Non è mica del tutto vero, sapete. Intendo dire che non è del tutto vero che a leggere I promessi sposi di A. Manzoni (è lui l'Alessandro che dà il titolo al post, infatti) i quindicenni si annoino immancabilmente e senza speranza. Forse è vero nei nostri ricordi (lo è anche nei miei, a essere sincero fino in fondo) e forse appartiene a una di quelle mitologie scolastiche che, pur contenendo in sé più di un briciolo di verità, sono pur sempre, almeno in parte, mitologie. O almeno, se avete voglia di fidarvi di me, non è vero per quest'anno che i ragazzi della mia seconda si annoiano a leggere I promessi sposi.
Ma nemmeno gli anni scorsi, però. Diciamo che, con il tempo, ho cominciato a escludere alcune pratiche scolastiche e a includerne altre: e questo mi pare che porti qualche buon frutto. Per esempio non faccio leggere niente a casa, quando sono da soli e si distraggono: ho sempre pensato che la lettura come compito sia una specie di contraddizione e ho applicato questo pensiero anche alla storia milanese dei due ragazzotti del lago di Como. Piuttosto riassumo io, in classe, molti capitoli e rinuncio a malincuore alla loro lettura: ma quello che si legge va letto bene e in classe, tutti insieme.
Poi, altra cosa che negli ultimi anni mi ostino a fare, faccio leggere tutto a loro, ad alta voce. Io non porto nemmeno più il libro in classe, da diverso tempo. Ascolto, invece; e ascoltando mi pare di cogliere più da vicino il loro modo di leggere, il tempo del loro procedere sulla pagina, perché non ho una lettura mentale che guida me, ma mi lascio guidare dalla loro scansione narrativa. E poi assegno le parti, come se fosse teatro: due o tre fanno, a turno, la voce narrante, un altro interpreta Renzo, un'altra Lucia, un altro don Abbondio. Spero sempre di sceglierli bene: ma, visto che quando ci tocca il romanzo siamo già in seconda, in genere li conosco abbastanza bene e riesco a individuare gli attori con una certa efficacia. E mi rendo conto che alcuni sono molto bravi a leggere, altri addirittura recitano, alcuni sono autentici cani, ma pazienza.
E a volte li faccio proprio alzare in piedi e camminare, agitarsi, gesticolare seguendo le istruzioni di don Alessandro: don Abbondio con le pagine del breviario tra le dita, Renzo che stringe i pugni e mette mano al coltello, don Rodrigo con un ghigno sul volto. E ogni tanto riesce anche bene: alcune scene scatenano ilarità, altre riescono a commuovere, Lucia sta in genere antipatica a quasi tutti, ma io provo a difenderla, quando posso. Anzi, è proprio su quell'antipatia che spesso costruisco i miei interventi, partendo da un loro sentimento. E mi pare che anche questo funzioni bene.
E poi, un'ultima cosa, che ogni anno che passa mi pare sempre più decisiva: io intervengo poco. O meglio, lo faccio solo quando lo fa Manzoni. Non interrompo le vicende, nemmeno quando so che dovrei dire qualcosa perché magari non hanno capito. Aspetto, con pazienza. Aspetto che sia la voce narrante dell'autore a inserirsi nella storia (la qual cosa accade assai sovente, come ben sapete) e a quel punto mi sento autorizzato a intervenire anch'io. E mi rendo conto, tutte le volte, che c'è un ritmo, una vera e propria scansione del racconto, che non va spezzato: e che lo spezzerei se intervenissi quando pare il momento a me. Perché sbaglierei. Perché la storia è di Alessandro e Alessandro ha già deciso prima, due secoli fa, quando è il caso di intervenire; e (non c'è mica bisogno che ve lo dica) Alessandro era molto più bravo di me a scegliere tempi, ritmo e pause del racconto. E io, anche perché non ho il libro davanti e quindi non seguo una mia lettura mentale, mi rendo conto che se obbedisco a lui, faccio meglio. E i ragazzi seguono di più e capiscono prima. O almeno così mi pare.
Poi, naturalmente, non lo so. Perché vedo anch'io che in tanti leggono meccanicamente, che alcuni si distraggono, che non tutto funziona alla perfezione: ma è anche vero che la perfezione sarebbe troppo, anche per don Alessandro. E in ogni caso, anche se magari sono un po' ottimista, non ho mai avuto tanti genitori che, come quest'anno, siano venuti a dirmi che il lavoro sui Promessi sposi è la cosa che piace di più ai loro figli. Più di una mamma mi ha detto: «Ha convinto anche me a riprenderlo in mano: e lo sa che mi piace tantissimo?»
