lunedì 12 dicembre 2011

la precarietà della scuola

Ipazia Sognatrice ha congelato il suo blog qualche settimana fa, per il silenzioso disappunto di chi, come noi, la leggeva sempre con grandissimo piacere. E forse è stato proprio questo piccolo e taciuto lutto a convincere Ipazia, di cui sentivamo la mancanza, a raccontarci qualcosa di quello che accade a chi è nella sua, precaria, situazione di giovane insegnante. Una storia che è anche la descrizione di un meccanismo della scuola pubblica che forse non tutti conoscono, ma che è vita per chi, come lei, sogna ancora di poter fare il mestiere di insegnante. Ed è la storia che oggi lei ci racconta e di cui, fin da ora, la ringraziamo.
di Ipazia Sognatrice
Sono le 7:42 di mattina, e stai andando al lavoro. Mezza assonnata, senti il telefono squillare. Chi è?
“Istituto comprensivo XYZ, salve, la chiamiamo per sapere se è disponibile per una supplenza… a partire da STAMATTINA”.
La telefonata che hai atteso invano per due anni. E proprio quando avevi pensato che non sarebbe più arrivata, e che ti eri trovata un lavoro, eccola che arriva, la tua occasione di insegnare! Non è quello che magari avresti sognato: non si tratta di una cattedra piena, magari non è proprio la materia che vorresti tu (se sei laureato in greco e devi insegnare geografia alle medie ti sentirai un po’ un pesce fuor d’acqua), magari sono solo pochi giorni, poche ore… Ma eccola, è questa, è la chiamata: e tu, alle 7:42 di mattina, mentre vai al tuo lavoretto ultraprecario, devi decidere se mollare tutto, e inseguire, lancia in resta come i cavalieri delle fiabe, il lavoro – quel mozzicone di lavoro da insegnante – che hai tanto agognato. Oppure, dire di no, far finta di niente, di non aver mai ricevuto quella chiamata, sperando che si ripresenti l’occasione in un momento in cui ti trovi a non far niente – e sapendo che quella telefonata potrebbe non arrivarti più.

Scenetta abbastanza tipica, per chi sta nella famigerata “terza fascia” di supplenti scolastici: i paria fra i paria. Quelli che non. Non hanno la cattedra di ruolo, non hanno l’abilitazione, non hanno un modo per abilitarsi, e magari, per questa ragione, non hanno mai potuto insegnare in vita loro, o hanno potuto farlo molto poco.
Ma alla fine, tra pensionamenti e malattie, la chiamata arriva anche per loro. Forse. E, nel mio caso, al terzo anno di presenza in graduatoria. E uno si trova così, di punto in bianco, a dover fare una scelta che potrebbe essere, come tutte le scelte, quella che gli cambia la vita.
Ecco, se una persona come quella che vi ho descritto decidesse di dire di sì, di accettare l’incarico, quella persona potrebbe essere nella classe di vostro figlio, stamane.
È il caso che lo sappiate, anche se sembra che non freghi niente a nessuno, la cosa vi riguarda. Sapete, davvero, chi è l’insegnante di vostro figlio? Sapete qualcosa della sua formazione? Sapete, come è capitato lì?
Voi dite: ma certo, esistono graduatorie, titoli. Il merito. Vero. Ma che ce ne facciamo del merito quando una segretaria, la segretaria della scuola di vostro figlio, alle 7:42 del mattino chiama furiosamente ogni nome della graduatoria, fino ad arrivare in basso, dribblando e schivando fra chi ha già una supplenza, chi non risponde, chi è all’estero, chi fa un altro lavoro… Quando si è in queste condizioni, il merito non c’entra più. La supplenza non andrà al più meritevole. Andrà al primo che risponderà di sì. Siamo al caporalato.

È giusto che sappiate un’altra cosa. La persona che, alle 7:42, ha accettato il posto come insegnante di vostro figlio, non sarà abilitata.
“Come???” Rabbrividiranno le madri ansiose e i padri severi. “Niente abilitazione? Ma questo è uno scandalo! Solo il meglio per il nostro figliuolo!”.
Se dovessimo aggiungere un’altra beffa a quella del caporalato scolastico, sarebbe la storia davvero ironica delle abilitazioni. Perché all’università, quando io ci sono andata, la didattica della materia in cui ci si laureava non era compresa nell’indirizzo di studio. Per tutto questo c’era la SSIS.
Ne ho scritto già, altre volte: si trattava di una scuola biennale a numero chiuso dedicata a questo tipo di preparazione. Ha avuto nove anni di vita, e gli amici che l’hanno frequentata e che ho intervistato l’hanno descritta come un’istituzione assolutamente inutile. Altri magari non saranno d’accordo, ma nessuno può negare che avesse la sua funzione: sfornare pezzi di carta in cui si stabilisse chi era abilitato. Almeno, uno la patente per insegnare ce l’aveva.
Questa istituzione strana, da anni si parlava di chiuderla. E sempre, ogni anno, era ripartita con un nuovo ciclo. Fino a che l’ormai ex ministro dell’istruzione ha attuato finalmente questo proposito. E da allora, da quasi quattro anni, la patente per gli insegnanti non la si dà più. E si vive in un perenne stato di messianica attesa.
Si è parlato di un anno di tirocinio (TFA) che i volonterosi aspiranti all’insegnamento avrebbero dovuto compiere, previo esame di ammissione, per essere giudicati idonei alla professione. Tutti i non abilitati. Sia i neolaureati, che i precari non abilitati ma con esperienza. Chi aveva un dottorato e chi non l’aveva. Chi aveva esperienza e chi non aveva esperienza.
Sindacati, e associazioni, e gruppi su facebook, hanno sempre difeso di fronte al ministero i propri interessi. Scatenando a volte diatribe degne di una battaglia fra poveri che solo chi sta a contatto con la scuola può capire. Perché in una coda precaria che è un cancro in espansione da decenni non c’è posto per tutti, e se si dice “largo ai giovani”, chi è precario da un decennio se ne avrà – e non a torto – a male; e se si dice “largo a chi ha 360 giorni di servizio” i neolaureati, e chi anche fa altri lavori, che sono assolutamente lavori da insegnante, senza essere riconosciuto, allora si sentirà – e non a torto – defraudato di un diritto.
Sì, perché l’abilitazione è un diritto, non un privilegio. Io mi sono laureata, e con il massimo dei voti, tre mesi dopo i miei colleghi (alcuni dei quali vi auguro non siano MAI i docenti dei vostri figli) e per questo la SSIS mi era preclusa. Ho un dottorato, un master, e tre pubblicazioni su riviste universitarie che per quel che riguarda il merito, e i famosi punti in graduatoria, non valgono nulla (mentre valgono le incisioni per chi insegna musica).
E sono assolutamente disposta a sottopormi ad un altro esame che verifichi, ancora una volta, la mia idoneità e la mia preparazione. Anche se ciò si risolverà in un mucchio di crocette e risposte multiple, a sgomitare in mille per un posto solo, sapendo che tanti, e tanti buoni insegnanti – e non sto necessariamente parlando di me – resteranno fuori.
Ma aspetto una risposta, una risposta definitiva. Una risposta che includa anche quelli come me. Una risposta che non mi sbarri la strada, e che magari mi permetta di organizzare la mia vita, come è un mio diritto.
E magari, una risposta che dia una soluzione del problema, se non per l’eternità, almeno a medio termine.
Per mesi si è detto che questo TFA sarebbe partito entro il 2011. Non è stato così, e si vociferava di gennaio 2012. Poi, il governo è caduto, e pareva che il neoministro non vedesse bene la soluzione del TFA. Che lasciava parecchi dubbi a tutti. Ma era anche l’unica speranza, l’unico modo in cui era stato affrontato il problema di chi per quattro anni era stato ad aspettare.
Ora, pare che questo TFA si farà ancora. Tra gennaio ed aprile . Chissà.
Chissà quante smentite, e contro smentite, fino ad allora. E chissà quanti si prepareranno a sostenere la prova di ingresso. Quanti saranno giudicati idonei, e quanti non saranno giudicati tali. E chissà che cosa verrà dopo.
Verrà un’altra pezza, ve lo dico io. Un’altra pezza, magari un concorso, un’abilitazione di massa, o un’altra SSIS. Che non eliminerà il cancro del precariato a scuola, che farà passare alcuni, taglierà le gambe ad altri, come è sempre stato. E come al solito, si deciderà tutto in pochi giorni, in poche ore, il tempo di rispondere a qualche crocetta. E in un battibaleno si deciderà se hai speso bene o sprecato questo tempo di attesa. E se fallirai, bisognerà aspettare un altro treno, sperando che passi. Arrabattandosi, come sempre, fino a che, alle 7:42 di un giorno in cui stai per fare dell’altro, verrà fuori anche il tuo numero. E decidere, allora, se salire in giostra ancora una volta, per la cosa che ci piace fare, e che si è studiato molto per fare, o se mandare tutto e tutti, anche noi stessi, cordialmente a fanculo.

