È uno degli ultimi giorni di scuola, forse giovedì o venerdì: io sono nel cortile, nell’intervallo, e approfitto del poco sole per fare due passi e fumare una sigaretta. Davanti a me ci sono due ragazzine, di quindici o sedici anni, che vanno verso la palestra. Si affaccia un ragazzo da una finestra della sua classe: è un ragazzo di origine maghrebina, potrebbe essere marocchino o tunisino; lo chiameremo Ismail.
Dunque, Ismail si affaccia e grida qualcosa a una delle due ragazze che camminano davanti a me. La ragazza invocata non si gira, lui insiste a chiamarla, usando un’espressione del tipo: «Ehi, tu, con la maglietta verde!». Alla fine lei si gira. «Sei molto carina!» le urla lui dalla finestra; lei sorride, mentre finge di volerlo zittire. Lui non molla: «Come ti chiami?» «Monica» dice lei a questo punto. «E di cognome?» chiede lui; e lei risponde. Quindi lui, senza essere stato interrogato, sempre dalla finestra, urla: «Io mi chiamo Ismail».
Io, che mi sto godendo la scena, mi aspetto che a questo punto Ismail scenda in cortile, che venga a bloccarla prima che lei entri in palestra, che le chieda un numero di telefono o qualcosa: insomma, mi aspetto che l’approccio continui così come, secondo me, si deve.
Invece Ismail, pago di aver saputo il nome (e il cognome) della ragazzina, le urla soltanto: «Guarda che oggi pomeriggio ti chiedo l’amicizia su facebook!» E poi rientra dentro la sua aula, mentre lei gongolante si avvia verso la palestra. E con questo si chiude la storia.
* * *
L’altra sera, poi, ero fuori con alcuni amici miei coetanei e ho raccontato questo episodio. L’ho fatto perché mi aveva colpito il passagio dalla realtà «reale» a quella «virtuale», che io avevo sempre pensato al contrario: ti conosco tramite facebook, poi tento una specie di approccio, a questo punto sono pronto a incontrarti anche di persona: così me l’ero sempre immaginato io. E mi ha molto stupito che Ismail, sedicenne, abbia prima tentato un approccio sfacciato, che io non sarei mai stato capace di tentare, né alla sua età né alla mia; e poi sia tornato al «virtuale», a facebook. Prima la cosa più difficlile, poi quella più facile, secondo me.
Ma la discussione con i miei amici ha subito preso un’altra piega: perché loro, in gran parte, hanno cominciato a dire che questa è un’altra forma di povertà sentimentale a cui sono condannate le nuove generazioni. Perché un tempo ci si chiudeva in camera a scrivere lettere d’amore; perché qualcuno (uno a caso) passava ore a creare compilation musicali sulle audiocassette, studiate apposta per raccontare di sé nel più seduttivo dei modi possibili; perché c’era questo «tempo lungo» che agiva, che determinava una «complessità» (questa era la parola più usata), la quale complessità finiva per essere comprensione di sé, del proprio sentire e del proprio, eventualmente, amare; e quindi era una vera educazione sentimentale, che adesso non c’è più, inghiottita da questa comodità (altra parola usatissima) «virtuale» dei rapporti.
Io li ascoltavo e mi stavo anche lasciando convincere. Poi, a un certo punto, ho pensato che no. Che sì, lo so, lo so bene che i modi incidono sui fatti e che spesso i fatti (un approccio, in questo caso) sono ben condizionati e mutati dai modi, comodità compresa (facebook, in questo caso); ma mi pare che alla fine dei conti la sostanza non cambi. Forse Ismail e Monica si scambieranno video stupidi su facebook; si scriveranno messaggi pieni di k e di cmq; forse lei manderà a lui la foto di un gattino e lui farà finta di intenerirsi. Ma in conclusione si dovranno pur incontrare. Dovranno pur decidere che «oggi pomeriggio ci vediamo al lago e facciamo il bagno insieme». E a quel punto tutto sarà esattamente come prima, come ai tempi delle lettere d’amore e delle audiocassette compilate con il sudore della fronte e dei nastri tdk.
E che magari è bello e divertente parlare di come l’amore ai tempi di facebook sia diventato tutta un’altra cosa, più brutta o più bella a seconda di chi parla; ma, per quanto divertente o bello, è anche falso e inutile. Perché poi le cose restano sempre uguali: e la luna che guardava Omero è la stessa che guardiamo noi; con le stesse domande e la stessa assenza di risposte; e che il brivido di Francesca da Rimini davanti a Paolo potrà essere lo stesso brivido (chissà) di Ismail davanti a Monica, niente di meno né di più. Cambia solo il tramite: Galeotto sarà facebook, in questo caso. Ma, a ben vedere, la complessità resta la stessa, nessuna novità, tutto come prima. E i nativi digitali si innamoreranno (se si innamoreranno) esattamente come facevano i nativi analogici e anche i nativi medievali: e che non c’è niente da aggiungere a quello che c’è sempre stato. E forse, alla fin fine, varrebbe proprio la pena di smetterla anche solo di parlarne, una buona volta.
(Anzi no: c’è una cosa che qualcuno, passando di qui, vorrebbe senz’altro aggiungere, già me lo immagino. Una cosa che nessuno dei miei amici (perché sono io che me li scelgo, i miei amici) ha detto né pensato di dire. Allora la aggiungo io, così anche il commentatore anonimo casuale si può mettere il cuore in pace e stiamo tutti più tranquilli. Questa cosa: «Ma cosa vogliono questi marocchini, che vengono qui e si prendono le nostre donne?» Ecco, detto questo, possiamo stare davvero sereni: che tutto è come ai tempi di Omero, anzi come prima di Omero: che siamo sempre quelli della preistoria e, se non viviamo più nelle grotte, è solo un caso.)
