mercoledì 15 giugno 2011

La porta socchiusa

del Disagiato

Qualche giorno fa è venuta in libreria per fare delle fotocopie una commessa dell’erboristeria che sta lì vicino a noi. Era abbronzatissima, lo si vedeva anche da lontano, ma si vedeva anche chiaramente che aveva in volto una qualche scocciatura. “Sono tornata stanotte dalla Grecia e tornare a lavorare ti giuro che è un inferno.”, mi ha detto con rabbia. Allora, come fanno tutti i commessi banali del mondo nei tempi morti, ci siamo detti che viaggiare è bellissimo, che a volte non si vorrebbe tornare, che chi ce l’ha fatto fare e che sarebbe bello, questo ci siamo detto io e lei davanti a una fotocopiatrice, darsi una possibilità, ricominciare da capo, altrove, lontano da questo maledettissimo centro commerciale e solo per provare ad essere felici e magari diversi. Questi sono i discorsi che vanno per la maggiore tra i commessi che si ritrovano faccia a faccia per caso. 

Allora, per chiudere il discorso con un filo di speranza, le ho detto con faccia seria e convinta “Beh, io medito sempre la fuga, si può sempre scappare” e lei, prendendo le sue fotocopie con faccia seria e convinta, ha mosso la testa come a dire “Hai ragione”, “Vedrai che scapperemo lontano”.

E lo so che non è un bel segno, però io questa cosa di andarmene ce l’ho in testa da un paio di anni. Forse per mollare quello che qui non mi piace, forse per vedere e toccare quello che altrove mi piace, sta di fatto che io un posticino dove penso che sarei felice ce l’ho. Si chiama San José, in Andalusia, e per la precisione nella provincia di Almeria. Ci sono stato tre anni fa e sono stato benissimo. C’è il mare, c’è il caldo, non c’è il centro commerciale con i suoi clienti e c’è, più che altro, il ristorante più bello del mondo. Lo so che un ristorante non fa il posto, ma chiedete al commissario Montalbano come starebbe senza i piatti cucinati da Enzo. Provate a chiederglielo. Il ristorante è sul mare, a un metro dal mare, a un centimetro dal mare, il ristorante è il mare. Ora che ci penso ho una fotografia da farvi vedere e che scattai proprio tre anni fa:


Ecco, per quattro sere ho mangiato in questo ristorante. Ed ero contento, contentissimo. Allora quando io e la commessa ci siamo detti quelle cose ho pensato a San José, al ristorante e al mare che sta di fronte al ristorante. E quando sono tornato a casa, quel giorno, sono andato subito in rete a scovare altre fotografie di San Josè, informazioni, dettagli, aneddoti e altre angolazioni. Sono andato a cercare anche un sito o un qualsiasi cosa che parlasse di quel ristorante sul mare ed è stato allora che è avvenuto il disinganno, che un bastone si è messo tra le ruote. Insomma, sono capitato in un sito di un’agenzia immobiliare di San José che, ancora adesso, vende quel ristorante. Accanto alla descrizione del locale ci sono foto di una terrazza vuota e triste (anche se il mare rimane bellissimo), senza sedie e tavolini, foto di stanze nude e sporche, foto di un edificio abbandonato e poco curato. E allora i miei progetti si sono sgonfiati e la mia voglia di partire è rimasta senza destinazione.

Anche ieri la commessa è entrata in negozio, meno abbronzata e meno arrabbiata, e dopo avermi raccontato della sua erboristeria mi ha detto: “Comunque tengo in mente quello che mi hai detto l’altra volta”. E io, a quelle parole, a quei progetti di fuga, volevo risponderle che le cose stanno diversamente, forse. Volevo dirle che nessun posto è affidabile, che dappertutto si è provvisori e che anche un ristorantino sul mare può tradire. “Teniamoci stretti questo ruolo di commessi”, volevo dirle mentre ripensavo a quel ristorante ora vuoto e triste, e a San José che chissà rispetto a qualche anno fa come è cambiata. 