47 commenti:

  1. Il discorso di Ipazia e' piu' che sensato, e' sacrosanto.

    E ha anche omesso qualche dettaglio qua e la' che pure renderebbe ancora chiaro quanto e' tragica la situazione del governo della scuola: ad esempio, con tutta questa gente che nella vita non aspetta altro che di insegnare, lo Stato assume gente che, avendo fatto un concorso piu' di dieci anni fa, nel frattempo ha fatto tutt'altro, avviandosi a solide carriere, che vengono abbandonate per il grazioso dono di un posto statale.

    Come se ne esce? Io, per i miei due cent, ho la mia risposta. Basta concorsi e graduatorie. Si attivi il TFA (o si renda abilitante la magistrale, come avviene grosso modo nel resto del mondo) e si lascino liberi i Collegi Docenti di ogni scuola di assumere gli insegnanti che ritengono migliori.

    Cosi' se hai anni di servizio in una scuola di recupero si puo' valorizzare la tua esperienza, se ne hai dieci nella scuola pubblica ma ti sei sempre guardato l'ombelico, rimani in mezzo ad una strada.

    E chi e' disposto a spostarsi lo fa, chi non lo e' ne paga le conseguenze. Chi e' entusiasta viene premiato, chi e' un misantropo paracadutato per ripiego nell'insegnamento si trova qualcos'altro su cui ripiegare.

    E soprattutto non si fanno promesse fallaci.

    Uqbal

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  2. Sarebbe bello poter fare come dice Uqbal, purtroppo ci si scontrerà sempre con i Sindacati, che a quanto pare hanno come unico scopo salvaguardare i diritti dei meno meritevoli (potrei raccontarvi...).
    Come minimo, imporranno nel testo della normativa una di quelle parole apparentemente innocue (avete presente l'"esclusivamente" di cui si discute ora per l'ICI?): "anche", "entro il termine", ecc. ...

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  3. Purtroppo la postilla di Bruna e' giustissima.

    U.

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  4. Insomma. Chiaro che il meccanismo concorsuale non funziona, non così. Però la realtà non è tagliata con l'accetta come alcuni commenti di Uqbal (mi si perdoni la confidenza): la realtà è ben più sfumata.
    Io sarei d'accordo a rendere abilitante la laurea magistrale (purché impostata sull'insegnamento, fin dall'inizio), ma a patto di renderla ben più selettiva di come è ora. E sarei anche per il numero chiuso in certe facoltà (come Lettere) il sui sbocco principale è l'insegnamento.
    La chiamata diretta da parte delle scuole (del Dirigente, però: un collegio docenti non potrà mai decidere in merito) funziona solo se il terreno è ben preparato. Se la si impone sul casino che c'è ora (e sulle facoltà universitarie per come ora fuinzionano) anche la chiamata diretta sarà un fallimento.

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  5. la chiamta diretta...
    sempre che tutti i presidi siano illuminati
    (e integerrimi).

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  6. Scorf

    Si', e' tagliata con l'accetta (e sui miei commenti direi che sei stato pure diplomatico! ;-)), ma nemmeno tanto irrealizzabile. E non ho citato il Preside perche' conosco le obiezioni e usuali (quella di Acacia, che ha pure ragione). Avrei potuto dire Consiglio d'Istituto, Dipartimento, una commissione ad hoc che inglobi tutti questi organismi...

    Sulla selezione e sul numero chiuso sono stradaccordo (e' la situazione della Finlandia, che ha le migliori scuole del mondo, secondo l'Ocse-Pisa).

    Uqbal.

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  7. C`è sempre qualcuno che ha da lamentarsi, figurarsi di questi tempi, ma quel che più mi sorprende che ci si lamenta degli altri senza mai almeno una volta un mea culpa. Troverei sensato se un precario ammettesse che nella vita ha sbagliato qualcosa, specialmente poi quelli della scuola. Mi risulta che i precari della scuola ce ne sono sempre stati, sin dagli anni ottanta, nonostante il problema era noto a tantissimi sembra che fosse totalmente sconosciuto ai diretti interessati. Se prima di iniziare un percorso scolastico si fossero aggiornati meglio, sicuramente avrebbero optato per un altro studio. Oggi avremmo meno insegnanti precari e tanti più agronomi che servono tanto all`Italia

