lunedì 26 settembre 2011

Con un bar, però

del Disagiato

Tre anni fa una conoscente, Chiara, decise di aprire una libreria in città. “Buona idea”, le dissi quando la conoscente capitò in libreria da me per descrivermi il progetto. Però, ad essere sinceri, non era una buona idea. Il suo progetto prevedeva infatti di aprire la libreria quasi nel centro di Brescia, dove ci sono università e studenti e dove ci sono, quindi, altre librerie. Molte librerie, anzi. Chiara scelse così di appoggiarsi all'entusiasmo educato di chi, come me, le aveva detto “Buona idea”. Eravamo in molti, scommetto, ad averla spinta in quella direzione. Sta di fatto che la libreria, dopo qualche mese, venne inaugurata e sta di fatto, come era prevedibile, che dopo qualche mese le cose si misero male. Perché? Perché nei paraggi c’erano troppe librerie. Non era stata una buona idea, quindi, e dovevamo sospettarlo. Anzi, mentre muovevamo la lingua per incoraggiarla, nella nostra testa già percepivamo un fallimento. Gli amici spesso sono così, dicono le cose sbagliate pur di farti felice e di non guastare l’umore a nessuno. E si finisce per assistere a molti fallimenti.

Insomma, dopo qualche mese Chiara si è ripresentata da me, in negozio, e mi ha detto: “Siccome la libreria non decolla, ho deciso una cosa”. E quando mi ha detto così, e quando ho sentito “libreria” e “ho deciso”, mi sono ripromesso di andarci cauto, di essere sincero. “Ho deciso di aprire nella libreria un bar”. E a me non è sembrata una buona idea. E a me, per chissà quale stupido pregiudizio, questa cosa della libreria e del bar mi ha innervosito. O apri una libreria, e ti ci dedichi anima e corpo, o vendi caffè (e ti ci dedichi anima e corpo). Perché mescolare le cose? Come si possono associare le due cose? E allora me ne sono stato zitto, ho annuito e ho taciuto le mie perplessità giustificate da soli pregiudizi e rancori interiori: o i caffè o i libri. Le due cose non possono andare insieme.

Però a Milano le librerie con i bar funzionano. Anche a New York, mi dicono quelli che a differenza di me si sono sprovincializzati, tutti i negozi hanno un bar. La gente si rilassa, beve un caffè leggendo un libro o guardando le scarpe lucide appena acquistate e i soldi cominciano a girare. E anche una mia collega, per coincidenza, mi ha detto che non ne può più della libreria nella quale lavoriamo e che vorrebbe aprirne una tutta sua. Con il bar, però. “Così la gente viene e si siede”. E quando mi ha detto “la gente viene e si siede”, con la voce da palazzinaro newyorkese, le avrei dato un pugno in faccia. La gente viene e si siede e beve il caffè e compra il libro e poi si siede. Mah, non capisco. E sapete perché non capisco? Non lo so il perché. Questo discorso mi dà fastidio per colpa dello stesso pregiudizio di prima. O si vendono caffè o si vendono libri. Non vedo bene le due cose assieme.

Chiara, alla fine, ha aperto il bar e la libreria è finalmente decollata. Me lo ha detto lei (è venuta in libreria per dirmelo) e me lo hanno riferito amici in comune: “La libreria di Chiara va un sacco da quando ha aperto il bar. La gente va là e si siede”, mi ha detto un amico tempo fa. E vi posso confermare che è vero che la libreria funziona: la gente va là e si siede. Ogni volta che passo davanti alla libreria di Chiara vedo molta gente che è andata là e che si è seduta. Il bar è pieno. 

Qualche settimana fa Chiara ha tenuto la libreria aperta fino a mezzanotte per un evento chiamato “Birre del mondo”. A ogni tavolino corrispondeva una nazione e ad ogni nazione corrispondeva una birra. C’era tanta gente e quando sono passato davanti alla libreria ho salutato Chiara con un cenno della testa, sorridendo. E lei mi ha salutato con una mano ma senza sorridermi. Era troppo stanca per sorridere. Serviva birre ai tavolini, portava patatine e doveva pure tenere a bada un paio di ragazzi esuberanti. C’era tanta gente.