Invece me ne sono stato zitto, ho mosso solo la testa per mantenere vive le parole che ci siamo detti qualche giorno fa e l’ho lasciata andare facendole credere che ancora sono suo complice. Quasiasi cosa accada o accadrà. Qualsiasi cosa pensa o penserà. Perché i commessi che stanno dentro luoghi senza finestre diventano esseri umani raffinati nell’arte del fantasticare. Sono uomini e donne che hanno bisogno di vedere la porta socchiusa, anzi, un po' più aperta, quanto basta per sapere che si può uscire. Come bambini hanno bisogno di una lucina per la notte, di sentire, mentre cercano il sonno, che di là in sala c’è qualcuno che guarda la tv o che ride. Altrimenti non dormono, i commessi.

13 commenti:

  1. «Non troverai altro luogo non troverai altro mare. / La città ti verrà dietro. Andrai vagando / per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere. / Imbiancherai in queste stesse case. sempre / farai capo a questa città. Altrove, non sperare, / non c’è nave, non c’è strada per te. / Perché sciupando la tua vita in questo angolo discreto / tu l’hai sciupata su tutta la terra.» Scusami, volevo solo essere un po’ pesante, anche stamattina, visto che la scuola è finita e non ho più studenti costretti ad ascoltarmi…

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  2. Invece mi piacciono tanto questi versi di Kavafis. Davvero belli.

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  3. "Io ci ho provato. E' inutile cambiare città per ricominciare da capo"

    Non trovo l'esatta citazione da "Fiesta" di Hemingway, perdonatemi.

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  4. "un poster che qualcuno ha già scarabocchiato dice "Vieni in Tunisia: c'è un mare di velluto ed una palma e tu che sogni di fuggire via, di andare lontano, lontano". Mi sfugge lo scrittore di questo passaggio, secondo me i 3 commentatori qui sopra posso essere utili :-)

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  5. @SpeakerMuto
    Citazione azzeccatissima.

    @PluS
    Dovrebbe essere Baglioni. A meno che Baglioni non abbia scippato la frase a qualcun altro.

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  6. Io ho in mente (e in un sacco di fotografie) il Faro delle isole Tremiti, per me il posto più bello del mondo.

    Poi magari adesso è in vendita, o è diventato una seconda casa, o non è più come l'ho in mente io.

    Pazienza, andrò a cercarmi un posto migliore da tenere in mente e su cui fantasticare.

    E' la ricerca, la mia lucina per la notte.

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  7. Oppure siamo noi che siamo cambiati e che ci siamo giustamente venduti alla normalità e al trito quotidiano. Vabbè, filosofia fiacca la mia.

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  8. E invece io quella di poesia di Kavafis a scuola non la prendo proprio in considerazione. Al limite Itaca o altre piene di languore tardoantico.

    La vita è una coperta di san martino, piuttosto.

    Questa è già meglio (ed è sputtanatissima da almeno 30 anni, a dirla tutta), anche se ha dei margini d'ambiguità:

    « Il più bello dei mari / è quello che non navigammo. / Il più bello dei nostri figli / non è ancora cresciuto. / I più belli dei nostri giorni / non li abbiamo ancora vissuti. / E quello / che vorrei dirti di più bello / non te l'ho ancora detto »

    E poi c'è sempre

    "Per giungere arditamente là dove nessun uomo è mai stato prima".

    fr (uqbal)

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  9. Ecco: dopo la poesia dello Scorfano sto' molto meglio. Non aspettatemi per cena, vado a morire altrove.

    Bella "la mia lucina per la notte e' la ricerca", condivido appieno.

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  10. Ma come le dici di partire insieme, lei dice di si poi te lo riconferma, e tu lasci perdere?
    Perché gli ha dato la tantara allora?

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  11. io ci posso mettere un barattolo di marmellata

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  12. io al posto tuo penserei di comprarlo quel meraviglioso ristorante sul mare. E farne luogo di sogno per altri turisti.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)