domenica 18 settembre 2011

la miseria

di lo Scorfano

Mi sono detto: ora scrivo qualcosa di intelligente su tutte queste intercettazioni Berlusconi-Tarantini. Lo voglio fare, mi sono detto: perché è insopportabile che, perché è scandaloso che, perché non è civile né decoroso che, perché non possiamo accettare che.

Allora sono andato in giro per l'internet e ho cominciato a rileggere tutti i testi delle telefonate, tutti quelli che trovavo, per farmi un'idea precisa. Ma a un certo punto ho smesso. E non tanto perché non c'è obiettivamente niente di intelligente che io riesca a dire sulle intercettazioni (potrei giusto fare qualche battuta, ma di battute è piena l'internet, non si sopportano quasi più nemmeno quelle). Ho smesso di leggere proprio perché non ce la facevo più.
Perché la voragine che quelle telefonate aprono è, per me, insostenibile e spaventosa. Una voragine di infelicità, un baratro di solitudine, un intero vuoto cosmico di degrado umano, affettivo e psichico. Non ce l'ho fatta. In mezzo a quelle frasi, «facciamo due per me e due per te, poi ce le prestiamo», in mezzo ai quei numeri «otto, undici, quaranta, sessantasette», in mezzo ai «se tu sei racchia e fai schifo te ne devi stare a casa» e ai foraggiamenti, in mezzo a quello squallore umano condito di denaro e di potere e di miseria, mi sono fermato, ho chiuso l'internet e sono andato sul terrazzo a prendere un boccata d'aria.

E, ve lo giuro, ho pensato: speriamo che vietino la pubblicazione di questa roba, al più presto, senza eccezioni. Perché non si sopporta questa roba; perché sapere che la sofferenza e la mediocrità e il dolore e l'umiliazione e l'ignoranza e la stupidità e e la solitudine di un uomo possono giungere fino a questo baratro (senza che lui se ne accorga, senza che lui ne dia il minimo segno di consapevolezza) è un sapere che è troppo difficile da sopportare; perché la pietà umana esiste. E poi finisce che la gente legge e non capisce; poi finisce che qualche mio alunno legge e pensa che la vita e l'amore e il sesso e il desiderio siano queste cose misere e infelici qui, questo tristo buco di insensatezza che ho letto anch'io, poi finisce che qualcuno pensa che non ci sia scampo, che non ci sia bellezza, solo miseria e solitudine. Cancellate tutto alla svelta, per favore: perché, tutto sommato noi, poveri noi, noi altri quaggiù ci ostiniamo ancora a pensare, a volte, che si possa essere, in qualche modo, anche felici.

13 commenti:

  1. Dilemma. Non solo scrivere, ma anche commentare è difficile. E la questione è un dilemma. Tutto condivisibile quello che tu dici. Ma il fatto che il poveretto sia il nostro capo del governo, e possa farla franca a livello di immagine (perchè per il resto mi sa che continuerà a farla comunque franca come sempre), come se nulla fosse, come se fosse normale che uno così sia il nostro capo del governo... Non so, anche io non ce la faccio a leggere quelle parole. Però penso che sia meglio che siano note e non nascoste. Che, volendo, si possa sapere. Tanto non è che la bruttezza non abbondi anche altrove. E non è nascondendo quelle parole che si possa nasconderla. Guardiamola in faccia questa realtà, per quanto difficile da sopportare. Che possa servire a uscire da questo incubo, prima o poi?

    RispondiElimina
  2. Il senso di nausea è assolutamente condivisibile, anch'io non ce la faccio proprio.

    Però, è vero che dal punto di vista squisitamente "pubblico", non è quello lì il vero problema; il vero problema è che un funzionario dello stato, uno con quelle responsabilità, non può circondarsi di gentaglia come Tarantini, Mora, Polanco, De Nicolò e compagnia bella, per tanti motivi: 1) perché così è ricattabile, 2) perché non distribuisce solo soldi suoi, ma anche posti pubblici, favori, occasioni, contratti, prebende che dovrebbero essere roba pubblica.

    E' questo il problema concreto, altro che moralismo, altro che stato etico. Qui si parla di un do-ut-des che ci coinvolge tutti. E allora basta dire che sono solo affari privati; sono affari pubblici, questo bisogna dirlo forte, sempre, cercando di superare la nausea e la tentazione di vomitare.

    RispondiElimina
  3. Dimenticavo: di cattivi esempi è pieno il mondo...
    http://www.repubblica.it/persone/2011/09/18/foto/rihanna_il_corpo_della_musica-21833554/1/

    RispondiElimina
  4. Però, io volevo parlare di felicità o infelicità, non solo di cattivi esempi. Di come certe scelte siano l'infelicità; e non è il caso di stancarsi di dirlo.

