giovedì 2 giugno 2011

la scuola dovrebbe

di lo Scorfano

Due storie simili, riportate entrambe in uno stesso articolo di giornale: la prima è quella di una maestra di una scuola elementare di Palermo che si accorge che un suo alunno ha falsificato la firma della madre, in calce a una nota in cui la maestra stessa avvertiva i genitori dello scarso impegno del ragazzino. La maestra fa notare al suo alunno che quella falsificazione sarebbe un reato, se lui fosse un adulto; e che dopo tutti i discorsi fatti sulla legalità, quello è un gesto assolutamente deprecabile. I genitori, ai quali viene riportato il rimprovero, prima minacciano la maestra, poi la querelano e intentano un’azione civile ai suoi danni, con tanto di attestazione di un «esperto» sulle «sofferenze psichiche» riportate dallo studente. Il risarcimento chiesto dalla famiglia alla maestra, per tali sofferenze psichiche,  è di 34.000 euro.

La seconda storia riguarda invece un altro ragazzo cui l’insegnante ha fatto scrivere alla lavagna la frase «Oggi non ho voluto studiare»; anche qui il ragazzo è rimasto traumatizzato e anche in questo caso è scattata l’azione civile della famiglia (informata anche tramite fotografia della lavagna scattata con il cellulare dallo studente): risarcimento chiesto all’insegnante, 16.000 euro.
Riporto le due storie (già abbastanza note in rete) senza commentarle, anche perché è possibile che gli elementi del racconto siano diversi o soltanto parziali, non lo so. Le riporto, consapevole che un articolo di giornale è un articolo di giornale e che bisogna stare dentro un’aula per sapere davvero come siano andate le cose, per ascoltare i toni e vedere le espressioni del volto.       
             Ma le riporto comunque, voglio farlo (e lo rifarò ancora, ogni volta che accadrà qualcosa di simile: è questo l’obiettivo).

Perché mi pare che spesso si sottovaluti l’atmosfera di tensione in cui si lavora dentro una scuola, una qualsiasi scuola. Tutti quelli come me si ricordano la scuola com’era venti o trenta anni fa: ma la scuola nel frattempo è molto cambiata, sono cambiati gli insegnanti, sono cambiati i metodi di lavoro, sono cambiati i ragazzi e anche le loro famiglie; perché è molto cambiata anche l’Italia. È cambiato tutto, a volte in meglio altre volte in peggio. Nei casi di queste querele e azioni civili, secondo me, è cambiato tutto in peggio. Ma siccome la realtà è questa, è anche di questo che stiamo parlando ogni volta che apriamo la bocca per dire che «La scuola dovrebbe...». Non solo la scuola, ecco.

5 commenti:

  1. ti manca quella della professoressa avvelenata per evitare lo svolgimento di un compito in classe..

    http://it.notizie.yahoo.com/professoressa-avvelenata-dagli-studenti.html

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  2. Questa della prof avvelenata va oltre qualsiasi mia capacità di comprensione...

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  3. A me non sembrano situazioni così remote, o difficili da immaginare...
    Mi sembra che tu stesso, prof, abbia accennato velocemente e discretamente a tutte le variabili coinvolte, che rendono così complesso per un insegnante il porsi come figura autorevole - non autoritaria! - davanti ai propri studenti: la diffidenza o l'incomprensione dei genitori verso il proprio rolo, innanzitutto, e verso la dimensione educativa della scuola; lo scetticismo e anche la rinuncia di tanti prof davanti a una situazione cambiata; la considerazione della nostra professione nella società....
    Io credo che un prof, per esserlo oggi, debba davvero avere una motivazione ideale grande, perché tanti elementi della società sono "contro". Ma i prof che costruiscono coi propri alunni e con le loro famiglie, ci sono; e per me dipende soprattutto (più che da tante altre considerazioni sui "mala tempora") dall'aver avuto a propria volta dei buoni insegnanti: cioè da chi ci ha insegnato a costruire comunque, e mettersi sempre in discussione di fronte a sé, ai propri alunni, alla società in cui vive...

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  4. Lasciando da parte la Riforma scolastica e universitaria proposta (e imposta) dal Ministro dell'Istruzione e dal Governo, un altro (de)merito va riconosciuto alla Gelmini (e a Berlusconi): quello di aver contribuito, per quanto è stato in lei (in loro) possibile, a "creare" questo clima di sfiducia in cui tutti sono titolati a dire che "la scuola dovrebbe".

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  5. Che è infatti un po' quello che, meno sinteticamente, ho cercato di dire con il mio post.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)