mercoledì 15 giugno 2011

la logica del recinto

di lo Scorfano

Mi tengo in mente, portandomelo dietro da diversi giorni come se fosse un punto interrogativo, questo numero: 49. Che non è il numero di un quorum non raggiunto (per fortuna), ma la percentuale degli studenti che, conclusa quest’anno la terza media, si iscriveranno in uno dei sei indirizzi liceali della scuola superiore italiana: 49 per cento del totale degli studenti italiani. Cioè, tantissimi, in rapida e continua crescita, cioè sempre di più, cioè tutti liceali.

È un numero che mi lascia molto perplesso, vi dico la verità; un numero che indica una strada che è stata definitivamente intrapresa dalle famiglie italiane, ma che è in contraddizione con la realtà: perché il paese ha più bisogno di bravi tecnici che di mediocri laureati in discipline umanistiche o simili. Perché è più facile trovare lavoro con un buon diploma di istituto tecnico che con una pessima laurea; perché le scelte liceali sono spesso subite dai ragazzi, frutto di ambizioni familiari più che personali, e determinano poi un percorso scolastico difficile, a volte mortificante per l’alunno stesso, sovente del tutto inutile.

Non mi piace questo numero 49: non mi piace per ragioni oggettivamente statistiche, ma anche per più semplici motivi personali, dettati da quello che vedo tutti i giorni.      
          Lavoro in un istituto comprensivo, dove siamo in tanti: studenti di liceo, ma anche studenti di istituto tecnico e di corsi professionali regionali e nazionali. E quello che vedo (o che almeno mi pare di vedere) è una scelta liceale dettata da motivi di censo, addirittura di etnia, più che da aspirazioni autentiche e genuine. Insomma, ai corsi professionali ci vanno i figli degli stranieri; le famiglie italiane lo sanno e per lo più non ci mandano i loro figli. Tutto qua. Non vale per tutti, assolutamente no: ma vale per tanti, troppi. Potrebbero iscriversi a una scuola tecnica, questi ragazzi; ma anche qui gli stranieri sono tanti. E allora «proviamo» con il liceo, si dicono i genitori: e mandano i figli al liceo. Figli che non hanno molta voglia di studiare, che poi si trovano male, che poi si lamentano, che hanno terrificanti crisi di panico (mai viste tante crisi di panico adolescenziali come quest’anno), e poi si lamentano anche i genitori, e poi si rischiano le umiliazioni e le bocciature a raffica.

Perché è stata fatta, a monte, la scelta sbagliata. Perché si è seguita la logica del «recinto»: mando mio figlio in un luogo che immagino più protetto e «perbene», dove non ci sono i figli degli «stranieri», e al suo futuro scolastico (e non solo) ci penserò un’altra volta (che è poi la stessa logica, quella del «recinto», per cui in tanti mandano invece i figli alle scuole private… anzi, «libere», scusate).

Insomma, questo 49 per cento è un numero che va corretto, al più presto: perché dettato da motivazioni quasi sempre extrascolastiche e sovente anche parecchio censurabili. E non è un caso, infatti, che le stesse famiglie che dichiarano di essere consapevoli che in Italia ci sia più bisogno di tecnici specializzati che di lavoratori intellettuali laureati in discipline umanistiche (o pseudo tali) siano poi quelle che iscrivono i figli al liceo, a prescindere dai talenti e dalle motivazioni. È una ben strana idea della felicità futura, questa.

Tra le tante direzioni da correggere nella scuola italiana, c’è anche questa quindi. E forse, diciamolo sottovoce per una volta, i tagli che la riforma Tremonti-Gelmini ha imposto ai tecnici, sforbiciate di ore che hanno messo a repentaglio indirizzi di studio già ben consolidati, azzeramento di discipline e riduzione fortissima delle lingue straniere, forse questi tagli feroci e un po’ accecati non hanno aiutato ad aumentare la forza di attrazione di questi corsi di studio. E anche questo è bene che non lo dimentichiamo.

11 commenti:

  1. Anche dalle mie parti (Sicilia, anche se vivo a Roma) il ragionamento era analogo, ma prescindeva dalla presenza di extra-comunitari.

    Scelta in merito all'istruzione: mio padre mi ha costretto a studiare ingegneria. Per tanti motivi, ma il principale era che lui, essendo geometra, non poteva firmare i progetti, per cui cercava un titolato in famiglia. Quindi io mi sono fatto un mazzo così perché lui potesse guadagnare di più (cosa che poi non è avvenuta per altri motivi).