    RispondiElimina
  5. Vero. A dire la verità contestavo solo la conclusione del pezzo; mi sembra che tu abbia voluto dire che è meglio nascondere il tutto perché quella è infelicità. Io la percepisco questa infelicità: non so se i ragazzi la percepiscano; spero che i più sensibili almeno ci arrivino. Per gli altri, quelli che non ci arrivano da soli, oggi non c'è molta speranza, perché i cattivi esempi abbondano. Insomma, meglio sapere che non sapere (secondo me).

    RispondiElimina
  6. Sì, naturalmente sì: meglio sapere che non sapere. Il pezzo (o almeno la sua conclusione censoria) voleva anche essere un po' paradossale. Non fateci vedere tutta questa infelicità, perché crediamo ancora alla possibilità di essere felici. Implicando che quella fosse assolutamente infelicità, sofferenza e degrado: cosa su cui non tutti, in questo paese, paiono essere d'accordo.

    RispondiElimina
  7. Possiamo essere felici malgrado ciò.

    RispondiElimina
  8. "Non ho mai fatto nulla di cui io mi debba vergognare".

    Queste parole sono state pronunciate, malgrado tutti i pensieri che il prof e gli altri amici del blog hanno qui scritto è commentato.

    Allora di che cosa stiamo parlando, di due mondi o universi paralleli? Di due colorazioni così completamente diverse ed opposte che paiono così tanto inconciliabili?

    Un problema che io scorgo in mezzo al pantano della situazione italiana è la perdita di una oggettività dei fatti, delle parole e delle azioni. Questa perdita di oggettività ecco che porta le diverse fazioni a non riconoscere il bianco quando è bianco ed il nero quando è nero. Ed anche il grigio quando è grigio.

    Ecco che ogni singolo crede (in buona o meno buona fede) di avere lui la vera verità, che quello che dicono gli "altri" sia in malafede o al massimo sia parziale.

    Riusciremo mai a recuperare un parametro generale oggettivo buono e giusto che possa guidare la navicella della vita del gruppo sociale e delle giuste relazioni umane?

    Esiste allora questo buono e bello e vero che tutto possa appianare per il genere umano nel suo complesso e nella sua individualità della singola persona?

    Io penso di si. Il lavoro che dovrebbe essere svolto insieme è il recupero di tale valore e di tale bussola comune.

    Marcolino

    RispondiElimina
  9. Grazie, condivido ogni tua virgola. Chi non si è posto tutti i dubbi che sono sorti a te, non so se abbia messo a tema allora cosa significhi essere insegnanti, ed entrare a scuola da essere umano...

    RispondiElimina
  10. Sono molto d'accordo con Knulp. Con tutto che capisco il paradosso con cui chiudi, e in generale l'accorata invocazione al diritto a una felicità diversa per i nostri alunni, credo che quello che sfugge, e continua a sfuggire (ma del resto altrimenti non avremmo compiuto 'solo' 150 anni, avremmo la Magna Charta e non saremmo in Italia), è che il problema principale è che qui il primo cittadino del mio paese (dunque, per rappresentanza democratica, io) ha usato strutture dello stato, soldi, apparati per le sue fottute questioni private. Si è sottratto a degli impegni ufficiali (con questo sottraendo me) per le sue fottute questioni private. Ha speso il suo ruolo pubblico (quindi, per estensione il mio) per le sue fottute questioni private.
    Questo è il cuore del problema. Il resto è grave, certo. Molto, indubbiamente. Ma, dal punto di vista squisitamente statuale, come per l'inventore dei replicanti di Blade Runner, resta accedemia.

    RispondiElimina
  11. @'povna
    Quello che tu (e knulp) fai notare è esattamente il problema nostro, di cittadini. Quello che raccontavo io è, tutto sommato, il problema suo e di quelli come lui. E' una malattia. E mi dispiace che si diffonda.

    RispondiElimina
  12. hai ragione, ma - pur fuori tempo - appartengo per elezione a quella generazione del personale che è politico. Il problema nostro, di cittadini, per me è IL problema. Mio.

    RispondiElimina
  13. dal momento che, ad oggi, nessuno si è dimesso, cosa finisce per rappresentare nel nostro paese la pubblicazione di queste intercettazioni?
    una sorta di confessione pubblica...e noi: i confessori esacerbati dal peccato altrui.

    RispondiElimina

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)