giovedì 17 febbraio 2011

Loro, le guardie

di Sempre un po' a disagio

Io con le guardie del centro commerciale ci parlo, a volte. Quando aspettiamo i rispettivi turni di lavoro, fuori dall’artificiale clima tropicale, fumiamo anche una sigaretta insieme. Sono una decina in tutto e, come avessero seguito un preciso reclutamento, appartengono a una fazione, se così si può chiamare, di estrema destra. Me lo dice il loro corpo, fatto di teste rasate e tatuaggi inequivocabili: svastiche, simboli e slogan. Tutti, mi scoccia ammetterlo, sono gentili quando entrano in libreria per portare documenti o per comprare libri. Già, leggono libri pure loro, biografie o monografie su periodi oscuri della storia. Sta di fatto che sono gentili, e magari perché sono pagati per esserlo. 


Quando parlano attendono sempre una mia battuta che risolva o chiuda degnamente la conversazione e a me questo mi fa sentire, come si suol dire, a mio agio. Quelli più giovani di me hanno lineamenti duri e freddi, quelli più grandi invece si trascinano per i corridoi mollemente, come se avessero rinunciato a qualcosa che gli è appartenuto per troppo tempo. Alcuni di loro sono tifosi accaniti della squadra della mia città e uno è stato persino capo ultrà negli anni ottanta e me lo ricordo benissimo quando da piccolo, allo stadio con mio padre, lo vedevo sbraitante a cavalcioni di una ringhiera, con una bandiera gigante tra le mani. Era solo uno sbaglio che io fossi in curva, era solo uno stupido errore del destino che quella domenica non avessimo i soldi per una tribuna, al coperto, con gente pacata e neutra.

Sta di fatto che la tribuna per me costa ancora troppo e allora eccomi a lavorarci fianco a fianco con i capi ultrà, con i tatuati nazifascisti, con le teste rasate. Certo, io in un negozio di libri e loro per i corridoi, ma le fatiche e le traiettorie sono le stesse, così i parcheggi, la folla da scansare e assecondare e, da quanto ho saputo, stessa è la paga quotidiana.

Sulle cose che accadono nel mondo ho parlato con uno di loro una volta sola e quasi quasi mi ci trovavo pure d’accordo. Lui sosteneva i Palestinesi e senza mai nominare la parola “ebrei”. Trovava disumano il fatto che si occupassero territori e si uccidessero bambini e lo disse con espressioni lapidarie, così come io le riferisco a voi. Me ne tornai in negozio convinto che lui avesse omesso di dirmi qualcosa, che avesse intenzionalmente evitato di arrivare a un cuore della questione. Insomma, entrai in libreria convinto che lui era fascista e io no.

I giri di orologio, però, sono gli stessi, i parcheggi anche e la voglia di avere domeniche libere pure. Le nostre conversazioni, mi pare, sono gonfiate dalla stessa gentilezza e punteggiatura ed entrambi siamo addomesticati  dallo stesso centro commerciale, dallo stesso direttore e vicedirettore. Ma per forza di cose deve esserci uno scarto, un momento in cui marciamo con passo differente, in cui la rabbia e la gratitudine hanno origini e indirizzi diversi. Dove stia questo momento, assolutamente non lo so.

11 commenti:

  1. Il momento sta nel pregiudizio.
    E resterà nel pregiudizio, fino a quando non avrai sentito il rumore di quel passo, che dici essere differente.
    Secondo me.

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  2. Sì, ho pensato anch'io al pregiudizio come unica distanza.

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  3. Curiosa 'sta cosa che i più grandi creatori di disordine siano poi chiamati a tutelare l'ordine.

    variabile

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  4. Mah, in verità loro avrebbe anche l'ambizione di creare ordine e pulizia, separare il puro dall'impuro.

    Quando devo firmare un documento che mi portano in negozio e mettere il mio nome in stampatello, ti giuro, tu che sai come è fatto il mio nome e puoi immaginarne l'origine, ti giuro che mi viene automatico storpiarlo o scrivere solo il cognome.

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  5. Be', non è che siano esattamente dei perseguitori dell'ordine e della legalità. Di solito è gente che ha passato la giovinezza, giovinezza, primav... ehm scusate, hanno speso molti anni a fare sport da combattimento, ad imparare l'uso di armi (da taglio, da fuoco ecc.) e quindi è naturale che finiscano a fare le guardie, dove immagino sia richiesta una conoscenza delle tecniche di autodifesa, disarmo, uso di armi eccetera.

    Aggiungiamoci poi che, al contrario dei poliziotti, al massimo si trovano a dover affrontare ladri e taccheggiatori e che una volta ogni tanto riescono a mettere le mani su qualche negro o zingaro...

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  6. Zingari. Loro (insisto non so perchè con i
    "loro")hanno questa fissa degli zingari. Ma non solo loro. Anche altri.

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  7. E quelli che sono fascisti fino al midollo eppure suonano il violino divinamente? Oppure scrivono pagine indimenticabili?

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  8. Chi? Perchè anche il Mein Kampf a suo modo è indimenticabile.

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  9. Ti sei dimenticato di scrivere che il suddetto capo ultra' e' anche un ex pugile. Tanto per completare il quadro. Comunque e' vero: ha occhi gentili. Ma non vorrei trovarmelo davanti incazzato e pieno di pregiudizi!.

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  10. E' molto probabile che le differenze siano molto più piccole di quanto immagini. Così, secondo la mia piccolissima esperienza diretta e indiretta (mia Moglie lavora in carcere).

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)