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  2. per mettere un po' di carne al fuoco aggiungo che se diamo un'occhiata alle robe dell'OCSE (che vanno prese con le molle, insomma, con tutte le cautele del caso ed i limiti che ben conosciamo) scopriamo che la qualità degli Istituti Tecnici italiani è paragonabile, quasi coincidente, a quella dei Licei. Non è così per gli Istituti Professionali (o come si chiamano ora) men che meno per la secondaria di primo grado, il vero buco nero dell'istruzione italiana.

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  3. Io sono costretto a sperare che quella cifra aumenti, perché nel nostro sistema kafkiano di assunzione sono costretto a lavorare nei licei pur essendo stratitolato per lavorare in qualsiasi scuola secondaria.

    La nostra istruzione non ha luoghi di discussione e pianificazione per la semplice ragione che tutto è deciso al centro. E a Bari si dice che il pesce puzza dalla testa...

    uqbal

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  4. @peppe
    L'Italia ha una grandissima tradizione nell'istruzione tecnica. Tradizione buttata intenzionalmente (?) al vento negli ultimi 20 anni.

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  5. @uqbal
    Anch'io, da un punto di vista personalissimo, devo sperare che le iscrizioni allo scientifico aumentino: perché, con il taglio delle ore, verrò trasferito nel giro di un paio di anni, se gli iscritti non aumentano.
    E anch'io non potrò mai insegnare in una scuola tecnica, per gli stessi motivi.

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  6. lo so bene, perché spessissimo, quando ho IIImedie, mi scontro con le aspettative dei genitori che, piuttosto che iscrivere il figlio a un tecnico (e da dove vengo io, chi esce bene dall'ITIS ha praticamente il lavoro servito su un piatto d'argento: vengono a cercarlo le aziende all'uscita dei quadri della maturità) optano per un liceo, magari più "facile", spesso privato.
    e poi, quando i figli oggettivamente non ce la fanno, addossano le colpe alla scarsa preparazione delle scuole medie...

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  7. poi magari finisce che i figli di stranieri trovano lavoro mentre i laureati italiani no e così se la prendono ancora di più con gli stranieri che vengono qui a rubarci il lavoro e allora non vogliono che i loro figli vadano nelle stesse scuole e li iscrivono al liceo dove gli stranieri sono pochi che vanno all'istituto tecnico e però così loro trovano lavoro, mentre gl'itagliani vanno all'università e si laureano e non trovano più lavoro e se la prendono ... (ad libitum, sfumando)

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  8. Poi finisce che sono gli stranieri a volere a tutti i costi mandare i figli al liceo e così gli italiani li mandano al professionale... Insomma, assomiglia più al gioco dell'oca che alla scuola. ;)

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  9. Quando mi è toccato scegliermi la cattedra ho scelto un tecnico dove si faceva una di quelle specializzazioni che la riforma ha estirpato, manco fossero erbacce. Facevamo nove ore di fisica in quarto e dieci in quinto, per dare un'idea :-) Per fare quella roba lì venivano anche ragazzi di buona famiglia, ovviamente, dato che a Roma ce n'erano solo due (una decina in tutta Italia, i numeri erano questi), che hanno praticamente tutto continuato a studiare o trovato lavoro nel giro di un anno. Molti nel settore di specializzazione.
    No, niente, volevo solo dire che era una bella specializzazione, di alto livello, ma i tagli sono tagli e non è sopravvissuta. Tutto qua.

    Quest'anno poi a Roma gli scientifici sono entrati in crisi per troppe iscrizioni. Già, perché nella scelta del liceo ormai l'unica discriminante sembra essere la voglia più o meno pronunciata di fare anche greco. Quindi, tutti allo scientifico...

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  10. mah. io continuo a credere che il liceo uno lo faccia non solo per trovare un lavoro ma anche per essere un uomo migliore: e la Storia, la Filosofia, Dante aiutano ad essere un buon ingegnere oltre che un bravo ingegnere

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  11. Chiaro che sì, Fisk: l'ho detto e ripetutto all'infinito quello che tu sostieni., Però bisogna anche (un po') esserci vocati, a certo tipo di studi. Altrimenti ocrri incontro all'insuccesso e alla frustrazione (e a studi universitari di cui non ti importa nulla, che è peggio): se la tua vocazione è quella di "evitare le professionali", ecco che invece cominciano i guai. Tuoi, che ti sei iscritto in un corso di studi che non fa per te, e di chi ti sta intorno, genitori, compagni di classe, insegnanti.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)