giovedì 29 settembre 2011

I bambini in libreria

del Disagiato

A partire da ottobre (da parecchi anni) la casa editrice che gestisce la libreria per la quale lavoro fa una cosa che a me non e mai piaciuta tanto: manda inviti e volantini nelle scuole. Spiego meglio. La libreria, la nostra, invita le classi elementari a passare un’oretta in compagnia del libraio. Cosa riceve in cambio ogni singolo alunno? Riceve subito un libricino e un buono del 15% da spendere sui libri che appartengono alla casa editrice che ha organizzato l’incontro. A me la cosa non piace perché non piace che un marchio entri nelle scuole e proponga a maestre e bambini come passare un’ora della loro vita e bla bla bla. Però questa cosa, che piaccia o meno, la si deve fare. E il libraio che deve tenere compagnia sono io, visto che tempo fa mi sono proposto di occuparmi di questa cosa. Le prime volte che mi sono incontrato con i bambini ho pensato a una lettura, ho messo al corrente la maestra e ho letto le pagine che c’erano da leggere. Ma poi ho pensato a qualcosa di molto più istruttivo e, diciamo, costruttivo.

Ho cominciato a spiegare loro come è organizzata la libreria: una libreria è divisa in reparti e ogni reparto ha delle mensole che reggono i libri tascabili e i libri rilegati. Allora, a questo punto, spiego cos’è un libro con la copertina dura (i rilegati) e cos’è un libro con la copertina morbida (i tascabili). Poi spiego, a questi bambini forse davvero troppo piccoli per capire nitidamente quello che sto dicendo, come è fatto un libro. Dico: “Quando venite con la vostra mamma in libreria fatele vedere che voi sapete leggere l’autore, il titolo e soprattutto quanto costa il libro”. Allora, detta questa cosa, mostro dove si trova il nome del signore, o della signora, che ha scritto il libro, dove si trova il nome del libro e dove si trova il prezzo del libro. “Sapete cos’è il prezzo di un libro?”, chiedo sempre, e a questa domanda c’è sempre un bambino che dice “il prezzo è i soldi che servono per il libro”. “Giusto”, dico io e allora mi piace fare un sorriso al bambino che ha detto questa cosa più che ovvia.


A volte, se le maestre sono simpatiche e cordiali (se ho capito che stanno dalla mia parte, insomma), mi spingo fino al ridicolo e chiedo: “Sapete perché vi spiego questa cosa?” (le teste dei bambini vanno a destra e a sinistra, a destra e a sinistra). “Vi spiego questa cose perché così potete fare quello che volete. Venite in libreria e voi sapete il titolo del libro, chi l’ha scritto e quanto costa”. Ecco, dico questa cosa, a volte. Poi aggiungo: “Se fate tutto da soli non serve disturbare il libraio” E la maestra, a questo punto, ride e prende giustamente a considerarmi un uomo ridicolo.

Ecco, ai bambini spiego questo, anche se so che presto dimenticheranno com’è fatta una libreria, com’è fatto un libro, cosa significa la parola “autore” e che cos’è quel codice in basso a sinistra dietro il libro. So che dimenticheranno, lo so bene. E so anche che mi sono reso ridicolo a parlare di cose che presto verranno dimenticate. Tutto perché loro possano essere indipendenti, diciamola così. “Cosa significa essere indipendenti?”, mi chiedo ogni volta che i bambini si mettono in fila per uscire dal negozio. E mentre cerco di darmi una risposta, sempre, tutte le volte, mi si avvicina un bambino e mi ringrazia a nome della classe e della maestra: “Grazie a nome di tutti”, dice e poi mi fa un bel sorriso. 

E sempre, tutte le volte, voglio pensare che essere indipendenti è sentirsi fragili davanti a quel sorriso lì, fatto in una stupida libreria di provincia, in piedi accanto a scaffali, mentre in banca un operatore automatico paga le mie bollette e sui mobili di casa si deposita polvere. E mi sento un po’ felice. Giusto qualche secondo.