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  8. Bello e amaro il post ipazia.
    "l'abilitazione è un diritto, non un privilegio".
    anche secondo me dovrebbero provare a rendere abilitante la magistrale, "ma a patto di renderla ben più selettiva", come dice bene lo scorfano, e concordo pure sul numero chiuso per alcune facoltà, tra cui lettere.
    la materia mi è molto a cuore. laureata col massimo dei voti da meno di un mese lettere in sostanza sto tfa rappresenta per me adesso l'unica speranza. e sono d'accordo sulla guerra tra poveri, perchè, lo dico onestamente, quando sul sito di orizzonte scuola ho letto dei sindacati e di tutto il coro pronto a difendersi a causa dell'ingiustizia del decreto che in pratica, col tfa, avrebbe messo tutti sullo stesso piano, cosa volete che abbia pensato io?
    io sono laureata, ho tutto il diritto di intraprendere questo percorso; il fatto che, come dire, arrivi dopo altre persone, non significa nulla. ovvero. significa che io non ho esperienza, e le altre persone sì. ma, voglio dire, prima o poi anch'io dovrò diventare una persona che avrà maturato esperienza, o no?
    mi sono immatricolata quando ormai era obbligatorio il nuovo ordinamento, incastonata a puntino nella riforma, ovvero il 509, e alla magistrale, causa isterismi della tutor, mi hanno impedito di passare alla 270. il che vuol dire che tra triennale e specialistica ho sostenuto 62 esami (sic). io non posso sentirmi dire che devo aspettare (chissà quanto) ulteriormente.
    dunque è logico che confido nel tfa, e anzi quando l'11 novembre è uscito il decreto, mi sono sentita come "graziata". anche a me è stato raccontato quanto sia stata inutile la ssis, e mi intristisce pensare al fatto che, per quanto riguarda le elementari, la laurea in scienze della formazione primaria sia abilitante (mi intristisce perchè conosco diverse realtà provenienti da quell'ambito, e trovo ingiusto il fatto che lo studio di discipline quali psicologia, pedagogia, che sono inserite in quei piani di studio, automaticamente renda appunto abilitate le persone che poi otterranno la laurea (considerando che per tot moduli di psicologia hanno uno e uno soltanto esame di storia, di una storia soltanto, dalla greca alla contemporanea (...), un esame di lett., uno di linguistica, e così via. mentre, tutto quello che ho studiato io ha bisogno di chissà quante ore di studio di psicologia per permettermi di essere un essere umano abilitato all'insegnamento. però, mi rendo conto, anche il mio discorso puzza di "guerra tra poveri". in ogni caso, io sono disposta a fare tutto quello che ci sarà da fare, sto riflettendo se fare o meno il dottorato, sto valutando. sono nel post-laurea e sono confusa. una cosa è certa. quello che ho studiato fa parte della mia vita, l'ho fatto perchè mi andava e non ho voglia nè la pazienza di rispondere, a quelli che mi stanno chiedendo "cosa farai allora? bè, tanto manco puoi più insegnare", che "sì, infatti, mi sa che mando curricula per un lavoro da commessa part-time, tanto, insegnare, no...". il lavoretto ultraprecario sì, per forza. oggi. chè tra dieci anni voglio il mio lavoro. quello per cui ho studiato. ripeto, quello per cui ho studiato, e la cui POSSIBILITA' di farlo, egoisticamente, mi deve spettare di diritto.
    Laura.

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  9. (Ci voleva Ipazia, per far rispuntare Zagabart) ;)

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  10. Allora, premetto che sono un'ex-sissina (e mi permetto: di solito, chi dice che le SSIS non servivano a nulla, o non l'ha fatta, o l'ha fatta coi piedi), ho sulle spalle 7 anni di precariato (nonostante l'abilitazione co massimo) e da tre anni sono di ruolo, dunque penso di conoscere piuttosto bene la situazione.

    Al di là della vexata quaestio sulla cronicità del precariato in Italia e su come risolverlo, io posso dire questo: mi sono abilitata nel 2003 (III ciclo) e ci ho messo 5 anni a entrare di ruolo (in una provincia molto popolosa, nella classe di concorso più "facile" da scorrere per l'alto numero di posti, l'A043 - lettere alle medie) con l'ultima "infornata Fioroni". I miei compagni che si sono abilitati con me ma hanno scelto, ad esempio, lettere nei licei (molti meno posti), non sono ancora di ruolo e dall'inizio dell'"era Gelmini" hanno avuto parecchie difficoltà a lavorare con continuità. Chi si è abilitato anche solo un anno dopo di me è entrato in ruolo uno/due anni fa; credo che i sissini del V e VI ciclo immessi in ruolo si contino sulle dita di una mano. E i cicli SSIS sono ben NOVE.
    Quindi, la realtà dei fatti è che in Italia ci sono moltissime persone, già abilitate, che lavorano in modo precario.
    La mia domanda è: ha senso sfornare altre centinaia/migliaia di abilitati quando, dopo i tagli, i posti di lavoro sono pochi anche per chi ha già una (o due, o tre) abilitazione (e la situazione peggiorerà con l'innalzamento dell'età pensionabile)?
    Io credo che non sia corretto né onesto chiedere a tanti giovani (seppure bravi, seppure volenterosi) di investire energie, tempo e denaro per conseguire un titolo obiettivamente non spendibile nel mondo del lavoro. Come è ovvio, nelle scuole ci sarà sempre necessità di supplenti per malattie, maternità, semiesoneri, spezzoni orari di cinque o sei ore, ma è possibile basare la propria indipendenza economica, il proprio progetto di vita su un lavoro da sei ore a settimana o da due mesi e mezzo all'anno? Io credo di no. Per questo spero che prima di attivare questo benedetto TFA ci sia una seria riflessione sul problema e sui modi di risolverlo.
    Mi scuso per la lunghezza.

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  11. @laura: leggo solo ora i tuo commento e mi permetto di replicare alla prima frase: no, mi spiace, l'abilitazione non è un diritto, come non lo è laurearsi in ingegneria aerospaziale o in neuroscienze - il concetto del "numero chiuso" non è equivalente a quello di "privilegio".
    diritto è quello di avere un futuro lavorativo e, in questo momento, non è certo l'abilitazione a garantirlo.

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  12. @lanoisette
    "ha senso sfornare altre centinaia/migliaia di abilitati...?".
    capisco la tua esperienza, e mi fido della buona fede della tua domanda, e sono d'accordo che dovrebbero trovare rimedi, per il futuro.
    però 1 così come tutti voi avete ottenuto l'abilitazione, è giusto che io abbia, come ho detto, la possibilità di ottenerla, al pari vostro.
    scusami, ma sei evidentemente in una posizione "più vantaggiosa", e dunque è normale che chi non abbia sta cavolo de abilitazione, la voglia.
    2 ( e so di andare contro lo scorfano) sinceramente a me il discorso "dissuadete la gente dallo studiare per fare il professore", oltre un fondo di realismo e pragmatismo che, in questi tempi, è necessario, non mi piace. non mi piace perchè lo trovo egoistico. è come dire (non ho figli) che se avessi un figlio, autocompiaciuta di aver potuto gironzolare a vent'anni coi libri di critica letteraria in mano, se quest'ultimo mi dicesse "voglio fare lettere", io, secondo queste logiche, gli dovrei rispondere "no caro, meglio ingegneria". ma mai direi una cosa del genere. ognuno si prende la responsabilità delle conseguenze di aver studiato il cavolo che gli è parso. vale a dire, non è che perchè in famiglia ci sarò stata io, e dunque "la persona colta" sarò stata io, allora lucchettiamo Pascoli e D'Annunzio. Io l'ho voluto fare, nonostante sapessi almeno un po' a cosa sarei andata incontro. solo perchè tra vebt'anni sarò matura, avrò il diritto di, appunto, dissuadere qualcuno perchè io avrò capito chissà cosa e lui ancora no? ognuno ha il diritto di sbagliare da solo. secondo me.

