Lo dico subito chiaro: io ho il fondato sospetto di essere un pirla.
(Avevo pensato anche ad altre parole, lo confesso: cretino, per esempio, o deficiente, o coglione, o imbecille, o cazzone, o idiota, o belinone… Ma poi ho scelto “pirla”: sia perché c’è un po’ di letteratura, dentro al pirla, sia perché la parola ha un suono un po’ scherzoso, più o meno perdonabile: pertanto dico “pirla”, con l’accento sulla “i” di pirla.)
Ma perché proprio un pirla? Il sospetto nasce dai ricordi di una notte insonne, in realtà, dalla memoria di quando avevo quindici anni e coltivavo sogni meravigliosi, tutti letterari e poetici, solo amore e lirica d’amore: ero un ragazzo fatto così. Poi, però, a vent’anni ho ripensato ai sogni dei miei quindici anni e mi sono detto: «Certo che ero proprio un pirla, a quindici anni». Infatti, va detto, a vent’anni avevo sogni molto più solidi: critica letteraria, incontri carnali, passione politica, bevute con gli amici, eventi straordinari.
Quando poi ho avuto quasi trent’anni, mi sono sposato e sognavo di comprarmi una casa per stare tranquillo e magari di avere dei figli, allora ho ripensato ai miei sogni di ventenne e mi sono detto: «Che pirla che ero a vent’anni! Non ci si può credere… Un vero e autentico pirla!» Anche perché nel frattempo avevo cominciato a insegnare e tutta la mia passione si riversava nella pedagogia, la mia “missione”, il mio posto nel mondo. Un fuoco che non avrebbe mai smesso di ardere.
A un certo punto, però, ho avuto trentasei anni e mi sono separato, e sono tornato a vivere in un appartamentino in affitto, e mi pareva che la mia vita potesse ricominciare da zero. Una sera mi sono affacciato alla finestra di quel monolocale sul lago, con un bicchiere di vino bianco in mano, e mi sono detto: «Certo che sono stato proprio un pirla, quando avevo quasi trent’anni! Quanti errori, quante scelte sbagliate, quante energie sprecate. A trent’anni ero proprio un povero pirla!». E lì, in una di quelle prime serate sul lago, ho capito che i sogni sono come semi, bisogna dar loro tempo, che è dalla capacità di attendere con pazienza che si giudica chi sta coltivando bene il suo angolo di mondo. E quindi mi sono messo in attesa, con pazienza.
Ora ho più di quarant’anni. Penso di pensare cose giuste e credo di credere cose sagge e so di essere proprio un uomo felice. Penso che l’insegnamento sia un mestiere e cerco di farlo meglio che posso; ho anche comprato casa e ho alcuni buoni amici. Quando ripenso a quella finestra sul lago e a quel bicchiere di vino, mi dico sorridendo: «Ma cosa cavolo aspettavi, eh? Che pirla che eri! La vita è questa, cosa vuoi che ci sia da aspettare?» E quindi adesso so che anche a trentasei anni ero proprio un pirla.
Ma, per quanto pirla, non riesco a non farmi venire un sospetto, nelle mie sempre più frequenti notti insonni: Cosa penserò di me a cinquant’anni? Cosa penserò dei miei pensieri di quarantenne che ha finalmente capito quello che conta nella vita? E poi a sessanta? E poi a settanta e a ottanta? Ecco, io ho come l’impressione di saperlo già quello che penserò a cinquant’anni e a sessant’anni e dopo ancora: penserò che a poco più di quarant’anni ero un pirla, ecco cosa penserò.
E a ottanta, prima di morire, penserò che sono sempre stato un pirla, un pirla vero, decennio dopo decennio, sogno dopo sogno, finestra dopo finestra, bicchiere dopo bicchiere. Sempre lo stesso pirla, quello che a quindici anni aveva sogni poetici e si sentiva un giovane acuto e brillante e pensava all’amore leggendo poesie d’amore. Ed era invece un gran pirla ed è rimasto un pirla e sempre sarà lo stesso patetico pirla di allora. Decennio dopo decennio, tutta la vita passata a ricordarsi di quando non era altro che un assurdo povero pirla…
E questo terribile ma ragionevole sospetto, dico io, dovrebbe farmi sentire male e mettermi angoscia e tristezza e magari incitarmi a nuove ambizioni e generare in me un’accanita determinazione verso qualcosa di nuovo e migliore. E invece no, non so perché, ma non mi incita a niente e non mi accanisce affatto verso nulla e non mi angoscia nemmeno: mi mette allegria, invece, un sacco di insensata allegria. E mentre lo scrivo mi viene da ridere e allora rido da solo, rido forte e da solo davanti allo schermo del computer. Come un pirla.
potremmo fondare il club dei pirla (e il primo che cita groucho marx a commento di questa mia idea lo facciamo Presidente)
RispondiEliminaIo sul mio blog mi sono definito "mediamente mona".
