sabato 3 dicembre 2011

il gap

di lo Scorfano


Non ci può essere un gap così profondo tra la scuola e il mondo tecnologico in cui gli studenti vivono.
Questo ha scritto ieri, tra poche altre cose, l'ottimo Mario Calabresi, rispondendo a una lettera (dai contenuti non sempre condivisibili, tra l'altro) di un insegnante di scuola media, che lamentava l'eccessiva "colpevolizzazione" della scuola media inferiore, almeno secondo le recenti analisi fornite dal rapporto annuale della Fondazione Agnelli.

E io mi stupisco non poco, vi dico la verità. Perché, dei 28 alunni che ho nella classe di liceo tecnologico (e sottolineo: tecnologico), più della metà non sa che esistono altri browser oltre a Internet Explorer; solo tre sapevano cosa significava (più o meno) «open source»; quasi la totalità non aveva mai usato google maps in vita sua (lo racconto qui; e altre simili cose ho già scritto qui) e nemmeno sapeva che esistesse; tutti, tranne uno, fanno normalmente coincidere l'espressione "social network" con Facebook, nient'altro.

Questa ossessione per la tecnologia che genererebbe distanza tra docenti e studenti è, benché molto di moda, soltanto un'ossessione di chi sta fuori dalla scuola, ve lo garantisco.
Perché, per quanto sia vero che sono ancora troppi gli insegnanti che non frequentano la rete come e quanto dovrebbero e che le conoscenze tecnologiche sono, tra gli insegnanti, molto deboli, resta ancora più vero che gli studenti (tutti, anche quelli di diciotto anni) hanno comunque, mediamente, una conoscenza assolutamente minore degli strumenti del web rispetto alla media dei loro insegnanti. Incomparabilmente minore. E mi dispiace se questo rischia di sfatare una mitologia molto utile nelle conversazioni.

Certo, sanno usare la Playstation; ma non credo si debba essere degli scienziati, per saperlo fare. Certo: vi dicono appena possono (se la domanda prevede quella risposta, come si fa nei sondaggi) che sarebbe bello usare gli strumenti tecnologici in classe: ma non sanno mica bene cosa vuol dire, sapete? Per lo più rispondono di sì, perché pensano che studierebbero un po' meno. E, per esempio, ieri ho chiesto ai miei studenti di quarta quanti di loro usassero le numerose risorse online dei libri che abbiamo adottato. Uno ha detto che le usa per quanto riguarda il libro di scienze (che fa schifo, ha aggiunto); gli altri, tutti gli altri, hanno dichiarato di non averle usate per nessuna (nessuna) materia, mai.

Insomma, se voi provate a chiedere che cosa i ragazzi vorrebbero dalla scuola, senza suggerire nessuna risposta (questo è il segreto di Pulcinella, naturalmente), non sarà la tecnologia il loro argomento: oltre a dirvi che si annoiano in classe (cosa che peraltro è capitata a tutti, in tutte le epoche, in tutte le scuole, da Orazio in avanti; tranne a quelli che sono stati sbattuti a lavorare già a quattordici anni: quelli, effettivamente, non si sono annoiati) loro vi risponderanno che è il "rapporto umano" con il docente, quello che cercano; la "vicinanza" degli insegnanti e la loro "disponibilità"; la "passione" con cui dovrebbero fare il loro mestiere; la loro competenza e la loro capacità di coinvolgerli nella disciplina che spiegano. E allora, visto che si tratta di concetti nient'affatto semplici e tutti da decifrare e declinare con attenzione, sarebbe meglio parlare di questo, piuttosto che di aria fritta. Che è fritta tecnologicamente, d'accordo; ma è pur sempre soltanto aria.

13 commenti:

  1. m ate la immagini una discussione così quando fu introdotta la lavagna al posto del legnetto e la sabbia? O quando sono stati predisposti i primi laboratori di chimica o di fisica?

    La discussione, permettimi, è mal posta da entrambi: la tecnologia (con tutto quello che comporta: innovazione della didattica innanzi tutto) è un mezzo e non un fine. un mezzo utile però.

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  2. hai dimenticato Wikipedia! :D
    (se non usano nemmeno quella, sono davvero a uno stadio larvale, per quanto riguarda la tecnologia del web!)
    (comunque, per le mie esperienze da docente, confermo tutto quello che dici: i "giovani" sono molto indietro, i nativi digitali conoscono 2 cose, e facebook è l'unica che fanno funzionare - il che non vuol dire che sappiano come funziona un social, perché limitarsi a postare aggiornamenti di status con citazioni da baci perugina e video virali non è saper usare un social)

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  3. Mi guardo attorno e non riesco a dare una semantica all'espressione 'nativi digitali'.

    Sul fronte didattico prima ancora della sfida/opportunità della tecnologia mi sembra che la questione se vi sia interesse e motivazione da parte dei docenti a mettere in discussione metodi e modelli di insegnamento. Sono convinto che per quanti abbiano un atteggiamento di costante attenzione alla preparazione del materiale didattico la tecnologia non sia necessariamente una barriera.

    Un discorso analogo credo valga anche per gli studenti. Manca loro la spinta e la curiosità a conoscere. In presenza di questo 'driver' forte la tecnologia è vista per quello che è: un mezzo ed una opportunità.