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  13. @lanoisette
    l'abilitazione è un diritto, non un privilegio lo dice Ipazia. era una citazione. che io ovviamente sottoscrivo. (perchè se studio una cosa ho diritto a poter acquisire quel pezzo di carta che poi mi permetterà di lavorare. con quello che ho studiato.)

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  14. @Laura
    Capiamoci: io non intendo la dissuasione come un blocco, un "no" monolitico senza possibilità di alternative. La intendo semplicemente come numero chiuso e alta selettività universitaria, in modo che a uscire "abilitati" siano i più motivati e, in qualche modo, meritevoli. Anche perché mi pare che è di questo che abbiamo bisogno.

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  15. scorfano, ma tu non hai idea di quanto io sia d'accordo con te. solo. capisco sto discorso per le, chiamiamole così, nuove leve. ma, se tutti in questo momento ragionano in modo giustamente "egoistico", io pure non posso esimermi, e non posso dire ok, sì, faccio altro. io ( tanti altri come me) ORMAI ho concluso il ciclo di studi. io sono del tutto formata per quel lavoro là, e per nessun altro. riuscite voi che già insegnate a mettervi nei nostri panni? io non sono una ragazzina. non posso inventarmi di essere e di saper fare altro. e quindi almeno quel diritto alla possibilità (che non significa lavoro sicuro, significa possibilità) devo poterlo avere.

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  16. @laura: ti cito "ognuno si prende la responsabilità delle conseguenze di aver studiato il cavolo che gli è parso". appunto: in questo momento (ma anche quando mi sono laureata io, 10 anni fa, anche se in modo diverso) chi studia lettere dovrebbe sapere di non avere molti sbocchi lavorativi...
    e, tra l'altro, laurea e abilitazione sono due cose diverse: il fatto di essersi laureati non garantisce il diritto all'abilitazione, così come non garantisce il superamento del concorso per accedere all'ordine degli avvocati o dei giornalisti. e così è dappertutto: in Francia, ad esempio, il meccanismo dell'Aggrégation (molto più selettivo di quello italiano), non lascia scampo: tot posti, se sei dentro lavori, se non sei dentro, grazie, ritenti l'anno prossimo, sarà più fortunato.

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  17. @Laura
    Io infatti non parlo dei già laureati come te, ma di coloro che si devono iscrivere adesso a una facoltà universitaria. A me dispiace vedere voi tenuti fuori dalla scuola: anche perché io so (da dentro) quanto bisogno ci sarebbe di forze nuove e di entusiamo. Solo che un reclutamente fatto (non fatto) in questo modo finisce per togliere anche a voi l'entusiasmo ancora prima di cominciare.
    (io, per quanto riguarda voi neolaureati, sono d'accordo con Ipazia, guarda: rispondevo alla questione che tu avevi proposto citandomi nel tuo commento, non ad altro) ;)

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  18. @Lo scorfano: ci sono, vi leggo sempre (sia voi che Ipazia quando postava) è che anch'io.... mi acquatto sul fondo!

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  19. @lanoisette
    ascolta, per me è un diritto il fatto di poter accedere almeno a una prova che dica sì, ok, puoi fare il tfa, ma chiamiamolo gatto, puoi fare il gatto, che alla fine ti darà l'abilitazione. capito? non dico che me la devono dare oggi, perchè so bella. dico che è un mio diritto, dopo millanta anni di studio e uscita col massimo dei voti, poter partecipare a uno straccio di prova che avrà come esito la possibilità per me di bla bla. fino ad oggi io non avrei potuto far nulla, se non le supplenze. e senza mai intravedere una prospettiva. ecco perchè è così importante il tfa. io credo che sia appunto una questione di "mettersi nei panni di". per me oggi quella è una speranza. mi illudo? non insegnerò mai? non importa. è una strada. e con l'idea di poter "ottenere" l'abilitazione, è una strada che posso percorrere. e visto che sarebbe l'unica prevista dal mio percorso di studi, col tfa ha senso che io mi metta a sperare. altrimenti, non avrebbe senso neanche sperare. e da subito dovrei rinunciare? voi, avreste rinunciato? riuscite a vedervi altra cosa dall'essere insegnanti?

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  20. (@Zagabart: l'acquattamento, lo so, è una condizione meravigliosa...)

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  21. @tutti
    Avverto che Ipazia non è scortese, a non rispondervi. E' solo offline fino a stasera. Poi ne avrà per tutti, eh eh... ;)

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  22. @laura: ma quello che sto cercando di dirti è che, ad oggi, anche col TFA non avresti altre prospettive che una supplenzina qui e una là! io ho colleghe che a 45 anni si trovano a fare supplenze su classi di concorso nelle quali sono abilitate (magari 20 anni fa) ma non hanno mai insegnato... c'è gente di ruolo (io, ad esempio), costretta ad insegnare su classe di concorso diversa da quella su cui è in ruolo perché alcune classi di concorso in cui si sinsegnava senza problemi e c'era spazio per i giovani sono diventate in esubero nel giro di 2 anni!

    e sul secondo questito la mia risposta è: SI'. se non avessi passato il test della SSIS o mi fossi resa conto che, anche con l'abilitazione, non avrei potuto insegnare in modo continuativo, mi sarei - con dispiacere - rimboccata le maniche e avrei cercato altro, perchè alla fine non si può vivere inseguendo un sogno e costruendo castelli in aria.