La porzione del locale dedicata alla libreria era deserta, naturalmente. Vicino ai classici, ai moderni e ai filosofi, non c’era anima viva. Erano tutti venuti lì per sedersi e riposarsi, in un ambiente caldo e rilassato, come solo le librerie sanno esserlo. C’era tanta gente, questo è l’importante.

22 commenti:

  1. Sempre più bar, ogni giorno sempre di più.

    RispondiElimina
  2. L'angolo caffè è una coccola, la serata della birra è una schieramento.

    RispondiElimina
  3. Ti aspettavo Ste. Sarebbe una buona idea la coccola, ma recentemente mi sono accorto che la libreria con bar rischia di venir erosa dal bar, dalle birre, dalle degustazioni e da una clientela che poco ha a che fare con i libri (libri brutti o libri belli).

    RispondiElimina
  4. Sono d'accordo col tuo scetticismo (o dovrei dire disagio).
    Non ho mai capito perchè per bere un caffè dovrei andare in libreria e per comprare un libro dovrei andare al bar.

    RispondiElimina
  5. Perché oggi la libreria è considerata come un posto dove rilassarsi. Come fosse una sauna, una stanza per i massaggi. Ci si siede.

    RispondiElimina
  6. Il commercio e` fatto di minchiate. anche vendere libri e` commercio.

    comunque tendo ad essere un animo puro, come te.
    variabile

    RispondiElimina
  7. Anche qui a Roma, in zona centro storico, i bar sono presenti all'interno delle grandi librerie multi-piano.

    Solitamente il bar è al piano superiore, bisogna salire le scale per raggiungerlo.

    Il bar è alloggiato in uno spazio predisposto che difficilmente potrà invadere gli altri spazi circostanti colmi di colonne di libri.

    Forse in queste grandi famose (!) librerie multipiano hanno raggiunto un buon compromesso fra affari e purismo.

    E dire che nel centro di Roma le persone sono davvero alla ricerca di un'isola pacifica ove fuggire il rumore del traffico e del caos cittadino.

    E poi come non prevedere che passando davanti lo scaffale di passaggio (!) non si possa buttare l'occhio sul titolo o sulla copertina ammmiccante?

    Si prende in mano il volume, si leggono le poche righe sul retro di copertina e ci si lascia tentare all'acquisto.

    Le strade della provvidenza sono molte.

    Marco

    RispondiElimina
  8. Perché prima le hai detto buona idea se non pensavi lo fosse? Ed ora speriamo che lei non segua più i tuoi "non consigli"...
    Laura

    RispondiElimina
  9. Quoto Variabile (è anche la ragione per cui parlo impunemente al cellulare in libreria, nei limiti dell'educazione che applico ovunque).

    Poi dipende anche da come questa tua amica gestisce la cosa (ma parlo da ignorante): ci sono bar-librerie in cui invece di fare bevute di birra si fanno i mercoledì letterari, e quelli che vengono sfogliano anche i libri (così sentono di essere in un caffè letterario d'antan...).

    Uqbal

    RispondiElimina
  10. @Laura
    Perché spesso sono una persona superficiale (e guarda che non lo dico ironicamente).

    RispondiElimina
  11. Io invece sono (abbastanza) convinto che uno dei problemi che gli italiani hanno con i libri deriva dal fatto che i libri stanno nelle librerie e nelle biblioteche e relativi retaggi. Non conosco il tuo caso, ma ho un amico che ha aperto una libreria nella città di origine mia e del tuo socio che va alla grande grazie ad attività collaterali, in questo caso eventi culturali. Ora non so quanto abbia aumentato le vendite in percentuale, ma so che ha sbaragliato la concorrenza, in una cittadina in cui non ci sono grandi catene come quella in cui lavori tu. A Londra gli Ideastore sono stati un successo, ma lì il pubblico è diverso.

    RispondiElimina
  12. L'evento culturale lo comprendo benissimo, come comprendo la vendita di libri là dove esiste un circolo culturale. Quando invece si tratta di bar o ristorazione il rischio, come ho già fatto notare, è che il la libreria passi in secondo piano. Il caso della mia amica è rilevante? Magari il suo è un caso unico.