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  4. Allora, sono d'accordo al 100% sul fatto che mediamente la nostra generazione di educati digitali è molto superiore a loro come conoscenze, competenze etc (come dovrebbe essere ovvio due volte: e perché siamo adulti e perché siamo i loro educatori) - e da questo punto di vista chi di noi vuole giocare alla playstation la usa molto meglio di loro. Io suggerisco ai miei alunni non solo l'esistenza di linux, opens source, browser, social, risorse, ma persino i link streaming per rigenerare megavideo. Detto questo, però, un paio di osservazioni con lo spannometro socio-geografico.
    1) temo che la realtà di un corpo docente in cui la maggioranza è digitalizzata a sufficienza sia molto discontinua nel territorio scolastico italiano. Da noi (scuola piccola, molti di ruolo, età media alta - io sono giovane, in questo contesto, ah ah!) la maggioranza non usa l'email regolarmente, non distingue il doppio click in ambiente office dal click di internet, non è in grado di dare o bloccare una stampa, non conosce il significato della parola rooter o periferica. Certo, non tutti, e il numero degli educati digitali aumenta (compatibilmente con le possibilità di andare in pensione di quegli altri), però stiamo messi così. E dunque poi si verifica che docenti bravi non riescono più a trovarsi con gli alunni, perché effettivamente li percepiscono come irrimediabilmente datati (mentre invece farsi vedere ordinariamente smart nella tecnologia è un ottimo modo per fare subito il capobranco, come sai!)
    2) Le risorse tecnologiche delle scuole in sé sono imbarazzanti. E spesso a un livello assai inferiore rispetto a quello che ciascuno di noi si trova a casa.

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  5. @Marco Campione. La tecnologia sarà pure un mezzo, utile (per carità), ma, appunto, è un mezzo. E un mezzo da solo non genera un bel nulla. Ora, da una parte abbiamo scuole senza fondi, in cui l'acquisto di robine tecnologiche è proprio in fonfo fondo alla lista delle priorità (vogliamo parlare di quanto siamo costretti a spendere -per legge!- per inutilissimi corsi di recupero?), dall'altra vanno bene gli effetti speciali, ma poi prima o poi bisogna affrontare il problema che lo studio - anche con le robine tecnologiche, per carità, che a me personalmente divertono moltissimo - insomma, lo studio è fatica.

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  6. @marco
    Ah, senza dubbio. Io sono il primo a dire che la tecnologia è un mezzo didattico utilissimo e che noi insegnanti la usiamo troppo poco. Aggiungo però che i ragazzi, mediamente, ne sanno meno di noi. E spesso questo è argomento che nessuno vuole nemmeno stare a sentire.

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  7. @alex
    Sì, Wikipedia la conoscono e la usano. Tendono anzi ad assumerla come verità rivelata: il che è un altro dei piccoli discorsi che ogni tanto mi ritrovo a dover fare: che su Wikipedia non c'è scritta la verità assoluta...

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  8. Per il resto sono più o meno d'accordo con tutti. Cioè, la tecnologia potrebbe essere un'opportunità didattica che noi insegnanti, per varie ragioni non tutte imputabili a nostre colpe, usiamo troppo poco. I ragazzi, che ne sanno meno di noi, ne subiscono in parte le conseguenze.

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  9. Io credo che la scuola italiana come istituzione dia poco spazio all'uso delle tecnologie. Finché il ministero vorrà da noi temini e interrogazioni, non ci sarà nessuna tecnologia digitale che tenga, perché non serve il computer per imparare a memoria le solite quattro fesserie.

    E infatti, per quel che ho avuto modo di vedere, le parti on-line dei libri di testo sono imbarazzanti: pagine di libro che potevano rimanere dov'erano e invece sono state prese e messe su un sito con una parola chiave, mentre nel web ci sono oceani di pagine fatte meglio gratis. Ma d'altronde quella è soltanto un'imposizione ministeriale per far vedere che siamo diggitali (come un tempo eravamo ggiovani), con risultati da scimmietta in frac (lo usa ma non sa perché).

    Temo abbiano poi ragione quei signori un po' catastrofisti che parlano dei nostri adolescenti come di ottimi clienti, ma pessimi utenti.

    LGO: vedo che c'è un fraintendimento di fondo. Il computer non è un "effetto speciale", non più di quanto lo sia un libro. Non esistono cose più importanti da fare prima di arrivare a quelle digitali. Semplicemente, le cose importanti le potremmo fare meglio e più efficacemente se avessimo più computer. Anche soltanto per manipolare insieme un google doc, che ti permette di insegnare a scrivere bene in italiano meglio di qualsiasi lavagna.

    Uqbal

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  10. Cmq, secondo me, anche su quest'argomento, era difficile dir meglio di così:

    http://marcorossidoria.blogspot.com/2011/11/quale-scuola-vogliamo-davvero.html

    Uqbal

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  11. Poi questi geni della tecnologica escono dalla scuola e se sul desktop l'icona per aprire il browser, internet explorer ovviamente, si sposta da destra a sinistra ti dicono che il computer non funziona, perché non la trovano e non riescono a lavorare. E non sto scherzando.
    ilcomizietto

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)