lunedì 19 settembre 2011

Vendere. I libri

del Disagiato

Ieri pomeriggio (sì, era domenica e lavoravo) è venuto in cassa con un libro da pagare un signore che, dopo essersi guardato attorno, mi ha detto: “Io sono l’effetto della legge contro Amazon”. Intendeva la legge Levi, quella che limita gli sconti sia nei negozi, i grandi negozi, sia nei siti come Ibs, Amazon e altri. Ho capito solo dopo qualche secondo che quella sua affermazione e quel suo guardarsi attorno intendevano sottolineare la discreta quantità di gente che c’era in quel momento in negozio, discreta quantità di clienti portata, secondo lui, dalla legge Levi. "Visto che Amazon ha aumentato i prezzi, la gente se ne esce di casa", ha pensato lui. E infatti mi ha detto: “Non si può più pagare quelle cifre su Amazon. E allora eccomi qua, dopo cinque anni che non entro in una libreria”.

E quando ha detto questo, dentro di me ho percepito qualcosa di strano, un sentimento, una sensazione o un suono interiore che aveva a che fare i vantaggi e la competizione. Mi sono sentito, in quel momento, come un uomo che doveva fare la differenza. “Questo signore è entrato in una libreria dopo cinque anni di assenza? Bene, ora devo fargli vedere che ha fatto bene, devo dimostrargli che un conto è comprare libri on line, un conto è entrare in una libreria, guardarsi attorno e avere a che fare con un libraio. Devo fargli vedere che è meglio avere a che fare con un libraio, insomma”. Ecco, ho pensato queste cose, con molta difficoltà, blindato da uno strano dovere e da una singolare necessità. 



“Lo so, adesso io dovrei fare la differenza”, gli ho detto sorridendo per l’imbarazzo, “adesso dovrei dimostrarle che a non entrare in una libreria si perde qualcosa”. E, ripeto, ho buttato lì queste parole con fatica e imbarazzo. Poi ho chiuso con la frasetta più stupida del mondo, con le parole che i librai utilizzano quando sono messi al muro: “Farsi dare una dritta o un consiglio non le piace?”. Allora lui mi ha guardato con faccia disgustata e ha detto: “Comprando on line sono indipendente, non mi faccio influenzare. L’altro giorno, ad esempio, sono andato alla Feltrinelli e lì un commesso promuoveva con insistenza un libro. Sapessi il fastidio. Per questo oggi sono venuto da voi”.

Alla Feltrinelli di Brescia ho passato la mia adolescenza, ho cominciato e finito amicizie, ho chiesto di lavorarci, alla Feltrinelli (sono anche stato raccomandato, lo ammetto, ma senza alcun successo), ho intervistato Stefano Benni per il giornale della scuola (tre domande stupide che lui chissà cosa avrà pensato) e alla Feltrinelli ho speso tanti soldi. Molti soldi. Tantissimi soldi. Ma da quanto tempo non ci vado alla Feltrinelli? Non ci vado perché sarebbe da ridere che nei ritagli di tempo io entrassi alla Feltrinelli. Non ci vado perché i libri li acquisto da me, nel mio negozio, che ci ho pure il 10% di sconto. E non ci vado perché è distante da casa, perché non si sa dove parcheggiare, perché è scomoda la posizione e il tempo e il traffico e il casino. 

Non ci vado anche perché da quando lavoro nella mia libreria, che è una libreria un po’ assonnata, non riesco a sopportare l’entusiasmo che regna dentro una libreria Feltrinelli. Fatico a digerire i grandi primi piani, appesi alle pareti, dei grandi scrittori (mi ricordano le fotografie dei maiali e dei polli nei reparti macelleria dei supermercati) e non sopporto l’ordine impeccabile e non sopporto la gran voglia di leggere che mette quel posto, quell’aria da “difendiamoci con la cultura” che io sostengo intimamente (ogni tanto, non sempre) ma che non riesco assolutamente a promuovere.

Forse sono pure io un assonnato o forse, come fanno quelli che perdono sempre, mi piace dire che vincere non serve, però, insomma, capisco cosa intendeva dire quel cliente con “comprando on line sono indipendente”. Capisco il suo fastidio perché è anche il mio, comprendo i motivi che portano a stare rintanati, in balia di se stessi. E allora, sempre con l’imbarazzo del cattivo venditore, gli ho detto: “Guardi, qui non accade nulla di quello che accade alla Feltrinelli. Io posso dare una dritta, se posso, io posso dare un consiglio ma mai promuoverò un libro con insistenza. Mai. E neppure se mi pagano”. 

E lui allora ha preso il resto che gli stavo porgendo, si è messo il libro sotto il braccio, mi ha fatto il sorriso di chi regala un grammo di complicità e quando, muovendo il passo verso l’uscita, mi ha detto “Alla prossima”, io ho iniziato con il fiato a dire “Speriamo” e poi mi sono fermato. Non so perché, ma mi metteva in imbarazzo rispondere "Speriamo". Mi sembrava di essere maleducato; quella parola mi avrebbe fatto sentire un venditore e basta (accidenti, quanto è difficile spiegare quello che si prova).

Per questi motivi, per tutti questi imbarazzi, per questo non saper e non voler essere venditori, la libreria presto chiuderà, penso. Non tutto dipende da me e ci saranno altri motivi, lo so, ma presto verrò punito per non aver saputo dire quel “Speriamo”. È qualcosa di più di una sensazione.

18 commenti:

  1. sei sicuro che i clienti di una libreria vogliano sentirsi dire uno "speriamo"? (ti conosco, secondo me sei sicuro dell'opposto).