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  23. Ipazia stava a lavorare, e adesso risponde.
    @Lanoisette: l'abilitazione non sarà un diritto, ma il diritto che io ho è la POSSIBILITA' di avere un percorso abilitativo da tentare. Dire che l'abilitazione è un diritto è, come dire, improprio (si, so che l'ho detto io): io non posso pretendere che mi abilitino così, per i miei begli occhi. Ci deve essere una selezione, e io, come ho scritto, quella selezione sono dispostissima ad affrontarla. Ma non è giusto che io, che ho studiato - e pagato con le rate universitarie - in un percorso che avrebbe dovuto potermi garantire una possibilità di accesso alla scuola. Un percorso che c'era (la SSIS: i miei amici ne hanno detto tutto il male possibile, ma se da qualche parte c'è qualcuno che dice che gli è stata utile, tanto meglio), e che è stato tolto, e sostituito con il nulla.
    So perfettamente che né la SSIS allora, né il TFA adesso, mi garantiranno un posto, ma NON è giusto che io debba essere esclusa dal provare per semplici ragioni anagrafiche, perché ci sono tanti precari prima di me, e non è giusto. Poi, io per prima adesso sto facendo dell'altro, ma non mi va giù che la mia competenza e la mia preparazione non possano, se non altro, essere tenute in considerazione perché sono troppo giovane.
    @ Scorfano: il numero chiuso alle facoltà di lettere ci vuole, come ci vuole anche un'assunzione di responsabilità da parte dei docenti universitari (in mano ai quali è storicamente messa l'organizzazione della SSIS, e ora, sempre che parta, del TFA) che non possono promuovere chiunque, e con voti stellari. Ho visto e sentito cose, per bocca dei miei ex colleghi (che ora insegnano, o fanno supplenze) che potrebbero farvi arricciare il sangue nelle vene (sì, proprio arricciare il sangue). Ci vuole una ricerca di qualità e di merito fin dal primo anno. Ma non vedo niente del genere: vedo solo un laureificio mangiasoldi.
    @Uqbal: quanto alle assunzioni a cura delle scuole stesse. Ora, nel mondo perfetto, magari. Ma siamo in Italia: così in pochi anni ci saranno scuole a conduzione familiare, con assunzione regolari di cugini, parenti, nuore, o abilitande/i compiacenti a elargire favori sessuali in cambio di ore di lezione. Non voglio nemmeno pensarci.

    Io non ho soluzioni, e mi rendo conto che agli occhi di una come lanoisette forse dovrei cercare dell'altro. Me ne rendo conto anch'io, da qui la prospettiva finale del "fanculo". Ma sono stufa che non venga fatto nulla, che alla fine, con tutti questi sindacati, gruppi sociali, di FB, ecc... non si faccia altro che mettere pezze che vorrebbero accontentare "i soliti" e invece scontentano tutti, con il risultato che alla fine chi patisce è sempre l'ultimo arrivato, che non ha protezioni. Cioè IO, con molti altri.

    Grazie per avermi letta e commentata.
    @Zagabart: di tornare a scrivere non ne ho per il momento proprio il tempo, ma ti ringrazio
    veramente tanto.

    Ipazia S.

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  24. Lascio un ultimo commento, in riferimento a quanto scritto qui sopra da Ipazia.
    E' vero che la "chiamata diretta", per come stanno le cose ora, è piuttosto improponibile. Ma c'è un ma. Una volta sistemato il percorso di abilitazione come si deve, vale a dire: università a numero chiuso o simili, laurea magistrale abilitante solo per coloro che dopo la triennale (cioè a 22 anni) decidono che l'insegnamento è davvero la loro strada professionale, iter molto selettivo per tutti, in tutti i gradi del percorso, ecco che la chiamata diretta diventa lo strumento migliore. Se non ti chiama la scuola che è dietro casa tua, magari ti chiama quella a 10 km di strada, ma comunque il percorso garantisce la tua formazione, a te come alla scuola. Insomma, il problema non è la chiamata diretta in sé, a mio parere, ma come si arriva alle liste entro cui un dirigente può effettuare tale chiamata.

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  25. Scusate, vorrei fare un esempio per capire meglio.

    Ma se c'è un mare di gente che ha già ora i titoli per insegnare e non insegna perchè le graduatorie sono sterminate, cosa cambia per l'ultimo avere oppure no la TFA?
    Si pensa realisticamente che dopo aver fatto la TFA si andrà in cima alla lista o, più realisticamente, si verrà comunque superati da quelli che già prima stavano davanti?
    No perchè la TFA mi pare solo una modo per rimanere in un limbo di un sogno non realizzabile dato che in Italia quel settore sarà oramai bloccato per decenni.
    Non vorrei essere troppo duro, ma per i giovani forse conviene veramente prendere armi e bagagli ed andare a fare qualcosa altrove.
    Riccardo (ingegnere)

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  26. @ipazia: io capisco il tuo punto di vista, eccome. il fatto è che per dare spazio a te e a quelli come te, anche attivando i TFA, bisognerebbe rivoluzionare il sistema di assegnazione dei punteggi nelle graduatorie e - da sissina che in un anno solo si è vista scippare 54 punti (30 di SSIS+24 per l'abilitazione col massimo)in una botta perché bisognava garantire il posto "a chi aveva più anni di esperienza/a chi aveva più diritti" - so che questo è materialmente impossibile.
    in sostanza: con questo sistema, con questi tagli, sic stantibus rebus insomma, l'attivazione del TFA, per voi, non cambierebbe nulla: precarietà e supplenzine, nient'altro.
    tu sei laureata in greco, vero? beh, ci sono tanti colleghi, di ruolo sulla A052 da anni (e anche sulla A051), che dall'anno scorso sono stati spostati su altre classi di concorso (A050/A043) perché non ci sono abbastanza cattedre: cui produnt altri abilitati?

    se il sietema cambiasse, se anche solo rientrassero le cattedre e le ore tagliate, sarebbe un altro paio di maniche. e ti assicuro che io sarei tanto contenta, a 35 anni, di non essere sempre "la più giovane" in ogni scuola in cui mi capita di insegnare

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  27. Cercherò di fare una media nicodemista, dunque probabilmente scontenterò tutti. Allora, i miei 2 cents:

    1) nella scuola, forse non tutti lo sanno, le graduatorie non scadono: nel 2008 è entrata in ruolo una mia collega abilitata nell''85 (immaginiamo in che posizione; anzi no, ve lo dico io, millesima e oltre). Questa è la vexata quaestio del doppio canale (sindacati, quanti danni). Iniziamo con il fare scadere le graduatorie dei concorsi (ma anche della SSIS e di qualunque altra forma abilitante che dia graduatorie, come in Francia, ma, banalmente, come negli altri concorsi pubblici. Siamo insegnanti, che si capisca la differenza tra idonei e vincitori di posto. E che le graduatorie di idoneità scadono. Dopo, tana libera tutti (come appunto con l'aggrég in Francia, e si rifà il concorso quando c'è bisogno).
    2) Questo ovviamente libera posti per nuove leve che hanno il diritto non ad abilitarsi, ma come dice Ipazia a avere una porta reale sulla abilitazione, senza che la loro strada sia ostruita dai dinosauri.
    3) Detto questo, due affermazioni uguali e opposte: a) a scuola non si può arrivare per caso [per questo ben vengano le graduatorie a scadenza]; b) bisogna anche sapere avere, come in tutto nella vita, dei convincenti e appaganti piani b [mi pare evidente che questo, come dice Ipazia, la scuola non lo permetta in questo momento; ma mi pare evidente che sia stata presa come scialuppa stipendiaria da troppi, nel presente come nel passato];
    d) basta con graduatorie basate sull'anzianità: merito, merito, merito e dunque:
    e) selezione dura all'università attraverso tutti quei meccanismi (numero chiuso, imparare di nuovo a dare anche a lettere voti sotto il 27 - lo dico per esperienza, io che boccio e do 18 vengo guardata molto male);

    Finalmente, in gloria:
    f) così sarà possibile arrivare a un meccanismo di selezione diretta (magari da graduatoria - in parte questo avviene anche in Francia).
    E forse avremo nella scuola non gente che arrotonda le entrate di famiglie o gli scatti della pensione pubblica, ma gente motivata e, soprattutto, che è possibile rinnovare (graduatorie che scadono!) con una certa celerità.

