Su La Stampa Guido Ceronetti (vi consiglio di leggere l’articolo) ci dice che i giovani hanno nel proprio vocabolario pochissime parole. “I giovani non vanno volentieri a caccia di vocaboli e dei loro significati”, scrive. Io non faccio il maestro o il professore, quindi non ho a che fare con l’educazione dei giovani, però in libreria (un punto d’osservazione umile e non privilegiato, lo ammetto), in tutti questi anni, mi sono fatto una mia idea. La mia idea è che ci sono giovani che sanno parlare bene e giovani che no, che non danno vitalità alla loro parlata. Non riesco a generalizzare, non riesco a pensare che i giovani non vogliono, che i giovani non fanno, che i giovani non ricercano, che i giovani non affrontano e via dicendo. Insomma, ci sono ragazzi svegli e intelligenti e ragazzi un po’ scemotti e spenti (anche in faccia oltre che nel linguaggio) e sono sicuro, per riprendere il discorso fatto da Ceronetti, che tutti quanti utilizzano il telefonino e chiudono una conversazione con uno o due o tre “Ciao”.
A proposito, ma siamo sicuri che questi "Ciao" sostituiscano le parole che i giovani non sanno o che non vogliono sapere? Ma come diavolo bisognerebbe chiudere una conversazione? Ma è vero che i ragazzi non hanno parole per parlare? Non so, mi sembra che il discorso stia nella qualità delle parole (e anche qui: chi dice che la parola “lordura”, sia meglio della parola “sporco”? Perché creare così facilmente delle gerarchie lessicali?) e non nella quantità (io solitamente dico "bello", alcuni conoscenti dicono "strabello").
Ceronetti, dopo aver consigliato ai professori di sottoporre ai propri ragazzi una sfilza di parole che “sono nell’uso” ma che restano ignote ai più (io non conosco alcune di queste parole: aggavignare?), chiude l’articolo così: Giovani, non accumulate denaro! Fatevi un avvenire sicuro di parole. Bene. Al di là del punto esclamativo dopo la parola "denaro", non ci sarebbe da chiedersi perché mai i giovani dovrebbero pensare ai vocaboli e non ai soldi? Perché mai un ragazzo dovrebbe pensare ad un avvenire di parole? Perché mai un ragazzo dovrebbe accumulare parole senza fare esperienza di queste parole (perché mai dovrei sapere cos’è un "fecaloma" se mai nessuno mi ha detto che la mia salute è compromessa da un fecaloma?) Si è più felici conoscendo più parole? Si ha la possibilità di interpretare la realtà? Con un buon vocabolario si è in grado di sapere cosa è giusto e cosa è sbagliato, cosa è vero e cosa è falso? Con le parole, con tante parole, ci si difende?
E se ci si difende (perché secondo me le parole servono un pochino a difendersi) chi è il nemico? Dove sta l'ambiguità da riconoscere?
Ci sarebbe da fare un discorso lunghissimo. Ho in cantiere un post "informatico" che però è collegato moltissimo a questo articolo. Appena lo scrivo te lo segnalo.
RispondiEliminaPer esempio, forse, saper riconoscere la banalità di certi articoli pubblicati su certi grandi giornali...
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RispondiElimina“l’operaio conosce 100 parole, il padrone 1000, per questo è lui il padrone”... diceva più o meno così, don Milani?
RispondiEliminaquindi le parole servono a difendersi, senza dubbio.
quanto ai giovani (l'articolo lo leggo dopo, se no mi va via di mente quello che voglio dire) rilevo una grande povertà lessicale che si aggrava con gli anni. mi accorgo che quando spiego matematica i giovani virgulti non capiscono i termini più semplici come dimostrazione, controesempio, deduzione, inclusione, non solo nel loro significato matematico. e con questo non voglio dire che siano più stupidi di com'ero io alla loro età. è che non hanno gli strumenti e non si sanno difendere...
Ho letto l'articolo. Io non sono un romanziere ma credo che all'autore gioverebbe un corso di scrittura.
RispondiElimina*Dire* giovani è subito discutibile. Mi provo a *dire* chi può *dirsi* in età giovanile nel tempo in cui viviamo, strettamente inteso (frase fluente, eh): questa età va oggi +dall+’uscita +dall+’infanzia alla quarantina.
ho letto l'articolo. mi piace di più il tuo post.
RispondiEliminaQuoto Paola in toto.
