di lo Scorfano
Gli studenti del liceo copiano i compiti, si sa. Per esempio scaricano le traduzioni dei brani latini dal web («l’ho trovata su Internet», dicono loro) e poi le ripropongono come autentiche e personali traduzioni. Oppure se le passano telefonicamente, al pomeriggio. Oppure le copiano sul treno, mentre vengono a scuola, o anche dal compagno di banco durante l’ora precedente alla mia, quella d’inglese, senza farsi beccare (e invece, a volte, si fanno beccare e la prof di inglese se la prende con me, non capisco per quale ragione). Ma io lo so bene, che gli studenti copiano, e ho le mie contromisure e non me ne preoccupo più di tanto: che prima o poi li becco.
La novità di quest’anno sono gli studenti di prima, che sono invece imprevedibili. Ragazzi di quattordici anni, iscritti anche loro al liceo, che però non copiano i compiti; perché, molto più direttamente e linearmente, non li fanno nemmeno: i miei studenti di prima liceo, infatti (insisto: prima liceo, non asilo nido), non fanno i compiti perché se li fanno fare dalle mamme, dai papà e pure dalle zie. E poi vengono a scuola tranquilli, con i compiti tutti giusti; non hanno capito quasi nulla della lezione, ma questo, evidentemente, lo ritengono un fatto secondario. L’importante è avere i compiti ben fatti sul quaderno.
E, insieme a loro, lo ritengono anche le mamme i papà e pure le zie: l’importante sono i compiti ben fatti sul quaderno.
E, insieme a loro, lo ritengono anche le mamme i papà e pure le zie: l’importante sono i compiti ben fatti sul quaderno.
(Io a volte mi chiedo: ma passerà alla storia questo loro quaderno? Si immaginano che diventerà un reperto archeologico? Come il codice di Hammurabi o la stele di Rosetta, che poi tra cinquemila anni gli studiosi di tutto il sistema solare ci studieranno sopra per decifrarlo e capire la nostra civiltà? Ed è quindi per questo che deve essere tutto eseguito perfettamente, non importa da chi? Boh…)
Ma i ragazzi sono pur sempre ragazzi, si sa. Il problema non sono mica loro, no? No, il problema, in effetti, sono le mamme, i papà e le zie. Perché come possa un adulto considerare importante il compito in sé (e non la preparazione che lo determina) resta, per me, un mistero.
La prima volta che mi sono scontrato con tale imprevedibile fenomeno si trattava precisamente di una zia. C’era un piccolo testo argomentativo da svolgere a casa, da me assegnato una settimana prima. Ho chiesto ad Alberto (uno dei due o tre “bravi” di questa classe di ventotto alunni) di leggere il suo. Gli sono andato vicino e, mentre lui leggeva il suo quaderno, ho notato un foglio strano che spuntava da sotto. Gli ho chiesto di darmelo; lui me lo ha passato con estrema riluttanza e grande timore: era il medesimo testo che lui stava in quel medesimo istante leggendo, ma scritto con un’altra grafia, molto più adulta. Richiesto di una spiegazione, Alberto mi ha detto: «Lo ha scritto mia zia. Io poi l’ho copiato sul quaderno».
Poi c’è stato un altro episodio, molto più sgradevole. Una mamma è venuta a colloquio (la mamma di Giulia, forse qualcuno se la ricorda) e mi ha detto, senza tanti giri di parole, che la compagna di banco di sua figlia si fa fare i compiti dalla mamma e per quello poi prende i voti belli (e non è vero che prenda voti belli per quel motivo, la compagna, perché proprio non li prende mai, i voti belli… ma tant’è.). Quindi dalla semplice esecuzione truffaldina, siamo passati allo spionaggio interfamiliare. Io stavo sprofondando per l’umiliazione (la sua, non la mia) ma non ho detto niente.
