domenica 4 settembre 2011

se dico radici dico storie

di lo Scorfano
Sono anche geografie, le storie. Le persone sono i luoghi da cui provengono, da cui vanno e vengono, in cui abitano o passano, da cui partono e ritornano, e in certi casi, più di quanto non si sia disposti a riconoscere, sono i luoghi in cui non ritornano.
È questione di tempo, oltre che di spazio, che ci portiamo dentro come sangue. L'albero genealogico è una clessidra – come una clessidra, non ha principio e fine. Lo puoi girare. La parte di sotto può ritrovarsi di sopra. Sono speculari: le radici come i rami, come le fronde, i tuoi avi come la tua progenie. In mezzo il tronco, il luogo dove s'incontrano i due coni, la strettoia che dice il tempo.
Ci sono libri la cui lettura non è un bicchiere d'acqua: sono libri che pretendono di essere ascoltati, le cui parole vogliono pesare più di quelle che siamo normalmente abituati a leggere o ascoltare, sono libri che si nutrono, per questo, anche di lunghi silenzi e di pause.


Ci sono libri che non raccontano una storia ma provano a raccontarle tutte, costringendole dentro una metafora che sappia contenerle. L'ultimo libro di Gian Luca Favetto ha questa ambizione e questo passo (il passo di una fuga dolomitica da lontano, direi, se sapessi che a Favetto piace il ciclismo): ed è quindi un libro da leggersi con disciplina e attenzione, pagina dopo pagina come se le pagine fossero piccoli sorsi di vino buono. Che sa di radici, appunto: perché, come il vino che prende i sapori della terra, anche le storie di Favetto, infatti, sanno delle terre che le hanno nutrite.

Ci sono libri la cui lettura non è un bicchiere d'acqua: ma, appunto, un bicchiere di vino buono.

2 commenti:

  1. Mi hai fatto venir voglia di correre ad acquistarlo...grazie.

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  2. Davvero! Sembra un buon rosso corposo e profumato. Sapro' dirti, grazie per il momento.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)