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  28. E' bello vedere che c'è un luogo in cui le diverse coorti di insegnanti o aspiranti tali possano dialogare. E' una cosa che per esempio nelle scuole non vedo capitare quasi mai.

    Il punto è questo: la pubblica amministrazione, e nella scuola ciò è ancora più evidente, ha creato un sistema ingarbugliatissimo di diritti acquisiti, per cui tutti corrono verso un traguardo che gli è stato garantito, ma è sempre più lontano (e slegato da qualsiasi logica di merito o di buon senso). Senza entrare in dettaglio: i prof. devono spesso declinare possibilità anche ottime di lavoro, se ciò non entra nel computo dei punti...

    Questo avviene perché il sistema è inemendabile: accogliere l'istanza di un gruppo significa deprimere quella di un altro (per cui io guardo con ORRORE alla possibilità che si aprano canali preferenziali per gli abilitati TFA).

    Io insegnante cosa posso proporre, dunque? Io devo lottare in primo luogo per me, come individuo. Ma io come individuo non otterrò mai nulla se la mia lotta e le mie istanze non diventano un fatto sociale. Il mio problema devo condividerlo con altri, che possono stare meglio o peggio di me.
    Poi non posso semplicemente chiedere o pretendere (anche se alcuni titoli li avrei): la mia istanza può essere colta soltanto se il sistema la può assorbire. E fanno male i precari, anzi, i nostri pelosissimi sindacati a dire: tutti di ruolo! Come se scuole, studenti e casse dello Stato fossero variabili indipendenti...

    Allora, cosa posso onestamente chiedere? Anzi, cosa posso chiedere ed offrire?

    Non posso chiedere il ruolo sic et simpliciter, ma posso chiedere allo stato di potermela giocare: mettetemi alla prova, mandatemi, curriculum alla mano, nelle scuole, interrogatemi. Se mi vorrete, bene, se non mi volete farò altro, ma almeno ho un margine di controllo sulla mia vita: posso aggiornarmi, fare esperienze, volontariato, fare altri lavori formativi senza l'assillo della graduatoria.

    Non posso certo chiedere di lavorare nella scuola più vicina a casa, ma potete lasciarmi la possibilità di uscire dalla provincia. Mi sembrerebbe onesto, utile per me e comodo per l'amministrazione.

    Azzeriamo quindi i diritti acquisiti: graduatorie ed idoneità concorsuali, ma lasciamo aperta a tutti gli abilitati, e agli abilitandi, la possibilità di inserirsi autonomamente nel mercato del lavoro (sia pure con i numeri chiusi e le selezioni, ovviamente).

    Uqbal

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  29. Vorrei rispondere all'Ingegner Riccardo che, come altri, ha detto, a me e a tutti gli altri aspiranti insegnanti non abilitati, di andare a cercarmi un altro lavoro. Un consiglio pragmatico, il suo, ma è bene aggiungere una precisazione. C'è una differenza sostanziale tra abilitati e no: a parità di punteggio (acquisito per merito, titoli, servizio, ecc...), gli abilitati sono chiamati prima dei non abilitati dalle scuole in cerca di supplenti, anche se per titoli o servizio, quelli della "terza fascia" (i non abilitati) possono avere (non è frequente, ma succede) dei punteggi più alti. Il che fa una bella differenza, capirete.
    Aprire un canale per abilitare chi passa una selezione (sulle modalità della quale si può discutere) offre a quelli ritenuti più meritevoli della terza fascia qualche possibilità in più. Non è l'optimum, ma non è nemmeno una porta sbarrata.
    Quanto al vagliare situazioni alternative: certo, è possibile. Però vorrei portare l'attenzione di Riccardo e degli altri sulla prima parte del post, la parte in cui descrivo la scenetta, realmente successa alla sottoscritta, della chiamata dalla scuola. Non voglio lanciarmi (ancora) in piagnistei stucchevoli. Ci sono cose peggiori. Vorrei solo che voi rifletteste sul fatto che non è così facile voltare le spalle a un lavoro che VUOI fare, anche quando si sa perfettamente che bolgia è farlo. Rifletteteci e basta: e vedrete che sarete d'accordo con me nel concludere che "fare dell'altro" alla fine è possibile, ma non è affatto facile. E date le circostanze di disorganizzazione e caos, è anche un bel po' frustrante.

    IpaziaS

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  30. Scusate eh ma in che paese vivete? Azzerare le graduatorie, farle scadere, basate sul merito sono frasi belle da scrivere in un forum e condivisibili, ma sapete benissimo che i sindacati (che hanno tra le loro fila gran parte di quelle persone che voi vorreste mettere da parte) non le farebbero mai passare ...

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  31. Per quel che può valere, vorrei aggiungere a questo bel confronto una piccola impressione avuta da persona che ha scelto da poco il suo percorso di studi universitari. Ecco, nel soppesare le varie carriere lavorative, visto l'andazzo, confesso che non ho potuto evitare il seguente ragionamento: "Ma guarda - mi son detta - non c'è davvero bisogno di frequentare una scuola che ti qualifichi in quanto insegnante o giornalista: puoi diventarlo ugualmente facendo bene una qualunque altra cosa. Così, infatti, verrai chiamato a dire la tua, magari in un articolo di approfondimento, e/o a insegnare quella materia dall'alto della tua esperienza maturata sul campo."
    Insomma, ho la sensazione che entrambe queste professioni siano percepite come "facili", alla portata di tutti, ed è anche questo errato sentire comune che bisognerebbe modificare. Poi, magari, è solo un mio personalissimo pregiudizio. Non so.