RispondiEliminaSecondo me dovremmo smettere di scrivere sul blog :-)
Io non sarei mai Presidente di un club nel quale mi accettano come socio....
RispondiEliminaL'idea era diversa: voi avreste dovuto commentare sostenendo con vivacità di argomenti inoppugnabili che non lo sono, ma proprio per niente...
RispondiEliminaVabbè, la prossima volta vi chiamo prima. ;)
scorfano, a cercare comprensione tra i lettori del blog si finisce come quello che, in piedi sul cornicione di un palazzo, si trova la gente che grida "buttati".
RispondiEliminaPertanto, se capisco bene, aprire un blog è un gesto da pirla...
RispondiEliminaPerò non ho capito: sostieni di essere più pirla di ieri e meno pirla di domani, o al contrario c'è un processo asintotico di diminuzione della pirlaggine che nel tempo tende allo zero ma senza mai raggiungerlo? (lo so, tipica domanda da pirla)
RispondiEliminaSostengo che ogni volta che mi sono guardato indietro mi sono reso conto che ero un pirla; e che quindi domani (tra dieci anni) mi guarderò indietro e, statisticamente, mi renderò conto che oggi ero un pirla. Per cui sono un pirla.
RispondiEliminaMa, fatemi capire, a voi non capita?
passione politca --> passione politIca
RispondiElimina(poi cancella il commento)
Grazie, ho corretto.
RispondiElimina(non cancello, un piccolo refuso fa chic ;-) )
A me capita, ma con una frequenza maggiore.
RispondiEliminaE' che io sono così pirla che faccio bilanci esistenziali molto di rado. ;)
RispondiEliminaE se il senso di tutto consistesse proprio nella consapevolezza della propria pirlaggine (consapevolezza che non può che giungere alla fine di un lungo percorso)?
RispondiEliminaBe', in tal caso allora sarei un genio, con grande sorpresa dei miei amici... ;)
RispondiEliminaBeh, potrebbe andare peggio: invece che constatare decennio dopo decennio un livello costante di pirlaggine, si potrebbe verificare che con l'età ne aumenta anche il livello; però, contemporaneamente, essendo aumentata l'età, dovrebbe essere aumentata anche la saggezza; ne consegue che il livello di pirlaggine è in aumento....a i u t o! [sono proprio un pirla]
RispondiEliminaIo, invece, ti trovo adorabile ;)
RispondiEliminaTu menti. Tu fingi di trovarmi adorabile perché sai che sono un pirla e che ci crederò... ;)
RispondiEliminaguarda, nel 1992, passati i cinquant'anni, scrivevo una cosa così:
RispondiEliminaDE SENECTUTE 1
Forse tu riderai: conservo ancora
qualche briciola dei miei vecchi sogni.
Le lecco piano, e c'è in loro un sapore
come di giovinezza.
Non mi faccio illusioni, non pensare
che cerchi ancora di tirare in piedi
quei miei così improbabili progetti.
Però mi fanno tanta compagnia.
se non è pirlaggine questa!
e qualche anno più tardi:
Il ragazzo che ero,
di troppi libri e pochi soldi in tasca,
non se ne è andato, è ancora qui.
Soltanto
che adesso se ne è fatta una ragione.
avendo qualche anno più di te, posso dirti che un pirla resta sempre tale (per fortuna, mi vien da dire).
ma è come con le pantofole: più son vecchie, più ci si sta comodi.
nick the old
evito con accuratezza i momenti di autoanalisi.
RispondiEliminaSostituire al bicchiere direttamente una bottiglia aiuta a superare indenni tante serate.
variabile
(LOL!)
RispondiEliminaCara Thu', una risata in netto ritardo... (ride bene chi ride ultimo?)
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