    RispondiElimina
  2. Secondo me non è bello dirlo (mi conosci) però il mio titolare vorrebbe tanto che io lo dicessi. E forse, dico forse, qualche cliente con quel "Speriamo" si sentirebbe rassicurato. Fa parte del vendere e io, diciamo, non sono tanto buono a farlo in quel modo.

    RispondiElimina
  3. Sempre secondo me (che comunque non sono affatto in grado di vendere alcunché) il tuo titolare vorrebbe che tu lo dicessi al "cliente casuale", quello che compra i libri che faranno tanto schifo ma fanno anche tanto fatturato. A un cliente come quello che ci hai descritto sarebbe andato meglio uno "volentieri, anche se magari alla prossima non comprerà". Mica per altro, ma perché tanto comprerà comunque :-)

    RispondiElimina
  4. State parlando di buon marketing per salvare la lettura o la cultura?

    Ma una cosa se è buona non si dovrebbe saper promuovere da sè?

    Chi mai vorrebbe rinunciare ad un dolce sacher dopo averlo provato almeno una volta e ritornare alle merendine dentro il cellophane?

    Marcolino

    RispondiElimina
  5. La lettura e la cultura non hanno assolutamente bisogno di essere salvate, secondo me. Si sta parlando dell'estinzione di un canale come la libreria fisica e non virtuale. Il canale dà spessore e identità alla cultura? Comprare in una libreria aggiunge o toglie alla lettura, alle scelte di lettura e all'idea di lettura che si ha comunemente? Ecco, ho provato a porre queste domande.

    RispondiElimina
  6. A me dispiace non poter più avere più sconti più elevati a prescindere da chi li fa.
    Per quanto riguarda i consigli sui libri, sia che li debba comprare che prendere in prestito alla biblioteca, io ormai li cerco prima su Anobii.
    Ovviamente preferisco in rapporto diretto e personale e certamente mi farebbe molto piacere trovare in libreria il commesso Disagiato... ;-)

    RispondiElimina
  7. bè io rubo solo le parole a Marco:
    mi farebbe molto piacere trovare in libreria il commesso Disagiato... :-)

    Io di solito compro on line ma per motivi pratici: vivo in un paesino... e, immaginate! :-(
    Preferisco la libreria, quando posso. (qualche simil-disagiato lo trovo! :-))

    g

    RispondiElimina
  8. Per quanto riguarda amazon ho praticamente annullato la lista dei desideri e sto facendo come il tuo cliente. Per quanto riguarda entusiasmo, vendita, strategie... e` un mondo a parte. Ora come ora conta di piu` vendere che quelli che si vende.
    Io non apprezzo particolarmente i venditori troppo presenti. Si` diciamo troppo presenti.
    variabile (reduce dalla vendemmia del rosso)

    RispondiElimina
  9. Ci sono tanti disagiati nelle librerie. Io faccio numero e basta.

    RispondiElimina
  10. Senza contare che anche Amazon, abbastanza fastidiosamente, fa un pò di upsell, suggerendo di acquistare quei libri che altri utenti hanno comprato dopo aver comprato lo stesso nostro. Cosa che sul marketing digitale è frequente quanto fastidiosa. I numeri hanno sempre ragione quando l'identità ha sempre torto.

    RispondiElimina
  11. E poi non tutti i commessi sono così, dico banalmente. Comunque il problema è che acquistare on line è più comodo e veloce (due parole che si usano un po' troppo, lo ammetto).

    RispondiElimina
  12. Posso andare sommessamente contro corrente? Chi comprava online, con gli sconti, chi comprava davvero, tanto, comprava anche nelle librerie. Altrettanto, ma magari cose diverse. Questa legge per me è solo ingiusta e stupida. E il risultato è che io - che prima compravo molto di più in libreria che online - mi sono rifugiata altrove, in un mondo di libri senza calmieri esterni, e in libreria, da allora, non ci ho messo più piede. Una legge che impedisce di comprare a poco prezzo è una legge che decrementa ulteriormente la lettura. Punto. Il resto sono solo parole. Anzi. No. Numeri. Di scontrini.

    RispondiElimina
  13. Non so, può darsi che tu abbia ragione, ma per me i lettori veri sono (erano?) invisibili. I miei amici che leggono di più comprano esclusivamente online. Comunque ritengo prematuro giudicare gli effetti ampi di questa legge.

    RispondiElimina
  14. Ti parlo da commessa che dovrei incitare il cliente all'acquisto del ns. prodotto, ma che personalmente a oggi in cliente spesso non vuole assolutamente che lo infastidisci anzi evida addirittura di salutarti, oppure un semplice accenno di testa, o tipica frase faccio da sola! Penso che la vendita online di qualsiasi prodotto (se non x necessità di tempo)sarà pure pratica, ma personalmente la vedo un pò come un modo di estraniarsi dal mondo esterno, non si cerca più contatto con le persone che può spaziare da un semplice saluto a un consiglio...
    Io conoscendo il disagiato quindi posso solo consigliare di andare in libreria. Ciao b.lavoro Tizy

    RispondiElimina
  15. Sono d'accordo con te anche se penso che l'acquisto online non è un modo di estraniarsi ma un effetto di questo estraniarsi. Una conseguenza, ecco.

    RispondiElimina
  16. Personalmente quando vado a comprare qualcosa in un negozio io non sopporto il commesso che mi viene a chiedere se ho bisogno di qualcosa. Se ho bisogno, allora chiedo...

    RispondiElimina
  17. Stavo per scriverti un commento ma mi sa che ci scrivo un post. Disagiato, ultimamente quando ti leggo mi scateni il bisogno di aprire il blog e scrivere un post invece di commentarti. Sei faticoso da seguire!

    RispondiElimina
  18. Senza pensarci io questo lo prendo come un complimento. Ma senza pensarci ;)

    RispondiElimina

(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)