Io ho fatto finta di niente: so che c'è anche un po' di piaggeria in queste confessioni genitoriali. So che alcune mamme pensano che se mi dicono così, io poi do un voto migliore al loro bambino. Peccato che io mi dimentichi quasi subito chi di preciso me l'abbia detto, e non posso quindi premiare nessuno, né chi si dichiara felice di leggere il romanzo, né chi invece obbliga la madre a farlo anche lei.
Però, insomma, non è mica così vero che i ragazzi di quindici anni si annoiano e non capiscono niente della storia milanese di Alessandro Manzoni. È possibile che non capiscano tutto, sono d'accordo. Ma d'altronde nemmeno io capisco tutto, né del romanzo né di altro. E forse, a ben pensarci, siamo tutti persone che non capiscono proprio tutto, quando leggono. Capiamo qualcosa, a volte ci annoiamo, a volte ci divertiamo e ci pare una bella storia. E a me pare che più o meno vada così, anche in classe; e lo considero un buon risultato. Leggiamo tutti insieme questa vicenda e loro vanno a casa e dicono che è una bella storia; e alcune mamme arrivano da me e mi fanno i complimenti. Complimenti che io giro a don Alessandro, ovviamente: perché è lui a meritarseli e perché troppe volte la sua storia è stata derisa e bistrattata da persone che ne capivano assai meno di lui, anche se a loro pareva di capire chissà che. Ma lui, don Alessandro, per come è fatto, non se la sarà certo presa, me lo immagino: avrà sorriso e pensato che, tutto sommato, non bisogna mica farne una tragedia. Avrà pensato che così va il mondo. Anzi no, scusate: così andava il mondo nel secolo decimosettimo, ovviamente.
L'idea di far leggere loro è qualcosa in effetti a cui potrei puntare di più... Siccome (gli anni scorsi) mi sembrava che l'inespressività di diversi fra lor disinvogliasse tanti, negli ultimi tempi avevo puntato sul leggere io. Ma una lettura recitata, con personaggi scelti, è in effetti un'altra cosa.
RispondiEliminaPoi è verissima la questione del ritmo da non spezzare, e del fatto che non annoi. Annoiano di più le sovrastrutture sul contesto sociale; mentre sorprendono davvero i dialoghi e le mezze frasi che Alessandro mette in bocca ai personaggi...
E i suoi commenti - anche i più brevi - sono spesso delle vere perle: quello sui rapporti tra Abbondio/Perpetua; quello che ha per protagonisti i capponi destinati all'Azzeccagarbugli; le reazioni della folla davanti alla casa di Ferrer; i pettegolezzi che con nonchalance passano "di miglior amico in miglior amico"... ecc.
A me I Promessi Sposi era piaciuto talmente tanto (e l'avevo letto tutto a casa, da sola) che ai tempi l'insegnate mi prestò un libro che non so da dove avesse tirato fuori: l'Innominato.
RispondiEliminaEssa stessa si stupì di questa mia passione, ma non colse la palla al balzo cercando di recuperare il mio poco interesse per il resto della letteratura italiana.
Non si può stare simpatici a tutti, e va beh... Anche se gli insegnanti dovrebbero essere al di sopra delle simpatie.
Mi piace questo approccio e anche il volerlo fare leggere ad alta voce, credo sia un buon esercizio soprattutto per chi legge da cani, per imparare a leggere un po' meglio.
Prof. mi fa rimpiangere ogni volta di non aver avuto un insegnante come lei a scuola...
@SoulExplosion
RispondiEliminaNon rimpianga, mi dia retta. Nessuno ve bene per tutti, è la prima regola che si impara ;)
La mia domanda, su quest'argomento, è sempre la stessa, ripetitivamente: ma perché tutti i quindicenni devono essere costretti a leggere sempre lo stesso, sia pur splendido, libro?
RispondiEliminaA me questa imposizione suscita un violento senso di rifiuto. E non sono uno studente.
