lunedì 21 febbraio 2011

fenomenologia minima di Roberto Vecchioni

di lo Scorfano
 
Di Roberto Vecchioni si dice che si ripete da almeno vent’anni; e che canta sempre la stessa canzone da almeno vent’anni; e che, alla fine dei conti, aveva già detto tutto quello che aveva da dire nei suoi primi vent’anni. Sono le opinioni dei suoi critici, alcuni molto esperti, altri improvvisati.

Io sarei anche d’accordo, lo ammetto. Anzi, mi viene da pensare che Vecchioni canti sempre la stessa canzone da praticamente 44 anni, dall’anno cioè in cui scrisse Luci a San Siro. E che tutto, dopo quella canzone, sia stato nient’altro che un insensato girare intorno a quel nucleo, un avvicinarsi e allontanarsi da quel centro che intendeva soltanto precisare e ripetere la stessa cosa, con lo stesso tono di voce, con la stessa passione un po’ stanca, sempre più stanca e meno efficace.

Vecchioni parla sempre dello stesso argomento, anche quando sembra voler parlare d’altro. Vecchioni ci dice che lui ha bisogno di essere amato; ma siccome conosce bene le letterature classiche e sa che cos’è un paradigma letterario, Vecchioni ci dice soprattutto che noi abbiamo bisogno di essere amati.        
          Nelle sue canzoni migliori (Luci a San Siro, appunto, ma anche Ninni o Gli anni), questo bisogno di essere amati si fa regressione all’adolescenza o all’infanzia, assume le forma della madre e dei disperati sogni della prima giovinezza. Vecchioni sa che è sempre lì, a quella figura di madre, che è necessario ritornare; ed è a quei sogni che si ritorna, quando si riesce a sognare.

A volte, molto spesso, nelle sue canzoni ha provato a parlare anche di politica e di cronaca, di società… Ma era solo la prevedibile finta di un giocatore maldestro: perché alla fine Vecchioni tornava sempre allo stesso punto, a quella partenza da cui non si è mai davvero mosso, se non appunto per finta: all’amore, che può salvare, all’amore, che forse riscatta tutto il resto, le ingiustizie e le sofferenze, all’amore, di cui c’è bisogno. L’amore coniugato in forma passiva, l’essere amati, prima di tutto e a parte tutto e molto oltre tutto.

Chi oggi critica Vecchioni, quindi, lo critica per ragioni assolutamente vere e condivisibili: non si può cantare impunemente per quarant’anni la stessa canzone, con le stesse parole, con quell’amore, Chiamami ancora amore, che diventa un mantra ossessivo e pare quasi perdere di senso e di utilità. Io ho ascoltato la canzone vincitrice a Sanremo e ho pensato che sì, che palle, è sempre la stessa canzone. Che Vecchioni canta sempre la stessa canzone, che non se ne può più, che basta per favore.

Poi mi sono fermato, mi sono alzato, ho bevuto un po’ d’acqua, ho fatto due passi fino alla finestra, ho guardato la foschia densa che c’è oggi e mi sono di nuovo seduto alla mia sedia. E ho pensato che però c’è anche una cosa che voglio dire ai critici di Vecchioni, quelli esperti e quelli improvvisati come me, quelli che dicono che Vecchioni canta sempre la stessa canzone da più di vent’anni. E la cosa che voglio dire loro è che Vecchioni, secondo me, fa bene a cantarla e ricantarla quella stessa canzone; perché, nonostante tutte le critiche di tutti i critici, Vecchioni, e ho il sospetto che lui lo sappia bene, ha perfettamente e completamente ragione. Assurdamente ragione.

8 commenti:

  1. comunque per me è solo invidia perché lui è stato prof al classico :-P

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  2. Il mioi post trasuda ammirazione nei confronti di Vecchioni. Tu ci leggi invidia per tua malvagità. :-P

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  3. E in più stavolta ha vinto sanremo, to'

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  4. Questa è una novità che fatico a inquadrare, in effetti (non avendo seguito il festivàl...)

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  5. d'accordo e non d'accordo.
    d'accordo sul fatto che r.v. canta sempre la stessa canzone.
    non d'accordo sul fatto che va bene così.
    la canzone che ha vinto il festival è irrimediabilmente brutta.
    confrontarla con le canzoni della sua giovinezza mi sembra addirittura offensivo.
    sarebbe come, si parva licet, confrontare la liberata con la conquistata.
    ma, sempre per restar nel piccolo, mi cullo nella tranquilla sicurezza che il tempo, come nel caso maggiore, farà giustizia.
    per non parlare poi dell'aspetto musicale.

    nick the old

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  6. Caro Nick, non riesco a essere severo come sei tu. A me la canzone di Sanremo è parsa come quasi tutte le altre degli ultimi vent'anni di Vecchioni. Uno che "alla sua età scrivere canzoni non è più che quello", per dirla con lui. Non è certo Ninni o Velasquez per dire le prime due che mi vengono in mente. Ma a me non è sembrata l'obbrobrio che tu dici. Forse perché l'ho sentita solo una volta, non so.

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  7. secondo me stiam dicendo la stessa cosa.
    le canzoni degli ultimi vent'anni lasciano il tempo che trovano, diversamente da parecchie di quelle prima (a quelle che citi tu nel post e nella risposta aggiungerei almeno "irene" e qualcuna di quelle un po' ribalde come "canzone per laura" o "io non devo andare in via ferrante aporti").

    nick the old

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  8. Per tenere insieme le cose, ti direi che a me pare che Vecchioni sia rimasto, alla fine dei conti, lo stesso "pirla" che era quarant'anni fa. Non riesce a dirlo con la medesima efficacia, ma la sostanza mi pare quella.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)