martedì 15 febbraio 2011

Libri con poche pagine

di Sempre un po' a disagio

Lavorare in una libreria di un centro commerciale è assai differente che lavorare in una libreria di città (o paese), e adesso vi spiego il perché. In una libreria di un centro commerciale ci sono differenti tipi di esseri umani, di qualunque ceto sociale, età, cultura, sensibilità, crudeltà, simpatia, forma e trasparenza. Questo perché un centro commerciale è studiato nei minimi dettagli per attirare e coccolare tutti, ma proprio tutti, gli esseri umani, che siano ricchi o che siano poveri, che siano appassionati di canottaggio o di pugilato. In un centro commerciale come si deve c’è tutto quello che serve al consumatore e quindi, prima o poi, uno di questi individui entrerà nella mia (mia si fa per dire) libreria.


Bene, ora che vi ho dato queste discutibili motivazioni non mi sento nel torto dicendovi che lavorare in una libreria di un centro commerciale non è solo differente ma è anche più faticoso che lavorare in altre librerie, e sempre perchè si ha a che fare con varia umanità di passaggio ammassata in un piccolo spazio. La mia impressone è che Peter, per fare un nome a caso, sia entrato “già che c’era”. Già che sono venuto a comprare lo sgorgante per stasare il water, entro in libreria. La mia impressione si rivela esatta non appena mi si avvicina per dirmi di aver visto da un suo amico un libro con una copertina gialla e che lo vuole anche lui. Allora io cerco in qualsiasi modo di neutralizzarlo o “buttarlo giù”, come si faceva con le figure di “Indovina chi?”. Gli metto in mano un qualsiasi libro con copertina gialla, per esempio. Oppure gli dico la verità e cioè che ho bisogno di titolo, autore e casa editrice. A questo punto Peter mi dice che non sa, che è entrato in libreria “già che c’era” e se ne va a casa a stasare il water. Bene, Peter se n’è andato.



Entrano quelli che non leggono, anche. Bernard, un nome a caso, non sa cosa regalare a sua moglie e ha deciso per un libro. Ma non sa quale libro. Potresti consigliarmi qualcosa? Il fatto è che a Bernard non andrà bene nessun libro, i minuti passeranno con schifati no, questo no e io mi sentirò ancora una volta preso in giro, stanco, sfinito e dovrò fare quello che faccio sempre per neutralizzare il Bernard del giorno: nascondermi. Letteralmente. Allora Bernard, a questo punto, si appiccica a una collega o se ne va fuori dal negozio con altre idee regalo per la testa. Un piantina, ad esempio.






E poi entra Robert che mi chiede Il diario di Anna Falchi o Le lettere a Paolino di Seneca e io passo cinque minuti a convincerlo che non esistono e che si tratta semmai delle Lettere a Lucilio (o del diario di Anna Frank). Ma nulla da fare, i suoi occhioni azzurri hanno visto le lettere a Paolino il giorno prima proprio lì, dove ora ci stanno gli altri libri di Seneca, e devono pure esserci se c’erano ieri. Allora io chiamo in raccolta colleghi, responsabile di negozio e wikipedia ma Paolino non vuole saperne di spuntare dalla bibliografia di Seneca. Le uniche epistole sono quelle a Lucilio e seccamente cerco di chiudere il discorso con il cliente paonazzo che insiste e si altera: con lingua tagliente, lo offendo. E lui se ne va offeso, convinto dell’esistenza di Paolino.


Ma non riesco a chiudere il discorso con Susan. Non riesco a rimanere indifferente davanti alla lista di libri che mi porge e alla sua richiesta di darle quello più corto, altrimenti mio figlio non lo legge. Nervoso riconosco nella lista quello più corto, vado a prenderlo e lo metto tra le sue mani. Lei guarda le ottanta pagine e insiste che è troppo lungo, che suo figlio un libro così lungo non lo legge e mi chiede un libro ancora più corto. Tra quelli della lista no, rispondo, e dopo quelle parole potrei andarmene, ridurre il discorso, sgonfiare la sua tensione in qualsiasi modo ma io non riesco a eliminare Susan e la sua richiesta. Perché a questo punto a Susan le dico, sempre nervoso, che suo figlio non è obbligato a leggere, che arrivare a scegliere un libro secondo il suo peso e spessore è un'umiliazione per me, per lei e per suo figlio. 