E poi, ultimamente, c’è stato un padre. Mi ha detto: «Facciamo i compiti insieme: leggiamo le frasi da analizzare (è analisi logica, ndb), e quando lui non sa di cosa si tratta, gli dico io qual è la risposta giusta. Mi pare un buon metodo, no?». «Col cazzo che è un buon metodo!» gli ho risposto io... No, non è vero, non gli ho risposto così. Ho mantenuto la mia faccia da scorfano perbene e ho provato a spiegargli che un errore fatto a casa è in genere un errore in meno fatto nella verifica, se il ragazzo sta attento e capisce la correzione. Che offrirgli le risposte sotto dettatura è un sistema inutile e che non è così che si può imparare. Ma ho visto bene che il padre mi ascoltava perplesso; e che venire a scuola con i compiti fatti male era un oltraggio che, in quella famiglia, nessuno si poteva permettere.
Però, a parte i singoli e inquietanti episodi (ma il secondo mi toglie ancora il sonno, ve lo confesso), resta la domanda di fondo, quella che non si può eludere: Ma è normale? È normale, dico, che un ragazzo di prima liceo si faccia fare i compiti dai genitori? E che i genitori stiano lì di fianco a lui a farglieli? Come se fosse un bambino delle scuole elementari? (E oltretutto, mi chiedo, alle elementari è normale così?)
No, secondo me non è normale; e se lo è, non dovrebbe esserlo. Io credo che i miei genitori, quando ero in prima liceo, nemmeno sapessero quali compiti avevo da fare. È che ormai non diamo mai pace a questi genitori: ogni mese ricevono lettere con scritto di tutto, assenze, voti, interrogazioni, verifiche svolte, competenze maturate… (è la comunicazione, baby, s’addafà). E quindi succede che, forse, si sentono più a scuola loro dei loro figli, coinvolti in prima e responsabile persona. Si sentono interrogati loro, tutti i giorni, e quindi vogliono avere i compiti ben fatti e i quaderni in bell’ordine.
Solo che si tratta dei quaderni e dei compiti dei loro figli, che sono persone, per quanto piccole, e questo pare sfuggire a tutti, soprattutto a loro. Persone che non imparano più perché non sbagliano mai, tranne che nelle verifiche, quando non sarebbe il caso. Persone che poi, in preda a un panico immotivato, vomitano al secondo minuto di interrogazione per lo spavento (accaduto), oppure non vengono a scuola per un mese intero a causa dell’ansia (accaduto) o magari vengono ma si sentono male tutti i giorni alle 9, a prescindere dall’insegnante che c’è in quel momento, e si fanno venire a prendere dalla mamma subito accorrente, alle 9 e 10 (più volte accaduto).
Insomma, non mi pare che gli stiamo facendo un gran favore a questi ragazzini. Mi pare che li stiamo soffocando, forse per il troppo amore, ma soffocando. E, soffocate, queste piccole persone non riescono più nemmeno a esprimere la loro difficoltà, o quello che saprebbero fare, o quello che forse non vorrebbero fare. Copiano i temi e gli esercizi di analisi logica; ma li copiano autorizzati, non di nascosto. E, se per caso poi li becco, non è nemmeno colpa loro. E se non hanno mai colpe, allora finisce che non hanno neppure mai meriti: ma questo non si può mica dirlo, alle mamme ai papà e alle zie.
* (babanetto è voce del dialetto ligure, forse solo savonese: si usa a mo' di dileggio, tra ragazzini, per indicare il coetaneo che dimostra meno anni di quelli che ha, che si fa seguire ovunque dalla mamma, che non ha guadagnato nessuna autonomia. Essere definito babanetto fa scattare, normalmente, violente e riprovevoli ripercussioni, verbali ma soprattutto fisiche: calci, pugni, sputi in faccia.)
Sono davvero colpita dal fatto che questi genitori siano tutti così ferrati in analisi logica! Vivi in un paese di linguisti, i genitori delle ragazzine che seguo non hanno questa destrezza! Eh, non ci sono più le mamme di una volta!
RispondiEliminaQuesto post mi ha fatto tornare in mente quella volta in cui un mio allievo (di ripetizioni, ovvio, non di scuola) venne da me senza aver fatto la versione che gli avevo assegnato. Io gli chiesi spiegazioni e lui mi disse: "Io stavo facendo la versione, ma non mi riusciva, e sarei venuto con l'esercizio incompleto. Ma mia mamma, che deve sempre mettere il becco ovunque (sic), non ne voleva sapere, ha voluto che mia sorella, appena maturata al classico (con risultati non brillanti, immagino, n.d.r.) mi aiutasse, ma nemmeno lei ci riusciva (era una versione del ginnasio, altra n.d.r), e così mia mamma si è messa a cercarla su internet perché la copiassi, ma non l'ha trovata!"
