giovedì 3 febbraio 2011

una virtù solenne

di lo Scorfano

Per trovare qualcuno che, scrivendo poche righe, mi restituisca un po' di respiro, che mi sollevi dall'affanno sociale della quotidianità e degli scontri e degli sguardi torvi, oggi mi è toccato andare a leggere l'orazione mattutina di uno che fa il Monsignore e che scrive sulle pagine dell'Avvenire. Insomma, potrebbe essere un brutto segno, nonostante le apparenze.
Sul Lungotevere gli alberi secolari che si piegano verso l'argine del fiume lasciano poco spazio ai pedoni: un giovane si ferma e mi fa segno di passare per primo, salutandomi. Può essere banale: eppure è un atto che quasi mi commuove, abituati come si è ormai a ragazzi sgarbati, ad adulti maleducati e a vecchi lagnosi e recriminanti. Ecco, allora, la necessità di riproporre una parola semplice eppure del tutto irrisa ai nostri giorni, la gentilezza o, se volete, la cortesia. Come dice la battuta dell'autore inglese Henry Drummond, che ho citato oggi in apertura, il garbo è un lineamento della carità, virtù solenne che però si misura soprattutto nelle piccole cose. Sì, perché amare vuol dire anche trattare l'altro con rispetto, vuol dire affabilità, amabilità, attenzione, riguardo, finezza, insomma quelle che una volta si chiamavano le buone maniere o la buona educazione. Prima di tante belle parole sul sociale, sul volontariato, sull'impegno - cose tutte sacrosante - insegniamo ai ragazzi (e a noi stessi) questa modesta fisionomia della carità che si chiama appunto gentilezza.

3 commenti:

  1. [...]- Fate luogo voi, - rispose Lodovico. - La diritta è mia.
    - Co' vostri pari, è sempre mia.[...]

    E sì, è un brutto segno.

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  2. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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  3. (Anche perché, sia detto tra parentesi, il suddetto monsignore è, in genere, uno di quelli che sopporto di meno. Ma tant'è...)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)