martedì 1 febbraio 2011

Prospettive più larghe

di Sempre un po' a disagio


Alle donne non resta che l'azione, la faticosa e silenziosa azione. Studiare, prepararsi, coltivarsi, lavorare con gli uomini e anche più degli uomini: strada che, tra l'altro, le ragazze, molte ragazze, altre ragazze, hanno già imboccato da un po'. (Silvia Ballestra)

Ho letto questa mattina una sorta di intervista a Silvia Ballestra e a Isabella Bossi Fedrigotti, entrambe scrittrici. Bene, mi piacerebbe lo faceste anche voi, se non l’avete già fatto. Si parla di donne e del loro ruolo quasi marginale nella società, dei corpi nudi e dei corpi adeguati ad essere pubblicità. Per me, che sono uomo (di bassa categoria), risulta difficile dire se la donna ha fatto passi indietro; fatico a comprendere quello che la donna deve ancora conquistare. Appunto perché non sono donna, semplicemente per questo.


Però alcune cose le penso e perlopiù cose banali. Per esempio che non tutte le donne sono come quelle che frequentano Arcore o il Grande Fratello. Penso che la maggior parte rifiuti categoricamente questo modo di stare al mondo. Anzi, penso che frequentare il Grande Fratello (è solo per capirci, eh) fa parte di una conseguenza, di un disegno più ampio, se permettete l’espressione. Le due scrittrici rivendicano una maggiore centralità della donna. Silvia Ballestra chiede maggior azione e fatica.

Ecco, a me questa espressione un poco fa paura. Temo che sia la fatica e la competizione a portare la donna ai margini. Chiedo, a chi sta posando gli occhi su queste righe (soprattutto se c’è qualche donna che legge), di non fraintendermi. Faccio fatica a spiegarmi, lo so. Quello che vorrei dire è che la marginalità non è poi un difetto. Ai margini di che cosa? Se fossi stato vicino a Silvia Ballestra le avrei detto timidamente che l’azione, la fatica e la competizione spesso portano alla depressione e ad uno snaturamento. Io le vedo, ora, le mie amiche o compagne di classe che dal primo anno di liceo hanno studiato come dannate e fatto fatica. Ho visto una loro giustissima idea di emancipazione. Anzi, ho visto la loro idea di competizione.

Il più delle volte queste mie amiche, anche care amiche come si suol dire, in questi anni mi hanno confidato di non voler fare la fine della propria madre. Madre che ha rinunciato alla carriera (parole loro) per i figli. Come fosse una cosa orrenda. No, loro hanno cercato di lavorare con gli uomini, come gli uomini, anzi di più. Le vedo, ora, che qualcosa nella loro intimità si è rotto. Ripeto, a costo di essere noioso, che sto facendo tanta fatica a scrivere quello che penso. Faccia fatica, perché non sono donna e perché sono stolto, a dire che la donna rischia di perdere per strada altre cose. Non riesco a comprendere espressioni come “libertà culturale”, “prospettiva più larga”. Limite mio, come ho già detto.

9 commenti:

  1. Caro Sempre un po' a disagio,
    non credo che tu ti sia espresso male, ma, nonostante questo, non mi trovi d'accordo.
    Quello per cui, personalmente, come donna, io lotto è proprio quello di non dover SCEGLIERE cosa perdere per strada, se la "casa e famiglia" o "la carriera". Se si combatte per costruire, per esempio, nel proprio piccolo, nel proprio nucleo familiare, con il proprio partner, una totale parità di incombenze, ruoli e responsabilità, NESSUNO dei due dovrà essere messo di fronte a questa orribile scelta. Ma non è facile: quante ragazze di mia conoscenza accettano di continuare a fare le donne delle pulizie in casa propria mentre il compagno se ne sta in poltrona: poi è chiaro che, col poco tempo che rimane loro, alla fine devono per forza scegliere tra lavoro e casa! La società spesso ci impone ruoli di sesso, ma è anche e soprattutto colpa nostra se finiamo per metterli acriticamente, o per ragioni di comodo, in pratica.
    Mi piacerebbe, anzi, lanciare in proposito un sondaggio: quante delle donne che firmano le petizioni di Repubblica oggi hanno combattuto con il proprio partner affinché anche lui cucini, lavi i piatti, carichi e stenda le lavatrici, stiri, porti giù la spazzatura?