Allora mi sembrò una bugia molto elaborata, ma forse il poveretto diceva il vero!
Cavolo, ai miei tempi i genitori ti lasciavano da solo a fare i compiti alle elementari.
RispondiEliminaEventualmente ti aiutavano in qualche materia che non capivi bene più tardi, ma comunque a casa mia qualcuno che aiutasse in greco o filosofia non c'era...
@Ipazia
RispondiEliminaAh, le sorelle maggiori che fanno il classico! Sono quasi diventate una figura retorica nella mia vita... Chissà perché a me capita sempre il fratello piccolo con problemi di apprendimento...
Non sopravvalutare questi giovani genitori, però: gli esercizi di analisi logica che sto assegnando in prima sono di una banalità imbarazzante.
@Tommy
RispondiEliminaSì, anch'io sono stato l'unico latinista della casa. Il che è stato un gran bel vantaggio: questi ragazzi sono anche molto oppressi, a dire il vero.
D'ora in poi avrai sempre più spesso ragazzi così, è un fenomeno sempre più diffuso per tanti motivi, genitori che più o meno hanno studiato tutti, scorciatoia per non sentire lamenti, ossessione di primeggiare, etc etc.
RispondiEliminaPoi, e questa è la mia esperienza alla primaria che mio figlio sta per terminare, si va alle riunioni con la maestra un po' a blandire, un po' a vantarsi. Per non dire che in realtà si ha degli insegnanti un'opinione pessima e ci si illude di farne le veci.
(io odio quando blogger mi mangia il commento)
RispondiEliminadicevo, prima che Google decidesse che il mio cookie era scaduto:
RispondiElimina- a casa mia nessuno poteva aiutarmi coi compiti di latino (sì, mia mamma aveva fatto le magistrali, vabbè...) ma tanto nessuno mi ha mai aiutato coi compiti nemmeno alle elementari
- anch'io ho sempre verificato per telefono coi compagno i compiti di latino (dopo averli fatti :-) ), ma eravamo una classe di teste dure: se non eravamo convinti di aver sbagliato lasciavamo la nostra traduzione originale e quindi i voti finali erano assolutamente variabili
- nessuno di noi era così stupido da usare traduzioni trovate sui libri, visto che il professore ci aveva spiegato la differenza tra traduzione letterale (quella che dovevamo fare) e letteraria
- il padre-oracolo mi sembra un milanese emigrato in Franciacorta, visto che ha così tanta fretta che non gli viene proprio in mente di provare a tirare fuori maieuticamente la risposta dal proprio virgulto.
Ah, che dramma i compiti a casa :-))
RispondiEliminaQuando tua figlia vaga per casa lamentandosi che deve fare, assegnata la mattina, per il giorno dopo, una "ricerca sull'acqua e l'anemia mediterranea". Insieme (l'acqua e l'anemia mediterranea).
Oppure, la relazione sulla misura della densità delle patate.
A certi argomenti, oggettivamente, resistere è dura: l'unica è rifiutarsi di sapere.
Anche per lei la tentazione è dura (madre, padre e nonna assicurano la copertura in tutte le discipline).
Io mi rendo conto che sia molto dura: vedo i miei nipotini, vedo i figli dei miei amici... Però, prima o poi, bisognerà pur lasciare che questi amabili "babanetti" guadagnino quel po' di autonomia, no?
RispondiEliminaEcco, secondo me il "prima" è senz'altro prima della prima liceo (l'annominazione è volontaria).
@peppe
RispondiEliminaL'ultima frase del tuo commento mi pare una di quelle che centrano il cuore del problema (il quale ha tanti aspetti, non solo uno, ma alcuni prevalenti).
Io credo che per tanti genitori sia come dici tu: c'è la convinzione taciuta di saper fare meglio di me. Il che ovviamente non è impossibile, ma non può valere per i genitori. Se fossero i ragazzi che dicono: "No, io faccio in un altro modo per questo motivo e questo..." a me potrebbe pure andare bene: e ne vedrei dei frutti. E' che loro sono passivi (e quasi vittime) di questo "metodo".