Susan allora dà una risposta alla Susan: fosse per me, mio figlio potrebbe anche non leggere ma è obbligato dal professore. A questa risposta io mi dico di evitare Susan, di buttarla giù come si fa nel gioco, di andare avanti che la vita è già scivolosa e che a me non deve interessare nulla di cosa è obbligato a fare o a non fare suo figlio. Mi dico queste cose stringendo i pugni e penso a qualcosa di intelligente da dire o che almeno abbia il sapore della saggezza  e della rivincita. Ma non lo posso fare, perchè Susan se n'è già andata senza salutare.

12 commenti:

  1. però almeno sai da chi prendono certi ragazzi.

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  2. Più che un libraio dovresti essere uno psicoterapeuta o, meglio, uno psichiatra. Non sono cose che si improvvisano e a questo punto capisco il tuo disagio cronico... :-)

    (Che medicine prende?
    Guardi, sono delle pastiglie rosa, in una scatola azzurra. Ne prendo una al giorno, al mattino.
    Ma per cosa sono?
    Ah! Non so, me le diede tempo fa un dottore...
    Quale dottore?
    Era un uomo alto, con la barba bianca...
    [continuare ad libitum in surrealis mode :-) ])

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  3. Ah ah ah! Troppo forte in nostro libraio!
    Questo post si allinea perfettemante allo stato d'animo (consumato) in cui mi sono ritrovata ieri (Lunedi) e che mi accompagnera' per tutta la settimana (Sabato). Tutta colpa di...indovina di chi? Donna-capelli lunghi-mora-occhi azzurri-cervello piccolo.... Hai indovinato?!

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  4. Grazie della comprensione. In un negozio del genere serve molta pazienza. Tutto qua.

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  5. Hai vinto una settimana di ferie, ma non puoi uscire di casa, non barare.

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  6. Scusami l'OT, ma il libro "se non ora quando?" è presente in bella evidenza in questi giorni nella tua libreria?

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  7. Ovviamente no. Bisognerebbe fare una capatina alla Feltrinelli, dove sono un poco più attenti al sociale.

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  8. No, il centro comerciale non è fatto per attirare qualcuno, ma per allontanare qualcun altro. Il che significa che lei, libraio credo per scelta, gode di un privilegio raro: di non incontrare le mezze seghe delle librerie del centro: si salverà quindi dalle erre moscie, dalle citazioni di titoli in inglese 'che non ricordo quello in italiano', dalla richiesta di libri estinti da secoli solo perchè fa figo avere in libreria, o sottobraccio, libri morti di autori fortunatamente defunti. Ai vantaggi si aggiungano poi le opportunità, prima di tutte quella di riempire di contenuti i libri descritti dalla sola copertina gialla. Perchè nessuno compra un libro per una copertina, su, non faccia lo sfizioso anche lei. Poi, ahinoi, tutti i lavori hanno i pro e i contro e si figuri che il mio, che sono gastroenterologo, ha dei contro che non le dico e i pro, di solito, sono veramente puzzolenti.
    Insista, quindi, che il terreno, così ben concimato, sembra proprio un terreno fertile.

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  9. Sulla clientela di certe librerie scriverò presto qualcosa, non dubiti. In quanto al terreno fertile non se che dirle. Per il momento si ha a che fare solo con deiezioni.

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  10. Non sia pessimista, lei che probabilmente è giovane. Evada dallo scetticismo, questa sarà la sua di deiezione - termine desueto alquanto, seppur dalle ricche e attuali assonanze -.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)