"Perché poi le cose restano sempre uguali"
RispondiEliminaEcco, lo credo anche io.
E poi brontolare e parlare sempre male delle novità è caratteristica peculiare dei vecchi. Ed io sono in un periodo di vecchio-fobia.
variabile
Piccolo appunto tennico: non è che FB sia il massimo, per gli abbordaggi alla cieca, dato che devi sapere il nome e il cognome della persona, e saperla distinguere fra gli omonimi (in questo, erano meglio Netlog, o Studiln).
RispondiEliminaSolitamente non "ci si conosce tramite facebook". Ci si conosce (magari di sfuggita a una festa), si diventa amici su FB, ci si corteggia mandandosi poke e gattini insulsi, "likeando" qualsiasi cosa l'altro scriva, e poi si passa alla fase "in presenza".
E vuoi sapere una cosa? Non sarà il massimo, ma ha una sua praticità. Perché in questo modo puoi scoprire subito se l'altro ha qualche caratteristica che proprio non ti piace, e che magari avresti scoperto solo al secondo o al terzo incontro (ad esempio, potrebbe essere iscritto al gruppo dei fan di Berlusconi).
Certo, le lettere d'amore, le compilation sono romantiche. Ma insomma, forse grazie a FB una compilation la azzecchi meglio, no?
@variabile
RispondiEliminaAbbastanza, anch'io.
@Ipazia
RispondiEliminaChe, alla fin fine, è più o meno quello che penso e che ho scritto io (fatta la tara del mio assoluto digiuno di facebook).
Sono d'accordo con Ipazia. E' sicuramente meglio conoscersi un po', prima di andare oltre, attraverso uno strumento come FB (o con gli SMS o le lettere).
RispondiEliminaMa ci sono dei "ciononostante". Di cui ho scritto qui.
Non appena hai scritto "E di cognome?" la mia mente subito ha pensato a facebook, perché è così. Se non hai la più pallida idea di chi sia una ragazza, è strettamente necessario che tu prima ottenga il nome (e il cognome..) in qualche modo: esistono le vie traverse ed esiste la via diretta. Per come la vedo io, facebook è una vera e propria piattaforma, in tutti i sensi.. Come il campo base dell'Everest o il traguardo garantito al "milionario". Sei come indotto a pensare che da lì non ti smuovi, puoi solo salire o migliorare, che comunque "su facebook ce l'hai" ed è già qualcosa. Ismal avrà sicuramente tirato un sospiro di sollievo rientrato dalla finestra, avrà pensato che la prima tappa era raggiunta. Facebook è solo uno specchio della realtà: un link sbagliato può rovinare come una parola sbagliata, una foto indecente lo è come una scena indecente e un'amicizia di troppo lo è come nella realtà. In ogni caso specchio è e specchio rimane.. e chi vuol vivere negli specchi poi rischia di rimanerci intrappolato per sempre.
RispondiEliminaM.Z.
Certo che Omero sulle donne rubate dagli stranieri (effemminati, ovvio) è il primo riferimento bibliografico, in effetti!
RispondiEliminaFr (uqbal)
@M.Z.
RispondiEliminaIl tuo commento, chiaramente da frequentatore di facebook, mi piace molto perché mette in evidenza le similitudini ma anche alcune differenze. Ecco, forse il vero guaio di quella discussione dell'altra sera era che è stata fatta da persone nessuna delle quali ha un account facebook...
In palestra da me c'è un ragazzo che fa il buttafuori, e mi diceva che i ggiovani oggi in discoteca chiedono il nome alla tipa, estraggono lo smartphone, la cercano su FB e poi le vanno a chiedere se è lei quella che hanno trovato, mostrando loro lo schermo del telefono.
RispondiEliminaSono geniali...
I ragazzi oggi hanno molti vantaggi in più, sembra banale ma vuoi mettere chiamare una ragazza ed essere sicuro che sarà lei che risponderà al suo cellulare, piuttosto che chiamare a casa e dover passare attraverso il filtro dei genitori o fratelli maggiori?
RispondiElimina@Tommy
RispondiEliminaBenché, lo dico con franchezza, sia un tipo di genialità che non comprendo...
@plus1
RispondiEliminaSi vede che io e te abbiamo un po' di passato in comune: perché quello che tu hai scritto è quello che io penso da anni con invidia...
(per i distratti: io e plus1gmt ci siamo trovati sul web tre mesi fa; poi c'è stato uno scambio rapido di mail da cui abbiamo capito che eravamo compagni di scuola al liceo e anche molto amici: ma quando abbiamo cominciato a seguire l'uno il blog dell'altro non lo sapevamo)
scorfano: ero sarcastico :-)
RispondiEliminacomunque beati che voi che almeno, dopo infinite peripezie, riuscivate a conquistare le donne. Io nemmeno quello (a prescindere dal metodo usato).
sorrido, come può sorridere una che guarda il tizio che sta seduto al pc nell'altra stanza e sa di averlo conosciuto tramite blog... :)
RispondiEliminaAh però! Qui vengono fuori interessanti spunti di gossip...
RispondiEliminama scusa, non lo sapevi? :PPP
RispondiEliminaleggi qui:
http://varienoneventuali.splinder.com/post/22530524/perdono-perdono-perdono-con-agnizione
Quello me lo era perso o me lo ero dimenticato. Intuisco sia l'età...
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