Infatti, io sto cercando di resistere, davvero. Alle elementari non ho avuto troppe tentazioni, ma questo primo anno di scuola media se non sto attenta rischio di mettere continuamente in discussione quello che fanno gli insegnanti di mia figlia. Insomma, mi devo controllare. Ma ci sto lavorando, giuro :-)
RispondiEliminaeh, che fortuna allora che i genitori di una volta non avessero studiato molto o che dovessero lavorare tanto: non ci sarebbe stato da fidarsi dei compiti fatti da loro, quand'anche -a sera- fossero riusciti a trovare tempo e voglia per farli.
RispondiElimina@LGO
RispondiEliminaDevi lavorarci tu, che sei un'insegnante... Figurati una madre o un padre che non fanno gli insegnanti. Ho come l'impressione che sia una battaglia che è inutile combattiamo da prof: la vinceranno gli studenti, il giorno che manderanno in un luogo certo i loro genitori un po' soffocanti.
Ma che bello "babanetto"! Secondo me però il termine ha un'accezione anche un po' affettuosa, sotto sotto...
RispondiEliminaComunque io sono e rimarrò grata ai miei genitori per non aver mai messo il naso nei miei compiti, penso che avrei faticato a sopportarlo. Proprio non capisco come i tuoi "babanetti" riescano a tollerare l'intromissione...
Sì, anche su FF mi hanno fatto notare che, in un contesto padre-figli, l'aggettivo "babanetto" è usato affettuosamente. La mia nota finale era incompleta.
RispondiEliminaDura da capire la vita a scuola...........
RispondiEliminaMia mamma aveva 5 figli, e non mi ricordo che si sia seduta a fare i compiti con noi MAI, purtroppo ritirava le pagelle ed era una settimana disastrosa PER TUTTI I FIGLI, chi non andava bene, chi non si comportava bene, ecc.ecc., bene o male siamo riusciti a finire i cicli di studio prescelti...................
Passano un paio di decenni, e noi figli diventiamo a ns. volta genitori, chi più ansioso chi meno.......... Il risultato si vede sui figli, io personalmente sono stata catalogata come "menefreghista" e questo perchè mi rifiuto e mi sono sempre rifiutata di fare i compiti con le mie figlie (1* ormai laureata in medicina, la 2* in terza media) ma sono andate avanti "altalenando", mie cognate sono le "perle" di mamme in quanto seguono meglio i figli................ Ma onestamente è la società stessa che ti "obbliga" ad avere certi comportamenti, io personalmente mi sono sentita ripresa anche perchè non vestivo le bimbe come le altre (firmate), ma raccattavo i vestiti dismessi da cugine o simili.................
In questo caso, più che la società che obbliga, mi pare la scuola che "invita". L'ho scritto nel post, ma forse non ho sottolineato abbastanza la questione.
RispondiEliminaalle medie succede abbastanza spesso, di solito con i figli in difficoltà di famiglie "bene".
RispondiEliminacredo che il problema, qui, siano i genitori: siamo all'estremo del narcisismo, no nsolo non possono sopportare i propri fallimenti, ma neppure quelli (salutari, fisiologici) dei figli.
a Bari, e credo in tutto il Sud, abbiamo il "bambascione", che però ha un significato più generico, credo.
RispondiEliminaCmq, per questa inveterata abitudine a scopiazzare (avvertito come un diritto!) tendo a limitare al minimo i compiti a casa, anche se questo rallenta il programma (che è una delle mie croci: nessuno in nessuna scuola accetterà mai il "meno ma meglio", perché il programma è sacro).
Voglio che traducano con me in classe, all'impronta. A casa copincollano senza pensarci due volte. In classe devono ragionare, e i risultati migliori vengono fuori quando anche io ho delle difficoltà e devo far vedere loro che procedo per tentativi (non troppo spesso, per fortuna...)
Curiosamente questo atteggiamento di "supplenza" Alle loro capacità è trasmigrato anche nei libri di classico: tra frasi tradotte sotto, "costruzioni" (per le quali non esprimerò mai abbastanza il mio disprezzo), banalizzazioni non richieste e altre amenità, la traduzione diventa impossibile.