La poesia scelta per l’Analisi di testo dell’esame di maturità di oggi raggiunge, se non altro, un chiaro obiettivo: quello di mostrare a tutti quanto possano essere brutte le poesie di Ungaretti (lo sono, lo sono: sono poesie in gran parte proprio pessime).
Il testo Lucca, entrato molto tardivamente nella sua migliore raccolta, L’allegria, è un componimento prolisso, stanco e confuso; costruito su una insistita concidenza tra respiro metrico e respiro sintattico che, già al terzo o quarto verso, si rivela irrimediabilmente stucchevole e artificiosa. Inevitabile, quindi, che anche l’analisi di testo fosse assolutamente confusa e inutile. Talmente inutile da essere quasi banale, secondo me più semplice di un qualsiasi test dell’Invalsi proposto ai ragazzini di seconda; la più semplice che sia mai uscita a un esame di Stato.
Eppure, benché così facile, anche l’analisi si prestava a fraintendimenti clamorosi, soprattutto nel suo secondo quesito (quello sugli aggettivi): tanto che, a mio parere, pure Giorgio De Rienzo, l'esperto appositamente messo in campo dal Corriere, se l’è sbagliata in pieno. «Poveri studenti!» scrive lui; e «povero anche lui», dico io. Perché non rendersi conto che quasi la metà degli aggettivi del testo sono costituiti dal possessivo «mio» (i possessivi sono aggettivi, naturalmente) significa andare fuori strada fin da subito, parlare d’altro, perdere di vista il senso ultimo (e assai povero, peraltro) della poesia. È infatti sul quel «mio» così ribadito nei primi 13 versi («mia madre», «mia infanzia», «mie vene» «miei morti», «mio destino», «mia origine») che si costruisce il conclusivo (e in parte beffardo) «amore come una garanzia delle specie». Non capirlo significa non aver capito la poesia: il che, per l’«esperto», ne converrete, non è un gran bene.
Prof, capisco che Ungaretti non sia Dante, ma non sia così tranciante!
RispondiEliminaIo l'ho trovata deprimente da morire...
RispondiEliminauqbal
Egregio matematto, non fraintenda: io sono un appassionato di poesia del Novecento... E' che, arrivati a una certa età, bisogna pur cominciare a dire il vero.
RispondiElimina@uqbal
RispondiEliminaDeprimente la poesia, deprimente l'analisi, deprimente il commento dell'esperto, e sta anche cominciando a piovere.
Gozzano è sempre Gozzano, come lei sa. Però in questi tempi mi sa che Ungaretti sia meglio, proprio per questa sua tristezza totale globale.
RispondiEliminati dirò.
RispondiEliminanon conoscevo questa poesia e quel che più mi ha colpito (a parte la prolissità) è che la "sua" (sua di ungaretti) lucca che emerge dal testo è parecchio diversa da quella dei lucchesi. fosse andato a dire a un residente in centro storico suo coevo che "in queste mura non ci si sta che di passaggio", ci avrebbero pensato loro a cambiargli i connotati in modo che non ci si riconoscesse...
(che poi è come non conoscere l'origine del detto "meglio un morto in casa che un pisano alla porta" - vabbè, ho divagato, chiedo venia)
@.mau.
RispondiEliminaGozzano, ma anche Rebora, Montale, Saba, Moretti, Luzi, Sereni, Fortini, Caproni, Giudici... Io, personalmente, reputo tutti costoro (e senz'altro ne avrò dimenticato qualcuno) poeti migliori di Ungaretti.
@nonunacosaseria
RispondiEliminaNon è impossibile, ovviamente, che la Lucca ungarettiana sia solo una metafora: delle proprie radici, soprattutto (ed ecco spiegato il ritornare ossessivo dell'aggettivo possessivo "mio"); ma certo, anche in quanto metafora, quel verso di cui tu parli sembra molto pretestuoso.
Non son d'accordo sulla bruttura di Ungaretti in generale: a me non dispiace(benché anche io gli preferisca Montale e Rebora). Ma anche io penso che questa sia davvero una delle sue poesie più brutte... Insomma, grazie che mi hai preceduto nel merito.
RispondiEliminaSì, non è la miglior cosa di Ungaretti, anche se non mi dispiace. Difficile è pensare cosa dei diciottenni rampanti possano della visione ultima dell'amore come garanzia della specie, loro che con i loro amori mortali sono portati a lodare la vita.
RispondiEliminaHo una domanda all'esperto, che saresti tu, Scorfy; una cosa che già all'epoca del mio esame mi lasciava alquanto interdetta. Ma la domanda 2.6 e quella finale non chiedono la stessa cosa? O la 2.6 è un'indicazione procedurale per svolgere i quesiti precedenti? Grazie!
In teoria, il quesito 2.6 è un commento ampio sul testo, che evidentemente tenga conto dei rilievi fatti tra 2.1 e 2.5. Una sorta di bilancio interpretativo complessivo, diciamo così.
RispondiEliminaIl quesito 3 prevede invece, letteralmente, che si "parli d'altro": altri testi di Ungaretti, altre poesie che in qualche modo affrontino lo stesso tema o alcuni aspetti dello stesso tema, altro che chicchessia ritenga rilevante e a proposito. Non dirado le osservazioni migliori si trovano proprio in quest'ultimo punto.
Questo è quello che dico io ai miei studenti: se per caso è sbagliato nessuno è mai venuto a farmelo notare.
Ok, dovessi rifare la maturità, saprei come cavarmela! Grazie :-)
RispondiEliminaIo trovo quelle indicazioni un po' avvilenti: come se ad un bambino prendessi la mano per fargli disegnare i bordi...
RispondiEliminauqbal
è da molto che mi chiedo il perché della gran fama di ungaretti.
RispondiEliminae che rifletto sul danno che ha fatto convincendo sventurati e sprovveduti emuli che per far poesia bastasse andare a capo il più spesso possibile.
in fondo il nostro un controllo metrico ce l'aveva, anche se lo nascondeva.
"si sta come d'autunno
sugli alberi le foglie"
a voler guardar bene son due settenari.
gli emuli invece non sanno e non voglion sapere.
e fan male a se stessi e agli altri.
nick the old
Caro Nick,
RispondiEliminagrazie per questo tuo commento che mi ha dato un'idea per un altro post. Non ho finito di tormentarvi con Ungaretti, insomma. ;)
ma... ancora Ungaretti? dopo I fiumi del 98/99 e L'isola del 2005/2006? e basta!!!
RispondiEliminadal '98 ad oggi, 3 volte Ungaretti, 2 volte Montale, 2 volte Dante...
non esistono altri autori, per i saccentoni del Ministero?
Cercano autori noti, nella speranza che tutti li abbiano studiati, secondo me. Per quello poi scelgono testi improbabili.
RispondiEliminaio penso che il tanto malfamato ungaretti sia il piu' grande poeta del novecento e anche anche non capisco tanta avversione alla sua grande e innata poesia riconosciuta a livello mondiale da tutti i poeti moderni.saluti
RispondiEliminaio non c'entro col dibattito di ottobre...mi dite chi è quel poeta contemporaneo italiano pubblicato da einaudi che ha nei versi in copertina un accenno al fumo di sigaretta come traccia lasciata al nostro passaggio? non ricordo più...è importante, per me...
RispondiEliminaArabafelice