giovedì 8 dicembre 2011

"p. della morte, del fulmine"

del Disagiato

Me ne sono accorto ieri pomeriggio, mentre spiegavo a moglie e marito la differenza tra un vocabolario piccolo e un vocabolario grande. Mi sono accorto di essere arrabbiato con il figlio di quei due signori, con i figli e le figlie di tutti i signori che vengono a chiedermi la differenza tra i vocabolari piccoli e vocabolari grandi. Mi sono accorto di avere in corpo tanta di quella rabbia da spiegare con voce dura che “la differenza tra i due vocabolari non sta tanto nella quantità di parole, ma nella quantità di spazio dedicato ad ogni parola”. Ecco, guardo negli occhi mamma e papà e intanto penso al figlio, a dove diavolo è il figlio in quel momento, a cosa sta facendo il figlio in quel momento, a cosa sta dicendo il figlio in quel momento. Perché lascia che siano i genitori a farmi domande sulle parole e la loro quantità? “Abbiamo paura di sbagliare, abbiamo paura di prendere un vocabolario non adatto a lui”, mi dicono e vi giuro che spesso e volentieri la parola “paura” me la ripetono più di due volte, guardando il pavimento della libreria, sotto i faretti del soffitto che risaltano i capelli bianchi anche più nascosti (in negozio siamo tutti più vecchi e consumati, credetemi).

Così ieri ho afferrato due dizionari, ho squadernato i volumi, ho cercato la pagina giusta e con il dito ho mostrato loro che alla parola “paura”, ad esempio, un vocabolario piccolo dedica due righe, mentre un vocabolario grande ne dedica uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, undici, dodici, tredici, quattordici e quindici righe. “Ecco, quindici righe per la parola paura, così potete sapere nel dettaglio cos’è”, ho detto ieri e loro si sono guardati in faccia e hanno sorriso e poi hanno guardato ancora me e poi di nuovo il pavimento. E nel frattempo, ne sono certo, sono stati riafferrati dalla paura di prendere un vocabolario non adatto al figlio. Sì, ma il figlio non poteva venir qua a capire un po’ come vanno le cose nei vocabolari? Non poteva interessarsi alla questione che tanto preoccupa i genitori? Perché il figlio, l’ho capito, è in età da motorino e non da ciuccio o giocattolo. Perché il figlio, magari, in questo momento sta facendo altro. Mentre i genitori hanno paura di sbagliare.

Penso con rabbia queste cose. Ripeto, me ne sono accorto ieri pomeriggio mentre davanti avevo questi due genitori stanchi e piegati, costretti a preoccuparsi della differenza tra un vocabolario piccolo e uno grande. Le penso oramai da tanto tempo. Mi sento nella condizione di provare rancore nei confronti di quelli più giovani di me e, badate, non per invidia per la loro giovane età o per la nostalgia dei tempi andati. No, non per quello. Ma per l’assenza o per quello che si chiama “menefreghismo”.

E pure io lo sono stato molte volte, menefreghista, e ancora qualcuno mi incolpa di esserlo. Però, come sempre, mi pare di esserlo stato meno di loro. Sono stato in molte cose meno di loro. Anche meno allegro, ad esempio. Anche meno spontaneo, anche meno incisivo. Però più presente per le cose che mi riguardavano. E non so quante volte posso aver costretto i miei genitori a dire ad un commesso “ho paura di prendere il vocabolario sbagliato”, “ho paura che non sia adatto a lui”. Magari tante volte e io non lo so. Boh, forse.

Alla fine, ieri, i genitori del figlio assente hanno preso il vocabolario più piccolo. “Siamo sempre in tempo a venir qua e a prenderne un altro”. “Sì, tenete lo scontrino e entro una settimana potete cambiarlo”. “Vediamo cosa dice lui”, hanno aggiunto. Lui. Lui che ora non c’è, ho pensato mentre mamma e papà se ne uscivano dalla libreria guardando il pavimento. Più si invecchia e più si guarda il pavimento, forse. Non lo so. Io so solo che un vocabolario grande e costoso dedica tante righe alla parola "paura", mentre uno piccolo ed economico poche righe. So questo e poco altro.

                                                                ***

Paura: 1 Intenso turbamento misto a preoccupazione ed inquietudine per q.c di reale o di immaginario che è o sembra atto a produrre gravi danni o a costituire un pericolo attuale o futuro: p. della morte, del fulmine; prima degli esami mi entra addosso una tremenda p. (…) 2 Batticuore, timore, preoccupazione…

8 commenti:

  1. Si diventa grandi, una volta che i genitori ce lo permettono. Usualmente questo momento coincide con la morte di uno o di entrambi, i genitori. Lunga vita alla nostra distrazione, quindi, e pace amen. E lei, per favore, si più comprensivo verso i bimbi stupidi, plis.

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  2. Come direbbero io miei alunni (quegli adolescenti straordinariamente presenti e puri che incontro ogni giorno): "Io, boh."

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  3. Disagia'?
    grazie perché ogni tanto mi dai l'occasione di di scrivere anche la mia arrabbiatura ...da qualche parte! :-)
    Porcamiseria, io mi sono sempre comprata da me libri e vocabolari! Sì, già dalle medie, andavo io in carto-libreria... (da noi c'era, c'è tutt'ora, la cartolibreria che faceva/fa arrivare i testi).
    uufff !

    g

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  4. non voglio difendere quei due, ma non è mica facile tirar su i figli... tendi a fare le cose al posto loro perché spiegargli come si fa a farle è troppo lungo e faticoso.

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  5. lucia, potresti dirmi in quale zona del post ho accusato i due genitori? Questa, volendo esagerare, è una dichiarazione d'amore ai genitori e alla loro fatica.

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  6. in nessuna parte... e grazie per la dichiarazione d'amore ai genitori :-))

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  7. sono libraia anch'io e questa cosa dei genitori che vengono a comprare i libri per i figli mi manda ai matti.
    passi per il vocabolario. ma quando arrivano con la lista dei libri da scegliere?

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)