Uqbal
Secondo me, prorpio perchè è splendido. E anche perchè garantisce un patrimonio culturale comune, come la Commedia. Ma io lo so già quello che tu pensi di Manzoni, lo hai già scritto molte volte... ;)
RispondiElimina!!! L'ho già detto che I promessi sposi sono, secondo me, il Vangelo della letteratura italiana, ve? sì, sì, l'ho già detto, (lo dico sempre...) :)
RispondiEliminavabbè, lo ridico,
soprattutto mi preme farlo in questo post, perchè io, io, ho bisogno di dire che tale pensiero non ha alcuna relazione con la mia laurea in lettere, anzi.
io forse ho studiato lettere proprio perchè a 15 anni, ovvero in quinta, impazzii per manzoni e il suo romanzo, e la cosa accadde proprio per merito di, parola magica e rullo di tamburi, la mia Insegnante di allora. (Io quando si parla dei promessi sposi davvero impazzisco, vorrei, che so, leggerlo nelle piazze, farlo apprezzare a chi ne ha conservato il pregiudizio negativissimo... e poi, Lucia, come l'ho amata...e come l'ho trovata sempre meno stereotipata di quanto ne abbiano sempre detto...(scorfano, mi fa citare un pezzo "minore" che ho sempre adorato??? "Il marchese fece loro una gran festa, li condusse in un bel tinello, mise a tavola gli sposi, con Agnese e con la mercantessa; e prima di ritirarsi a pranzare altrove con don Abbondio, volle star lì un poco a far compagnia agl'invitati, e aiutò anzi a servirli. A nessuno verrà, spero, in testa di dire che sarebbe stata cosa piú semplice fare addirittura una tavola sola. Ve l'ho dato per un brav'uomo, ma non per un originale, come si direbbe ora; v'ho detto ch'era umile, non già che fosse un portento d'umiltà. N'aveva quanta ne bisognava per mettersi al di sotto di quella buona gente, ma non per istar loro in pari". secondo me, il più grande. ( e adoro tutto di lui, le sue nevrosi, le sue debolezze, l'apparente austerità, il paternalismo che paternalismo non era, il suo idealismo, il suo cattolicismo, il suo antidemocraticismo che antidemocraticismo non era, il suo distacco che distacco non era, la distanza sentimentale dal popolo rimproveratagli da gramsci che tale, ovvero distanza, non era, tutto. tutto. tutto. rasento il fanatismo, lo so. :)
Laura
@Laura
RispondiEliminaBe', sì, c'è un che di fanatico in questo tuo commento :-).
Ma qui, tra fanatici, sei la benvenuta.
(un po' di paternalismo, però, secondo me c'è, se devo dirti il vero...)
sarà, scorf.
RispondiEliminaanch'io ho intenzione di scrivere un post sui Promessi Sposi (che invece amo poco, anche se facendoli in classe ci sto scoprendo qualcosa di buono), ma la mia prospettiva è diversa: i miei ragazzi dell'ITC avrebbero bisogno di quell'ora per fare altre cose, per esercitarsi a scrivere, ad esempio.
e poi, perché manzoni e non verga o ariosto o le operette morali? credo che l'idea di "modello" che sottostà alla lettura scolastica del romanzo ormai sia bell'e che passato.
Be', sì, ma è una specie di, chiamiamola così, regola del gioco. E l'insuccesso odierno (ma anche di allora, se il mio prof. dice che persino carducci ne fece una resensione da "brigate rosse"), è dovuto secondo me, per semplificare, proprio al fatto che, come ho detto altrove, per "partito preso", molti non abbiano voluto intenderla, sta regola. non abbiano accettato nessun patto proposto dall'autore. vale a dire una volta che lo accetti, non te ne accorgi più. :)
RispondiEliminaIn tempi dove scrivere in buon italiano è un
RispondiEliminaoptional,un vezzo, direi che l'umiltà con cui
l'autore ha voluto risciacquare in Arno, la bozza di questa opera,è da considerare,quanto
meno,d'insegnamento.
Ecco, la noisette ha detto meglio di me quel che volevo dire (poi basta togliere ITC e metterci una qualsiasi scuola superiore, e va bene uguale).
RispondiEliminaUqbal
Anche io adotto la lettura espressiva, e funziona, per quanto i miei alunni siano ancora piccoletti (terza media). Io quando rileggo brani come quello della mamma di Cecilia o il "sopire e troncare, troncare e sopire" del conte zio mi rendo conto di quanto Manzoni, tacciato di bigottismo, noiosità ecc, sia in realtà un profondo conoscitore dell'animo umano. Anzi, direbbe lui "del guazzabuglio del cuore umano".
RispondiEliminaGran bel post.
no, con Ariosto non funziona. Ma con i Promessi Sposi (e più passa il tempo più me ne innamoro) quest'anno è successo il miracolo anche nella mia quinta di passivi. Sono fioriti. E io mi trovo ogni anno di più a sacrificare il piccolo Giacomo (che amo solo in prosa) per il "mio" Don Lisander!
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