    RispondiElimina
  13. All'estero che conosco io, i bar e perfino i ristoranti esistono, dentro le librerie: ma sono bar e ristoranti grandi dentro librerie immense… se il bar è tanto tanto grande un quarto della libreria, la libreria se la mangia. Così credo io.

    RispondiElimina
  14. no, a me piacerebbe un bar/ristorantino in cui ci sono i libri, nel senso che ci sono ma non li vendo... uno viene, beve un caffè, legge due pagine, se gli piace se lo va a comprare... e metterei tutti i libri che piacciono a me, ovviamente :-))
    (e tanto tiramisu, ovviamente!)

    RispondiElimina
  15. Non so decidermi. Sono stata a lungo irremovibile sulle tue stesse posizioni, con le mie paure della commercializzazione a ogni costo, dello svilimento del valore culturale puro, e tante altre cose troppo lunghe e complesse da scrivere... Ma non sono più sicura che il mio atteggiamento fermo sia giusto; spero che tra i due estremi (negozio di libri e mercato-non-luogo in cui i libri se vogliono sopravvivere devono scendere a compromessi ed elemosinare visibilità tramite altro) possa esserci una via di mezzo, un luogo d'incontro per persone amanti della cultura, del confronto, del tempo di qualità, un luogo stimolante con attività e momenti per bambini, giovani, anziani, mamme... dove (perché no?) poter trovare un po' di ristoro dal mondo esterno. Magari anche concedendosi una pausa, una parentesi, davanti un caffé, un té o una cioccolata calda. Ma a me piacerebbe anche che fosse di legno, che l'angolo dei sapori fosse semplice e genuino, con torte fatte in casa, che sapesse del calore di un ambiente familiare piuttosto che di bar...
    E' il mio piano B per il mio futuro (mi dirai, con sincerità, che non è una buona idea... per me è solo un sogno, per ora). Ne ho anche conosciuti di simili nella mia città, erano dei caffé letterari, meravigliosi, bei momenti... ma hanno chiuso... Insomma, la società di oggi non cerca questi posti. La gente la domenica esce di casa per chiudersi in un centro commerciale: potrebbero mai resistere a lungo oggi dei posti così?
    ohana

    RispondiElimina
  16. Può anche darsi che posti così, come li descrivi tu, riescano a conoscere un loro relativo successo. Però, e scusa se mi ripeto, temo che la libreria diventi in questo modo qualcos'altro rispetto al luogo riparato e silenzioso che conosciamo o abbiamo conosciuto. Questo non significa che sia meglio o peggio. Non sto facendo una considerazione di questo genere.

    RispondiElimina
  17. Ciao.
    Credo che i tuoi timori siano fondati, diventerebbe altro (e per me sarebbe un po' peggio, ma per me, magari non per un altro). L'ideale (banalmente) sarebbe una società dove ognuno possa trovare la libreria in cui si senta a proprio agio.
    'notte,
    ohana

    RispondiElimina
  18. Mi è sempre piaciuta l'idea di un posto accogliente, silenzioso, come una libreria o una bibblioteca associata a un bar x leggermi un libro in tranquillità con una tazza di caffè fumante, e nello stesso tempo vedere gente.
    Magari eviterei proprio di sponsorizzare la serata della birra anzi la escluderei proprio (da astemia), ma una serata cioccolata fumante o altro...
    Ciao, Tizy
    ps: ci manchi!!!

    RispondiElimina
  19. A me piacciono, molto. E azzardo anche una riflessione socio-geografica.
    Chissà perché una cosa che in tutta l'Inghilterra, ma anche in Francia, esiste e non ha nemmeno bisogno di resistere in Italia viene spesso guardata con sospetto. Eppure che ne sono oramai di famose anche qui. La prima (o quasi) a Urbino, poi Venezia, ovviamente Roma e credo oramai qualche cosa pure a Milano e Torino. Una storica ha aperto anche, tanti anni fa, nella piccola città. Funziona. Sia come caffè, sia come libreria. Funziona perché sono due ambienti entrambi belli ed entrambi integrati, che ricordano che leggere, come ciò che pertiene al gusto, è godimento. Che è forse quello che sono riusciti a mantenere vivo nel resto d'Europa, e quindi i dati di chi legge sono assai più alti, senza il bisogno dei calmieri finto-aiutanti sugli sconti che fanno qui...

    RispondiElimina

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)