RispondiEliminaUna sfilza di luoghi comuni senza fine, di autocompiacimento spicciolo e di moralismo spensierato (glielo va a dire lui ad un diciottenne disoccupato che dei soldi se ne deve fregare?).
Anche poco documentato: 100.000 parole e locuzioni in un anno? Ma ci ha mai parlato con un linguista?
Parliamo invece del fatto che là dove ci sono le possibilità i ggggiovani parlano benissimo, mentre là dove ci sono povertà, disoccupazione, vuoto e desolazione anche le parole scappano via.
Se il ruolo degli intellettuali fosse quello che Ceronetti si ritaglia con questo articolo, non ci servirebbero. Per fortuna gli intellettuali sono ben altri.
Uqbal
Si è più felici conoscendo più parole?
RispondiEliminaPurtropo o per fortuna, di solito la felicità di una persona è proporzionale alla sua ignoranza.
Ho letto l' articolo che hai segnalato: mi è piaciuto poco e lo trovo vagamente demagogico e non così persuasivo come vorrebbe.
RispondiEliminaSono, però, assolutamente convinta che sia vero che il linguaggio stia irrimediabilmente imbarbarendosi, che questo non sia affatto un fenomeno giovanile e generazionale ma, piuttosto, generale, e che gli educatori stessi non siano esenti da molte responsabilità per questo.
Il declino della lingua è sempre anche declino della civiltà e l' estinzione del segno potrebbe preludere a quella della specie, tant' è che la straordinariamente veloce evoluzione dell' Homo è stata consentita dallo sviluppo del linguaggio.
La parola arricchisce lo spettro della nostra possibilità di condivisione dell' immaginazione, e l' immaginazione è il più specificamente umano dei nostri tratti. Ecco perché è un patrimonio d' avvenire. Permette di trasmettere non tanto ciò che "giusto" o "sbagliato", ma il concetto, ed i concetti sono, per nostra splendida dotazione, infiniti.
Un vocabolario povero e stentato induce necessariamente ad un regresso cerebrale, a numerosi impedimenti dialogici, ad una mortale noia per afasia.
A suon di "ciao ciao" ed "occhei" non si creano né prose né poesie, né, d' altronde, si potrebbero stilare elegie od apologie, memorie difensive o lettere d' amore...
Poi, si sa, Briatore s' è più volte vantato di non aver mai aperto un libro: questione di scelte, ed altro concetto di avvenire...
Questo articolo di risposta ad un vecchio pezzo di Ceronetti merita ancora dopo anni :D
RispondiEliminahttp://archiviostorico.corriere.it/1996/dicembre/09/CARO_CERONETTI_LATINO_NO_co_0_96120910179.shtml
Paolo
@Paolo: grandissimo link, grazie per averlo postato.
RispondiElimina@ A tutti
RispondiEliminaA Ceronetti contesto solo il fatto di non averci detto perché è più importante accumulare parole anzichè denaro. Per il resto non lo trovo un articolo brutto. Anzi, non riesco neppuure a pensare che questo possa essere un articolo brutto.
@Knulp
RispondiEliminaGrazie, io attendo.
@Paolo
RispondiEliminaGrazie per la segnalazione. Appena riacquisto un poco di energia (torno ora dal lavoro quotidiano) cerco l'articolo di Ceronetti che Vassalli contesta. Grazie ancora.
il De Mauro definisce "aggavignare" con la marca OB, che sta per "obsoleto" (occhei, ha anche un LE che sta per "letterario").
RispondiEliminaCeronetti ha una certa età, ma non credo che nemmeno quando lui era bambino si usasse quel lemma.
Il mio Zingarelli dice che è verbo arcaico. Lo stesso dice il Devoto.
RispondiElimina@Il Disagiato. Eccolo:
RispondiEliminahttp://archiviostorico.corriere.it/1996/dicembre/01/Povera_Italia_governata_slatinati__co_0_9612019549.shtml
Paolo :D
Troppo gentile. Grazie ancora.
RispondiEliminabe, pensare a far soldi è un impresa disperata per noi giovani. tanto vale pensare a farsi un pò di cultura.
RispondiEliminaAggavignare significa afferrare per le ascelle, secondo il Devoto-Oli.
RispondiEliminaApprofitto di questo commento per dirti quanto trovo interessanti, ricchi di spunti di riflessioni e naturalmente anche decisamente belli i pensieri che tu e lo Scorfano scrivete qui. Sono impressionato da quanto sia elevata la percentuale di ottimi scritti sul totale. Complimenti davvero.
robxyz