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  2. Io cucino e lui lava i piatti :-) Ma le petizioni di Repubblica non ce la faccio più a firmarle.
    Caro Sempre un po' a disagio. A un certo punto della mia vita ho capito che mi sarebbe piaciuto avere un figlio. Allora ho dovuto scegliere: o partire per un bel post doc all'estero, e tentare di seguire la mia strada, oppure cercarmi un lavoro qui e avere una famiglia. Ho sofferto un po', e credo di aver perso qualcosa. Avrei perso comunque qualcosa, così come penso che perdano molto gli uomini che non riconoscono il valore di cose come occuparsi dei bambini.
    Però credo che Silvia Ballestra intendesse proprio la fatica in più che è richiesta a una donna per farsi apprezzare per quello che è e non per quello che mostra, anche senza avere mire o ambizioni particolari. E un po' di più ce ne vuole davvero, mi pare.

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  3. A me il mio moroso mi aiuta sempre a fare le cose di casa; anzi, per il lavaggio dei piatti esiste una turnazione rigida che neanche il nuovo contratto Fiat...
    Se ho capito bene, stai dicendo che in sé la scelta di far carriera, di competere e far fatica per quello, è alienante. Se è così, beh, io sono d'accordo, anche se mi pare che valga per tutti, compresi gli uomini.

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  4. Penso che la donna abbia una valenza intima e l'uomo una valenza sociale. Dove sta scritto? Non lo so, la mia sensazione è questa: che la donna abbia la capacità di ripararsi dal mercato e dalla lotta, la capacità di insegnare a un uomo o a un figlio non come stare al mondo ma come stare con se stesso, lontano dalla competizione e dalle leggi che regolano il brutto mondo qua fuori. Sono idee un po' astratte, perdonatemi. Ma non riesco a non temere che anche la donna partecipi al mercato. Il mio discorso non voleva assolutamente parlare di piatti, pulizie e di uomini che se ne stanno in poltrona. Ho fatto di tutto per non tirarle in ballo, queste cose.

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  5. @gliuommero
    Il tuo tipo deve essere un gnaro davvero ok

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  6. Io questi discorsi però non li ho mai sentiti fare alle donne "normali", a quelle che conosco e frequento.

    Trovare lavoro è difficile per me e per la "mia donna", come per tutti quanti: non ho mai sentito una donna "normale" lamentarsi delle difficoltà lavorative perché è una donna, ma solo perché è difficile.

    Io questi discorsi li sento sempre fare da quelle donne che in realtà carriera non la fanno, che sono abbastanza agiate e riverite da poter andare sui giornali ed in televisione a lamentarsi di quanto sia difficile il lavoro per una donna.

    Probabilmente è solo una questione di prospettive: poco abituate a "stare in trincea", appena ci mettono il naso dentro scoprono che è puzza e ci sono i pidocchi, ma per darsi un tono va sui giornali a scrivere che la puzza ce l'hanno messa i maschi per non far entrare le donne.

    Comunque sia, ci sono ogni giorno milioni di persone che al lavoro ingoiano escrementi e non dicono niente, perché almeno un lavoro ce l'hanno. O pensano forse queste intervistate che il mondo del lavoro per i maschi sia una passeggiata? Sono davvero convinte che sia un gala per gentiluomini.

    No, perché se ci sono posti del genere manderei volentieri il curriculum

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  7. Guarda, hai ragione. Io lavoro in una libreria e sono l'unico maschio. Le mie quattro colleghe non le ho mai sentite lamentarsi di avere poco spazio. Anzi, se c'è uno che si lamenta quello sono io.

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  8. Sempre a proposito di donne, secondo me dovresti trovarti una fidanzata.

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  9. Portare fuori la spazzatura all'uomo non credo sia emancipazione della donna, ma buon senso in famiglia!
    Sempre un po' a disagio e' sempre un po' piu' sensibile. Eleva la donna ad angelo del focolare nel senso piu' bello e poetico del termine: come madre. Come Dante con Beatrice, donne da amare con lo sguardo, di nascosto, per non sciuparle.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)