Poi nella mia vita è arrivato il pallonetto. Lo vidi fare al giocatore più bravo di tutti, Alan Shearer, una ventina di anni fa: lancio lunghissimo di un compagno sulla fascia destra, Alan che si prende la palla come se il suo piede fosse una calamita, metri di corsa, un passaggio, la palla che gli ritorna, un dribbling e, ho pensato in quel momento, adesso spara nell’angolino in basso a destra visto che il portiere è tutto a sinistra, adesso spiazza, adesso segna. Invece ecco un pallonetto, il piede che come una piuma va sotto il pallone, la palla che si alza, che scende e che va in rete. Alan Shearer ha segnato di pallonetto, facendo la cosa più difficile. Perché Alan era uno difficile, con la sua faccia da operaio. Perché Alan, a forza di cose difficili come i pallonetti, ha vinto pochissimo. Per due anni è stato miglior marcatore, ma sai che roba.
E allora, a un certo punto, ho cominciato a diventare un patito di questa cosa che potrebbe essere dritta e potente ma che invece si alza e inganna, e che certe volte entra in porta. Certe volte. Poi l’ho visto fare a Roberto Baggio e ad altri giocatori, il pallonetto. Ma mai così bene come quella volta, una ventina di anni fa, e vorrei tanto avere un’ immagine, un replay da farvi vedere. Alan Shearer quindi segnò così, scegliendo la via più complicata. Magari è una mia sensazione, magari sono io che voglio vederla così, ma la corsa di Alan è la corsa del giocatore che potrebbe fermarsi da un momento all’altro per stanchezza e sfiducia ma che poi invece va verso la rete. Alan è uno che invece di stoppare e tirare preferisce tirare, che chissà, magari succede qualcosa, magari va in rete e si festeggia come bambini. Ad esempio: lancio lungo di un centrocampista verso l’area, passaggio di testa del compagno e bum, tiro al volo di Alan che la butta dentro. E allora, ecco, hai visto che ho fatto bene a tirare subito e a non stoppare e a non dribblare? Hai visto?
Ma poi stando in campo e al mondo in questo modo, forse, si vince poco, si rimane indietro, si fa una fatica bestia. Belli i pallonetti, bello non stoppare la palla ma a cosa serve se poi non si è primi in classifica? Quante coppe abbiamo sul mobile a forza di fare palombelle e tiri al volo? Pochissime, se saremo fortunati. Nessuna, per il momento. Ma noi che amiamo fare pallonetti ci siamo scoperti così, un po’ maldestri, imprevedibili, con la faccia da operai a fine turno. Quando possiamo stoppare tiriamo, quando possiamo spiazzare facciamo pallonetti. La gente, a forza di fare gli scemi per non andare in guerra, ci sta distante, ci evita, finge di non conoscerci. E allora finisce che come Alan ce ne stiamo a contare petali per quasi una vita nella stessa squadra, anni nel Newcastle, con la maglia da quasi carcerati e la nostra faccia da proletari scontenti. Anzi, con la faccia sempre un po’ a disagio. Anni fa scrissi questa poesia, di due soli versi:
A noi, sempre un po’ a disagio,
piace segnare solo di pallonetto.
E un amico, che voi conoscete bene e che è il più Alan Shearer di tutti (per questo è mio amico, che pensate), mi disse dopo aver letto la poesia: “Potresti intitolare la tua raccolta di poesie Sempre un po’ a disagio. Che dici?”. Ma le mie poesie sono rimaste nel cassetto per anni, compresa questa. E, insomma, avete capito cosa, anni dopo, io e l’acquattato ne abbiamo fatto di quel titolo mancato. Lo sapete bene.
Post bellissimo. Premetto che io leggo spesso questo blog ma non commento quasi mai. Oggi lo faccio perché questa storia mi tocca da vicino. Vivo da quasi un anno a Newcastle, dove Shearer è considerato un mito. E devo dire che è vero, Newcastle e i dintorni sono in un certo senso la patria dei cosiddetti disagiati. Non so se interpreto male il senso del post, ma qui si sente nell'aria un'amarezza latente, un senso di disagio.
RispondiEliminaP. S.: Un mio amico, di queste parti, concorda con me.
Lolo
Grazie per il complimento.
RispondiEliminaL'amarezza non c'è, giuro. C'è invece il disagio di cui si parlava nel post. Quello che nasce dal guardare le cose da un'altra prospettiva. Il nome del blog, poi, parla chiarissimo.
In realtà non intendevo dire che ho notato dell'amarezza nel post. Anzi. Mi sono spiegato male: l'amarezza è quella che si sente a Newcastle.
RispondiEliminaGrazie ancora.
Lolo
Quei due versi sono pieni di sentimento...e "il sentimento" cioè le emozioni non va soffocato ma aiutato a respirare per far si chè arrivi dentro le anime degli altri...
RispondiEliminaComplimenti di vero cuoer mi piace Alan ma Diego è il "non plus ultra".
@Lolo
RispondiEliminaScusa, non avevo capito il "qui". Parlando di Shearer si vede che, per puro caso, sono riuscito a parlare di una città e dei suoi abitanti. Un giorno o l'altro una visita a questa città dovrò farla.
@miniello
Diego era bravino, lo ammetto ;)
Disagiato, grazie di cuore. Hai spiegato come mi sento, nelle ultime settimane, molto meglio di quanto avrei mai potuto fare io.
RispondiEliminaGuarda, detto da te (scusami il tu) è una cosa che mi rende questa strana serata di giugno una serata bellissima. Sono davvero felice che ti sia piaciuto questo post (un post che per vari motivi mi ha fatto soffrire).
RispondiEliminaTi dico solo una cosa: più che un post per me è stata una seduta di psicanalisi. E mi sono anche preso la libertà di usarlo per il mio ultimo post (in genere chiedo il permesso, ma questa volta era troppo grossa per poter sopportare una risposta negativa).
RispondiEliminaE comunque quel gol lì solo uno con le palle che fumano poteva segnarlo: chiaro che poi sta antipatico a tutti, no?
PS Perché dovrei scusarti il tu? Mi sarei offeso se mi avessi dato del lei! :)
Beh, grazie ancora. Tu.
RispondiEliminaGià... nessuna coppa, per il momento.
RispondiEliminaGrazie Disagiato per il post... traspare quella sofferenza che dici.