15 commenti:

  1. Non lo so: cosa vorresti? Che fosse lo Stato ad occuparsi di insegnare ai bambini come relazionarsi con un libro? Pagarti da solo le bollette? Avere una colf che ti spolvera casa? :-)
    In realtà, la casa editrice propone alla scuola cosa fare. Si fa pubblicità? E' vero, ed è ovvio. Ma portare i bambini in una libreria mi sembra una pubblicità migliore di portare i bambini in un fast food dicendo che lì si trovano cibi sani e genuini, non so se mi spiego. E poi, cosa che un po' mi stupisce, la casa editrice non ti impone di vestirti come un folletto della Melevisione per leggere una storiella. Anzi, puoi decidere di spiegare ai bambini come ci si comporta nel negozio (cosa che non sembra che tutti i tuoi clienti sappiano fare) e anzi, li spingi implicitamente a chiedersi il prezzo delle cose. Sono forse ancora piccoli per averne un'idea precisa, ma intanto quello che potevi fare l'hai fatto. Alcuni forse lo dimenticheranno, ma penso che qualcuno qualcosa si ricorderà. Di sicuro, male non gli ha fatto.

    RispondiElimina
  2. Che tinnico, questo post! Sorrido anche io, per qualche istante!

    RispondiElimina
  3. Non mi sembra male e non è detto che la tua lezione venga dimenticata. In fin dei conti non li tratti da dementi ma mostri loro alcuni pannelli nella stanza dei bottoni. Il mondo degli adulti, insomma. I bambini a volte ricordano cose che a noi sembrano il paradigma della banalità. Tanto per usare la parola "paradigma".
    variabile

    RispondiElimina
  4. Ipazia
    Ovviamente di tutta la questione quello che lascia l'amaro in bocca è la bolletta da pagare :)
    Per una stupida educazione o per banale pregiudizio ogni volta che un marchio entra in una scuola pubblica mi viene un leggero brivido. Ma, ripeto, la mia è stata una stupida educazione. Per il resto io sono contento che hai scritto quello che hai scritto: mi sento meno ridicolo e un po' più giusto.

    RispondiElimina
  5. Tinni
    Volevo dirti che mentre lo scrivevo, ieri sera, ho pensato a te.

    RispondiElimina
  6. Variabile
    Ho scritto che i bambini presto dimenticheranno, però, e senza la pretesa di essere un docente, so che la rete buttata in mare qualcosina, magari, ha pigliato. O almeno ci spero.

    RispondiElimina
  7. Io ho insegnato a mia figlia a relazionarsi con i libri, e come comportarsi in libreria o in biblioteca (ovunque): con educazione.
    Lei ama (come me) il momento che ormai è diventato una liturgia del sabato pomeriggio in cui si entra nelle librerie del centro per dare un'occhiata e magari 'farsi trovare' da qualche titolo interessante, magari un po' defilato o nascosto, ma prezioso. E' una cosa che mi riempie di soddifazione e di gioia, soprattutto quando considero il paradosso: mia figlia è dislessica.

    RispondiElimina
  8. Complimenti caro Disagiato per come riesci a dare il tuo pezzetto di contributo (la rete nel mare) ai bambini che arrivano in gruppo con maestra al seguito.

    Rendere autonomi è cosa buona e giusta, operazione graduale che bisogna costruire con cura e attenzione.

    Marco

    RispondiElimina
  9. Grazie Marcolino (cinicamente sottolineo che mi pagano per fare tutto ciò).

    RispondiElimina
  10. Guarda che ha ragione Variabile.
    Può sembrare che dimentichino, ma intanto tu hai seminato qualcosa, stanne certo!
    E sono giuste anche le domande ovvie! Solo con quelle non ovvie si rischierebbe di allontanare i bimbi...
    ciao D.
    g

    RispondiElimina
  11. giovanna
    Allora do a Variabile un pizzico di credibilità ;)

    RispondiElimina
  12. A quell'età non dimenticano, sono i più grandi che forse sono interessati di meno. I bambini che hai incontrato tu si fidano di più di chi vuole insegnar loro a essere indipendenti rispetto a chi li tratta da bambolotti.

    RispondiElimina
  13. Guarda che i bambini sono come delle spugne... Imparano e apprendono tutto, e oso dire che apprendono di più da una persona che forse si è resa ridicola davanti alle loro maestre che da una persona seriosa che non sorride...
    Fregatene di quello che possono pensare gli altri, e concentrati sui bambini...

    RispondiElimina
  14. Scusa, ma i marchi entrano nella scuola pubblica ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Perlomeno in questo caso: a) si annunciano ("Ehi, sono un marchio, scuola pubblica, vieni, ti faccio vedere che sono fico"), dunque è più facile rendersene conto; b) fanno una cosa buona...!

    RispondiElimina

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)