giovedì 10 febbraio 2011

festeggiare il 17 marzo

di lo Scorfano
 
Non per le ragioni confindustriali di produzione e di reddito, né tantomeno per quelle francamente odiose o risibili che adducono i leghisti, ma sarei quasi d’accordo con la ministra Gelmini, questa sola volta: stare a casa da scuola il 17 marzo non è proprio una brillantissima idea.
Certo, se l’alternativa è il consueto minuto di silenzio, effettuato malamente tra un’ora e l’altra, allora è senz'altro meglio stare a casa. Ma tutto sommato non è proprio un aut-aut e si potrebbe pensare pure a qualcosa d'altro e di non terribile: per esempio, una vera e propria celebrazione scolastica, che occupi l’intera mattinata e che coinvolga le lezioni e le discipline, gli insegnanti e i ragazzi nel loro complesso.

Io, per esempio, potrei fare qualche lezione sull’unità letteraria dell’Italia, che precedette di ben mezzo millennio quella politica; potrei spiegare anche ai più piccoli che è proprio (e per gran parte) grazie alla letteratura che, nel corso dei decenni, si è costruito e cementato il sentimento di unità nazionale: da Dante a Foscolo, da Petrarca a Manzoni. E che per questo i grandi patrioti dell’Ottocento erano spesso anche grandissimi letterati.   
        Credo che i miei colleghi di altre materie, ognuno a suo modo, potrebbero fare altrettanto (parlando di scienziati o di storia o anche di grandi atleti). Ci avessero avvertito prima sarebbe stato meglio, ma siamo ancora in tempo a farlo.

Altrimenti, lo dico con timore, ho la sensazione sgradevole che la vacanza del 17 marzo finirà per diventare come quei giorni di sciopero studentesco in cui nove ragazzi su dieci non entrano a scuola per andare al bar, tutta la mattina. E delle ragioni dello sciopero non si chiedono nemmeno se esistevano e perché e cosa implicavano. Ecco, per una volta, penso che potrei anch’io contribuire a spiegare alcune ragioni dell’unità del paese dove vivo e del suo anniversario.

In fondo, se è al concetto di festeggiamento che teniamo molto, dobbiamo tener conto del fatto che, per un ragazzo, già il non fare lezione in modo “normale” ma in maniera nuova e mai sperimentata prima è un gran bel modo di fare festa. E diventerebbe così un fatto ancora più pubblico, come chiede Adriano Prosperi, rispetto a un ponte vacanziero qualsiasi. E forse gli studenti avrebbero più cose da raccontare la sera a casa: per la gioia dei genitori ancora italiani e per la rabbia di quelli invece un po’ troppo leghisti.

E a me pare che, tutto sommato, questo potrebbe essere un festeggiamento più utile che stare a casa o andare a sciare o approfittarne per dormire fino alle 11.

12 commenti:

  1. Io invece sono così ignorante che non sapevo nemmeno cosa fosse successo il 17 marzo.

    RispondiElimina
  2. Guarda, mi confesso così ci capiamo subito: io sono andato a informarmi una decina di giorni fa, quando è iniziato questo stucchevole balletto di "festa sì, festa no". Prima non lo sapevo nemmeno io.

    RispondiElimina
  3. Questo entusiasmo rivolto all'unità mi sa un po'di finto, in una fase in cui tutti si dichiarano federalisti. Insomma mi pare il colpo alla botte.

    variabile

    RispondiElimina
  4. Il fatto che siamo qui a discuterne a poco più di un mese dal giorno 17 marzo, significa che è una festa inutile e pretestuosa che nessuno sente e che non importa a nessuno. A lavorare, tutti, e non parliamone più.
    Gianni

    RispondiElimina
  5. Non ho mai avuto nessun entusiasmo unitario, lo confesso. Ma forse proprio perché davo per scontata e acquisita l'unità.
    Oggi, proprio oggi, che il federalismo rischia di essere frainteso e vissuto invece come una forma di reciproca (o anche no) emancipazione, un qualche discorso, anche minimo, sulle radici dell'unità italiana non mi parrebbe fuori luogo, invece.

    RispondiElimina
  6. Io invece sono europeista convinto. Poca cosa l'unità nazionale, ancor più irrilevanti le posticce (o ricostruite ad arte) identità regionali/locali.

    anzi, io sono direttamente per la Cina.

    variabile

    RispondiElimina
  7. La Cina è una dittatura piuttosto feroce. tendiamo a dimenticarlo, perché è lontana.
    L'Europa, sono d'accordo, è meglio.

    RispondiElimina
  8. Sai, caro scorfano, che anche 'sto discorso della dittatura è una cosa piuttosto complessa.
    Avendo a che fare con i cinesi si mettono in discussione tanti dogmi occidentali relativi a democrazia e più in generale alle varie forme di governo.

    variabile

    RispondiElimina
  9. Sì, certo, hai ragione: io non ho a che fare realmente con i cinesi e quindi parlo solo per letture o per sentito dire, che non è granché, lo ammetto. Come ammetto che la "mitizzazione" dogmatica della democrazia è un concetto che pare ambiguo, se non ipocrita, anche a me. So che, per esempio a scuola, nessuno mi impone visioni pregiudiziali o ideologiche della cultura, non in Italia; questo mi pare già abbastanza, onestamente. E non so (insisto: non lo so, davvero) come vadano le cose ai miei colleghi cinesi.

    RispondiElimina
  10. Scorfano, non appena ci vediamo ti spiego perchè Variabile è così appassionato di cose cinesi.

    RispondiElimina
  11. Nel mio piccolo (oddio che pessima espressione), sono con Variabile sia sull'identità europeista, sia sulla Cina, che amo pur senza conoscerne un'emerita mazza (così, sulla fiducia). Caro Variabile, perché non apri un blog in cui ci racconti quello che hai scoperto sui Cinesi?

    RispondiElimina
  12. eh, non me la sento

    variabile

    RispondiElimina

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)