate nei talk show. Però il programma lo rispettava...ed era quindi inattaccabile.

    Meglio sarebbe stato un prof. competente che i PS forse li fa e forse no (io avrei anche dei dubbi su uno che riesce a spiegarli per 15 anni di fila senza annoiarsi...), ma qualsiasi cosa decida, la fa con competenza.

    Pensa a tutte le cose che potresti fare e non fai perché, come giustamente dici, siamo ancora oberati da Programmi ingestibili (anche se teoricamente non esistono più).

    Come diceva Freud, abbiamo scelto la sicurezza sacrificandole la felicità (scolastica).

    E le tesine, sono l'ipocrita richiesta del ministero di fare tutto ciò che normalmente ci vieta de facto.

    Scusate la lunghezza!

    FR

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  11. ah, evviva, finalmente quest'orrore della tesina interdisciplinare non tocca solo a noi delle medie...

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  12. C'è chi della multidisciplinarietà ha fatto un arte. Leggere le biografie dei matematici dei Rudi Matematici per credere. :-)
    (La multidisciplinarietà è roba da maggiorenni con tanta esperienza e molto dispendiosa da insegnare.)
    ilcomizietto

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