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  32. Cerco di andare per punti
    1. Quando mi sono laureata io avevano appena chiuso le graduatorie provinciali. Non c'erano ancora le SSIS, non si parlava di concorso. Risultato? Mi sono potuto solo inserire nella cosiddetta terza fascia, quella delle chiamate dirette dei presidi. Ovviamente non sono mai stata chiamata per 3 anni. Dopo 3 anni è arrivata una supplenza annuale, l'anno dopo ho partecipato al megaconcorsone, nel 2000. L'ho vinto e dopo un anno sono entrata di ruolo. Riassumendo: 3 anni a fare altro, un anno di supplenza, un anno di supplenza durante il concorso, l'anno successivo l'immissione in ruolo. Il punto è che in quei 3 anni di "buco" mi sono reinventata, non sono stata in casa ad aspettare le supplenze, nè pensavo all'abilitazione come un diritto. Certo, mi ero laureata brillantemente, certo sentivo di poter diventare una brava insegnante, ma ho cercato, e trovato, un altro lavoro. Due anni di impiegata come responsabile del personale in una ditta. Nel frattempo, sono riuscita ad infilare sei mesi di doposcuola in una scuola privata, costringendo il mio capo in azienda a darmi un part time di 6 ora. Perciò; dalle 8 alle 14 in azienda, mezz'ora per un panino, mezz'ora per la strada e poi, dalle 15 alle 17.30 a scuola. Ovviamente per due soldi e nessun punto.
    2. Se non fosse uscito il concorso, o se non lo avessi passato, o lo avessi passato con un punteggio troppo basso per sperare di essere chiamata entro un ragionevole lasso di tempo, avrei mollato la scuola. Lo dico seriamente, e non perché adesso sono "dentro", prova è che per 3 anni ho fatto altro. Con rammarico, ma non con il pensiero fisso alla scuola come unica possibilità. E da quando insegno nulla mi fa più tristezza di quegli eterni supplenti che magari insegnano da 15-20 anni e ancora sono precari. Io sarei già morta, non lo avrei sopportato
    3. Per come la vedo io, questo tirocinio che sostituisce le SSIS sfornerà ancora migliaia di futuri precari arrabbiati e condannati a vagare senza meta per anni. A questo punto forse sarebbe meglio un altro megaconcorso a numero chiuso però. Servono tot posti? SI bandisce il concorso solo per quei posti.

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  33. Io, che mi sono laureato 'in greco' 7 anni fa, non sono mai riuscito a capire i miei colleghi. Perché io a 19 anni ho fatto lo "sbaglio" di iscrivermi a Lettere, ma a 24 mi era del tutto chiaro che insegnare non è un'opzione praticabile se si vuole vivere una vita normale.

    Quello che descrive Ipazia non è un mistero che si svela dopo anni di precariato, ma la banalissima realtà che qualsiasi iscritto a Lettere ha sotto gli occhi.

    Nel momento in cui si dice "voglio insegnare" automaticamente si dice "voglio fare il precario per i prossimi 500 anni". Così, mentre non faccio una colpa di aver scelto a 19 anni la facoltà sbagliata (ma solo perché è lo stesso errore che ho commesso io), proprio non capisco lo scegliere deliberamente e consciamente di martoriarsi decidendo di insegnare.

    Fatevene una ragione: ci sono circa 7 miliardi di italiani che vogliono fare l'insegnante e di fronte a questi numeri non c'è merito che tenga: non ci assumerebbero mai, se non in forza del caso.

    E siccome mi sento vecchio dentro in questi giorni, consiglierei di cambiare velocemente idea sui "diritti", tutti i diritti: non ci sono diritti là fuori, ci sono solo due cose, cacca e ventilatori.

    Più pensate ai diritti, più cacca arriva sul ventilatore acceso :-)

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  34. Bionda prof.

    Oggi non puoi permetterti di andare a fare due anni di lavoro altrove: 24 punti in meno rispetto ai tuoi diretti concorrenti. E sei fuori da tutto, perche' i punti adesso valgono anche per entrare a ruolo, non solo per le supplenze.

    Questo e' un aspetto che e' poco chiaro a chi non vi e' dentro: io ho dovuto rifiutare cattedre annuali perche', non essendo della mia graduatoria, mi davano mezzo punteggio (figurarsi lavori "altri").

    Uqbal

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  35. Uqbal: Per la verità le graduatorie (appunto, il doppio canale, metà da concorso, metà da graduatoria) sono *sempre* servite *anche* per entrare in ruolo. Solo che l'altra metà era fornita dal concorsone che, se pure con cadenza troppo periodica, veniva fatto (e a proposito di graduatorie per il ruolo e doppio canale, sai quante ne ho sentite? Ricordo una conoscente che, nell'imminenza del concorsone, mi diceva, convinta: "il concorso è un'arma a doppio taglio, perché se lo vinco bene, ma se non lo vinco mi tocca [sottolineo: mi tocca] dare la precedenza uno su due a chi l'ha vinto anche se io ho molti più anni di anzianità nell'altra graduatoria" - ovviamente l'idea che se non lo vinceva forse c'era qualcuno più bravo, o, rovesciandolo, che se era brava lo vinceva [e io sui grandi numeri i bravi li ho visti vincere tutti, al concorsone, e non parlo di idoneità, ma di posto nel giro di pochissimo]). La SSIS doveva fornire invece un modello con accesso controllato in partenza (tanti posti alla SSIS sulla base delle previsioni di bisogno dei posti). Solo che, che strano?!, questi accessi controllati sono stati ridrogati due volte: perché dentro le graduatorie sono finiti tutti quelli del doppio canale (dagli metà anni Settanta al Duemila!) e in più si è ripristinato un nuovo doppio canale, anche dopo dieci anni, con il concorsone del 2000.

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  36. Povna, grazie per la precisazione. Però rimaneva il fatto che una volta fatto il concorsone, se non eri tanto imbranato da non risultare neanche idoneo, la tua vita era praticamente garantita...

    Il concorsone per noi è una specie di creatura mitologica a metà tra l'araba fenice e la balena di pinocchio...

    U.

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  37. Vorrei dire la mia a proposito della "laurea magistrale abilitante solo per coloro che dopo la triennale (cioè a 22 anni) decidono che l'insegnamento è davvero la loro strada professionale".
    Non sono d'accordo. Ho insegnato per tre anni senza abilitazione, contratti annuali a tempo pieno in scuola pubbliche (caso unico probabilmente ma si trattava di situazioni particolari), ora sto completando un dottorato e forse dopo tenterò di tornare ad insegnare.
    Credo per quella che è la mia esperienza che l'insegnante migliore non sia affatto quello che ha seguito un corso di didattica e pedagogia, ma quello che ha messo mano brutalmente nella propria materia tentando di fare qualcosa di nuovo: uno che ha provato cosa significa "fare ricerca", sia pure solo la tsi di laurea (di ricerca, però, e non compilativa!) o solo il dottorato. Le carenze sul lato didattico si possono colmare con relativa facilità; le carenze sul lato formativo generale no. Per insegnare la scienza ci vuole uno scienziato e per insegnare il greco ci vuole un grecista, non uno che ha imparato a memoria i programmi ministeriali e qualche teoria didattica messa insieme di solito da qualche pedagogo ministeriale che non è mai stato in classe. E, soprattutto, il primo requisito per l'insegnamnto è la passione per la propria materia.

