Luciano Moggi non ha fatto la galera, o per lo meno non l’ha fatta come la si intende solitamente (per lungo tempo e vestito da carcerato). E a me, che un po’ amo il calcio, questo non dà fastidio. Non dà fastidio perché non conosco le carte processuali, perché magari per davvero Luciano Moggi non ha tutte le colpe che gli sono state buttate addosso e perché, secondo me, la prigione è la condanna meno significativa e costruttiva per uno come Luciano Moggi. Che era, ed è, uno che ficcava il naso dappertutto, che era uno che sulla piazza si arricchiva prima di tutti gli altri e che era uno che, detto terra terra, vinceva e faceva vincere senza sudare. Bastava guardarlo in faccia. Però di gente così, che basta guardarla in faccia, ce n’è tanta al mondo. Un giorno, se fate un salto nel centro commerciale dove lavoro io, vi indico un paio di facce alla Moggi. Sono i titolari di alcuni negozi che circondano la libreria e che noi commessi sappiamo aver influenzato il direttore del centro commerciale circa gli orari di chiusura, circa la dislocazione dei negozi e circa i prodotti che il supermercato può o non può vendere (i libri si possono vendere i giornali no, facendo scontenti i pirla della libreria e contenti i brillanti dell’edicola). Di facce alla Moggi, al mondo, ce ne sono tante. Cosa volete farci?
Però qualcuno, dopo Calciopoli, doveva dire a Moggi di non farsi più vedere. Magari una fidanzata o una moglie che gli diceva: “Adesso basta, cambia vita”; magari un direttore di giornale o un imprenditore televisivo che gli consigliava: “Non mi sembra il caso che tu scriva per un giornale o che tu faccia l’opinionista in tv”. Ecco, più che le multe e la prigione forse sarebbe servito questo allontanamento non temporaneo senza risentimento. Invece è successa una cosa strana ma poi non così strana. È successo che Moggi ha rilanciato. In psicoanalisi questo si chiama rimozione, nevrosi. Non abbiamo permesso a Moggi di soffrire, di fargli conoscere i propri sentimenti, di sentirsi emarginato. Non abbiamo dato peso a quello che di sbagliato ha fatto. Ho scoperto solo un anno fa che Moggi partecipa ad un programma calcistico che si intitola “Ieri, Moggi e domani” (c'è anche Pippo Franco, per chi non lo sapesse). Quando ho letto quel titolo nell’angolo in alto a destra dello schermo non ho pensato a Freud e alla nevrosi (non sono un intellettuale), ma ho pensato che mi stavano prendendo per il culo. Inoltre Moggi, che si è ributtato nella mischia, scrive per dei giornali e un po’ alla cazzo dà opinioni dove capita.
Non ho pensato a Freud e alla rimozione del dolore nemmeno quando un paio di giorni fa gli hanno permesso di parlare dello scandalo calcistico di questi giorni. Il Tg1 (mercoledì sera) ha permesso a Moggi di dire “che il calcio era e è pulito”. Altre dichiarazioni da uno che si comporta da vittima senza esserlo le potete trovare in rete. Però io, ripeto, non ce l’ho con Moggi ma ce l’ho con chi ha aperto ancora le porte all’ex dirigente. Ce l’ho con chi non ha permesso a Moggi di conoscere il proprio dolore. Rilanciare, si dice, e al mondo di persone che continuano a rilanciare invece di chiudersi in cameretta ad ascoltare gli Smiths e a pensare in silenzio al proprio dolore e ai propri sbagli ce n’è tanta. Berlusconi, ad esempio, è uno che rilancia in continuazione. Paolo Brosio è uno che, tramite i libri e la televisione, scrive al pubblico che lo stare in pubblico non gli ha permesso di pensare all’anima. Anni fa la mia ragazza mi disse che non mi amava più e che mi detestava, al che io gli risposi "voglio stare con te tutta la vita". Rilanciavo come un fesso.
Ecco, quello che mi dà fastidio è che noi abbiamo permesso a Luciano Moggi di farsi rivedere, di soffocare lo scandalo e il dolore. Perché quando gli scandali vengono soffocati e quando si mette sotto la sabbia il dolore sembra che nel mondo del calcio, in politica, in famiglia, nelle scuole non sia accaduto nulla. E allora, prima o poi, il dolore e i tic riaffiorano in superficie e accadono, ad esempio, nuove e torbide vicende calcistiche. Cosa abbiamo imparato da Calciopoli del 2006? Cosa ci ha fatto capire una figura inquietante come Luciano Moggi? Niente. Perché non siamo (scusatemi ancora per il "noi") stati capaci di soffrire abbastanza. Perché non abbiamo fatto nessun percorso, non ci siamo fatti domande. Abbiamo rimosso il dolore, continuiamo a rilanciare e, insomma, siamo nevrotici. Siamo gente che affida a Moggi (perseguitato dalla legge oltre che dai tifosi) un programma che si intitola “Ieri, Moggi e domani" e che, peggio ancora, ascolta le sue parole. Quindi poi non stupiamoci se le cose si ripetono all’infinito.
"Piaccia o non piaccia" il processo Vero di Napoli ( e le carte processuali) dimostrano che nell'anno 2006, gli Italiani sono stati presi in giro con l'aborto giuridico di farsopoli 2006. Oggi Voglimo la Veirtà "piaccia o non piaccia" a qualcuno....
RispondiEliminaTutto ciò vale anche per la politica (per la lotta alla mafia e alla criminalità) in questo Paese di smemorati menefreghisti.
RispondiEliminaCOMPLIMENTI PER L'ARTICOLO...
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