lunedì 5 settembre 2011

la poesia più bella

di lo Scorfano

Oggi voglio dire che Totò Merùmeni è secondo me la più bella poesia di Guido Gozzano. Lo voglio dire perché è assolutamente vero, a mio parere, e anche perché Guido Gozzano è uno dei più grandi poeti italiani del Novecento e può darsi che non saperlo sia un guaio. E lo voglio dire oggi, perché oggi è ancora 2011, perché poi passeranno i giorni e rischierei davvero di dimenticarmene; mentre il 2011 è l'anno del centenario della raccolta I colloqui, che è la più bella raccolta di versi di Guido Gozzano e  una delle più belle raccolte di versi degli ultimi secoli della nostra letteratura, e contiene per l'appunto la poesia Totò Merùmeni. Ecco, l'ho detto.

Poi, per completezza, posso ammettere anche che Gozzano ha scritto poco purtroppo, troppo poco; e posso pure ammettere che non è un poeta che sia proprio universalmente noto e amato, lo so. Ed è un peccato che sia così: ma Guido Gozzano è un poeta molto adulto, che parla agli adulti (anche se aveva solo 28 anni quando pubblicò I colloqui) e invece lo si legge solo a scuola, quando si hanno 18 anni e si pensa a tutt'altro, e quindi è molto facile che non lo si capisca.

Poi, lo sappiamo tutti, usciti da scuola non si legge più poesia, di nessun tipo; magari capita che qualche poeta vada di moda per qualche stagione, come è successo a Auden, o a Neruda, o alla Szymborszka: e allora si leggono quelli e ci pare già abbastanza. 
   Ma il rischio che Gozzano vada di moda per un'estate non c'è proprio, bisogna ammettere anche questo. E quindi sono sicuro che presto Guido Gozzano sarà dimenticato, che rimarrà roba da pochi specialisti delle scienze inutili, che nessuno se ne ricorderà più. E infatti, da qualche tempo, succede che anche a scuola molti colleghi non lo leggono più ai ragazzi. Ed è un peccato, anche questo.

Perché Gozzano fu colui che davvero aprì il nostro Novecento letterario. Perché fu lui che prese la fasullissima mitologia poetica carducciana e dannunziana del poeta-vate e della «vita inimitabile» e le sgretolò in piccoli pezzi, rendendole inutilizzabili, con la forza lieve della sua caustica ironia: in pochi versi, poche poesie, giusto un paio di raccolte, prima di morire giovanissimo di tubercolosi. E senza Gozzano si capisce anche poco di Montale e senza Montale non si capisce nulla della poesia del Novecento, e senza poesia... be', senza poesia si sta benissimo lo stesso, ma magari si rischia di essere un po' più soli, è possibile.

E quindi, proprio oggi, voglio ripetere che Guido Gozzano fu un grandissimo poeta, che la raccolta I colloqui è uno dei pilastri della letteratura del Novecento, e che Totò Merùmeni è, di quella raccolta, la poesia che preferisco. Perché ci sono versi bellissimi, dentro quella poesia, come questi:
Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa,
molta cultura e gusto in opere d’inchiostro,
scarso cervello, scarsa morale, spaventosa
chiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro.
Con quella «chiaroveggenza» che dice tutto e che sa già tutto, di quello che verrà e che infatti è poi venuto. E poi c'è l'ultima strofa, e l'ultimo verso, che non riporto, perché bisogna arrivarci con calma, verso dopo verso, pausa dopo pausa, per forse magari poi capire. Capire che dopo quel finale nulla era più possibile che non fosse Novecento, modernità, poesia inutile, letteratura da rottamare. E su quei rottami, infatti, proprio su quelli, Montale costruirà la sua minima possibilità di riscatto, le sue improvvise «occasioni», quindici e trent'anni dopo, ma questa è già un'altra storia, che non ho tempo di scrivere.

Ma volevo scrivere oggi di Guido Gozzano perché ero in preda a una specie di urgenza, perché oggi nel bosco davanti alla mia casa ci sono tante farfalle, «cavolaie folli», che volano a coppia, perché ogni tanto bisogna anche avere  il coraggio di dichiarare i propri amori segreti e rischiare che nessuno li capisca. Non importa, insomma: ora che l'ho detto mi sento semplicemente un po' meglio; e forse anche Gozzano si sente leggermente meglio, può darsi. E magari anche Totò Merùmeni.

(e non vi fanno un po' pena i miei alunni? no?)

19 commenti:

  1. epperò la poesia di Gozzano a prima vista non sembra poesia così magari chi la legge non se ne accorge :-) La quartina citata qua, se al posto di "tempo nostro" ci fosse stato "nostro tempo", sarebbe pura prosa; e la metrica è bella nascosta (io che sono ignorante avrei detto che i versi sono doppi settenari, ma ogni tanto l'accento sbiella...)

    Insomma, Gozzano potrebbe anche avere il suo quarto d'ora di notorietà nel 2016, se ci saremo ancora.

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  2. La metrica che va fuori giri è una delle caratteristiche che più amo di Gozzano: una distruzione vera, ben più duratura di quella ungarettiana, delle metriche tradizionali.
    Però c'è quell'enjambement "spaventosa / chiaroveggenza" che vale più di molte rime baciate...

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  3. Ungaretti spezzetta, mica distrugge :-)
    (e gli enjambement di Gozzano sono tutti favolosi, è come se dicesse "sì, la rima ce la metto perché si deve, ma fate finta che non ci sia"...)

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  4. Vero! Grande Gozzano.
    Ora me lo rileggo.

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  5. quello che ho sempre amato, in gozzano, e nel suo antidannunzianesimo ovvero superamento di d'annunzio, è proprio quel connubio tra indole, educazione, ed ironia, ovvero "se fossi vissuto trent'anni fa probabilmente la mia educazione mi avrebbe portato a scrivere altro e in un altro modo, ma sono troppo figlio del mio tempo, di Vati ce ne sono già stati tanti ed è inutile che io mi metta a salire in cattedra;non mi resta che essere dissacrante ed ironico, ma in questo modo qui, dimesso, "crepuscolare", da basso profilo". E' quella intelligenza, quella continenza, e allo stesso tempo quel guardare al prima senza snobismo. da qui l'ironia: d'annunzio non è considerato "surclassato", semplicemente, viene visto come vede un nipote un nonno che ha fatto la guerra ed inevitabilmente diventa retorico: con rispetto, tenerezza, e indulgenza. In quel momento del tempo letterario poco "epico" si è trovato e a quel momento ha saputo dare voce.

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  6. Bèh, non è vero che a diciott'anni passa inosservato, dipende dall'insegnante, perché come ogni grande poeta può parlare a più persone e fare in modo che ognuno ne ricavi un qualche messaggio, anche diverso.
    Basta che te lo si presenti sotto la giusta luce.
    Per esempio, la rima Nietzsche - camice è rimasta negli annali della mia classe.

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  7. C'è il dubbio (ma Gozzano mi piace, immensamente, mi piace la ragazza che scivola via in bicicletta salutando la Signora) che sulle ruine che già seppero il fuoco di questa nostra scuola (e Paese) i giaggioli non abbiano più spazio.
    peccato.
    vival'ironia gozzaniana, comunque

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  8. Feci la conoscenza della cosa vivente detta "guidogozzano", incontrato per la prima volta, nell'ormai lontano 2008. Allora avevo solo 15 anni e forse quel folle professore che ci mise davanti, così senza preavviso, la poesia Totò Merùmeni non aveva perso poi del tutto la ragione quando ce la lesse di persona e - piano piano - ci accompagnò nel mondo di quel "piccolo" poeta dei primi del '900. Certamente egli non sarà rimasto offeso dal trovarsi anche solo per un ora nelle pagine e negli occhi di una ventina di giovani studenti.
    Ricordo ancora come fosse ieri la conclusione di quella lezione, quando il professore ci disse di ripensare a casa alla poesia e di ragionare in particolare su di una parola di tre sillabe contenuta nel penultimo verso, così sfuggita al poeta e incastonata tra due virgole.
    Di queste cose apparentemente (fortunatamente) inusuali quel professore era abbastanza solito e senza problemi ci concedeva del tempo per spiegarci cose che di norma non si spiegano. Che non significa si lascino "inspiegate", bensì più fatalmente nascoste nell'oblio del disinteresse.
    Ringrazio quel professor,e per averci abituati ad andare oltre gli sterili programmi, i convenzionali compiti a casa, le prevedibili domande riciclate dalle "analisi del testo" proposte dai manuali scolastici.
    Ringrazio anche Gozzano, per averci insegnato a leggere davvero, e ad ascoltare il suono delle parole più semplici, sovente più dense di significato in questa stanza modesta chiamata "mondo".

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  9. @X.
    Se uno si ricorda anche solo quella rima, vuol dire che il suo insegnate ha fatto un buon lavoro...

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  10. @manentscripta
    Grazie, per questo tuo bellissimo ricordo di scuola. sono cose che, in particolare qui, vengono molto apprezzate.

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  11. Mi è piaciuto assai rinfrescare memorie di quarta ginnasio. Heautontimorumenos...
    Grazie, saluti.
    Ruzino

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  12. @Ruzino
    Ecco, infatti, ecco: quel titolo all'apparenza così misterioso...

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  13. Ho letto velocemente in un commento... Dipende dall'insegnante. E i tuoi alunni sono fortunati, altroché! :-)
    g

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  14. @Giovanna
    Dipende molto anche dall'alunno, fidati... ;)

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  15. Gozzano invece potrebbe anche tornare di moda "per un'estate" in due casi: 1) se troverà qualcuno che prenderà la forma dei suoi scritti (quella spezzettatura, quegli enjambement - ehm, che vuol dire? -, quella metrica rigorosa che si maschera da prosa) e ne farà quello che Fiorello ha fatto con San Martino di Carducci; oppure 2) se gli adolescenti torneranno ad essere ispirati e affascinati dal suo crepuscolarismo, dai sentimenti contrastati e dalle personalità contorte.
    Ma se anche Gozzano non tornasse di moda, beh, che male ci sarebbe?

    Totò Merumeni non è quello che apprezzo di più, ma Gozzano - già te lo dissi - resta il mio poeta preferito.

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  16. @lele: l'enjambement è appunto metrica che si nasconde da prosa :-) (tecnicamente, due versi che si devono leggere assieme, perché il discorso logico lo richiede: tu dici "spaventosa chiaroveggenza" tutt'assieme, ma intanto ti accorgi che il verso finiva con "spaventosa")

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  17. @.mau.

    Altroché matematto!, ci scommetto
    che tu sei un tuttologo perfetto!
    Anche l'ingambamento del facondo
    poeta mi hai spiegato in un secondo!
    ;-)

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  18. (ingambamento è traduzione assolutamente gozzaniana, niente da dire)

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