    Vorrei anche chiedere questo: dove, dove, DOVE Ipazia ha scritto questa cosa? Ipazia pubblica ancora e io non ne so niente? AAAARGGGGGHHHHH!!!!! Ditemi, vi prego!!!!!

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  38. @ Scialuppe: il mio blog è congelato, e ho scritto questa cosa grazie alla generosità dello Scorfano e del Disagiato che mi hanno ospitata. Un'esclusiva.
    @Altri, in ordine sparso. Ieri avevo lasciato un lungo commento, ma pare che WP se lo sia mangiato. In sintesi, per chi non lo sapesse: l'abilitazione dà attualmente accesso ad una graduatoria preferenziale rispetto a quella dei non abilitati.Trattasi ancora di lavoro precario, ma un po' meno peggio che nella terza fascia. Quindi, non stupitevi se la gente lo vuole, un percorso abilitante purchessia.
    Quanto a chi mi dice che avrei potuto pensarci prima di laurearmi in lettere, che la via della scuola era un casino: siete pragmatici, e siete fortunati a non avere la letteratura, ma branche più redditizie come passione. Immagino che siate stati così sicuri di voi fin dalla più tenera età, non avendo mai un dubbio sul vostro destino, meglio per voi.
    A chi mi dice che io, e la gente come me, deve cercarsi un altro lavoro, ché la via della scuola non va. Avete ragione. Ed è quello che faccio, cercando però di tenermi ogni strada aperta, anche perché non è che sia facile, trovare un lavoro, di questi tempi. Vorrei poi chiedervi una cosa: voi siete tutti - e meglio per voi - "arrivati". Vi siete inseriti, anche con grandi sacrifici, nella scuola, perché era quello che volevate fare. Ora mi dite "non c'è più posto": voi siete dentro, io sono fuori. E per questioni anagrafiche, non di merito, perché nessuno si è mai degnato di verificare se io fossi brava o no. Vi chiedo: ma come vi sareste sentiti, umanamente, se, dopo aver studiato, esservi laureati con il massimo, esservi impegnati, esservi distinti in un mestiere che volete fare, e che cercate di fare con fatica, a sentirvi dire quel che mi avete detto? E come vi sentireste, se vi trovaste nella situazione da me descritta, e di punto in bianco, per una sola telefonata, doveste decidere se cercare di stare ancora "dentro" il lavoro che vi piace, o se mollare tutto e rimanere indietro, come dice Uqbal, rispetto ai collegi, ecc? Vi sembra una scelta semplice?
    Non lo è: e io ho scritto il post apposta per quello. Lo so che ci sono strade alternative, e non crediate che non le consideri. Ma sono stufa di vedere che i sindacati lottano sempre e solo per chi è già in ruolo, dimenticandosi di questa enorme lacuna nell'organizzazione e nella struttura della scuola italiana.Nel mio piccolo, volevo continuare a sottolineare una situazione assurda, che però non sembra interessare a quasi nessuno (mai letto niente o quasi sui giornali del TFA, vero? non è un caso...)
    Grazie per avermi ascoltata.

    IpaziaS

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  39. (scusatemi, blogger ieri si è mangiato tre commenti, non so come mai; li ho ripristinati ora, sperando di non aver fatto danno peggiore...)

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  40. Ipazia

    Quel che dice Riccardo è vero: in Italia ci sono troppi aspiranti insegnanti (altrimenti di che staremmo parlando?).

    Quel che non è giusto è che se ci sono 10 posti e 40 candidati, 30 di questi sono tenuti accuratamente fuori con un bastone, e gli altri 10 sono presi più per diritti acquisiti che meriti sul campo.

    La mia modesta opinione, a costo di essere ripetitivo, è che io (abilitato da un po'), tu (abilitabile) e quelli di ruolo dobbiamo essere messi in competizione l'uno con l'altro per quei posti. In modo che a tutti venga data una onesta chance. Chi rimane fuori, rimane fuori per propri demeriti, e non per una lotteria crudele. Così magari pensa davvero ad altro, ma non per disperazione, bensì per una salutare presa di contatto con la realtà.

    @Scialuppe

    Con tutto il rispetto: credo che ancora tu non abbia ben capito in cosa consista il proprium del mestiere dell'insegnante, che non è semplicemente un cultore della materia. E men che meno è uno che si è imparato a memoria i programmi ministeriali.
    Con la laurea magistrale abilitante, peraltro, non faresti soltanto pedagogia e didattica (verso cui faresti bene ad essere meno ostile), ma anche corsi di livello, per l'appunto, magistrale e scrivi una tesi altrettanto magistrale (almeno 30 /50.000 parole).

    Uqbal

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  41. Ipazia,
    (per quanto può valere), sentiti almeno sostenuta da parte mia: non ho fatto altro che ribadire quel concetto in tutti i miei commenti (spiegando e articolando pure in maniera forse fin troppo didascalica il senso di quella "possibilità").
    In ogni caso, in bocca al lupo.
    Laura.

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  42. Intervengo un po' in ritardo...
    Secondo me il problema fondamentale è che per un laureato in lettere (e in materie umanistiche in generale) le alternative sono davvero poche.
    A me piacerebbe davvero molto insegnare, così come mi piacerebbe fare molte altre cose, non ne faccio una ragione di vita. Ma l'alternativa che mi viene prospettata è quella di scaricare cassette al mercato, non so se mi spiego. Perché se il mondo dell'università rimane chiuso, se il giornalismo è un'altra garanzia di precariato (e peggio malpagata), se lavorare nella promozione culturale significa fare volontariato, nsomma, non è che rimanga molto altro da fare. Ah, e poi c'è il lavoro che dovrei fare io, insegnare italiano a stranieri, già, e mi trovo ad essere una figura specializzata, non riconosciuta, di cui ci sarebbe un gran bisogno dentro e fuori la scuola e che nessuno vuole assumere...

    Il risultato è che per ora faccio il cervello bacato in fuga. Continuando a studiare. E che qualcuno lassù me la mandi buona.

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  43. Io condivido, Ipazia. Sono stata fortunata ad essermi laureata in tempo per il concorso, e per l'attivazione delle SSiS (un anno e mezzo di studi quasi inutili. Poi per fortuna c'è stato il tirocinio in classe: impagabile).
    E' vero che nella vita occorre pragmatismo; ma anche passioni e talento. Ed è' vero che pochi ne parlano. Un articolo per esempio ho visto che è uscito oggi (http://www.ilsussidiario.net/News/Editoriale/2011/12/14/SCUOLA-Tfa-anche-il-governo-Monti-mette-i-giovani-all-ultimo-posto-/228938/).
    Però è vero che è davvero poco.
    Spero di incrociarti prima o poi a scuola...

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  44. Monica: la mia SSIS è stata simile, ma qualche corso lo salvo e un paio erano davvero ottimi. Però il tirocinio non è altra cosa rispetto alla SSIS: era SSIS anche quello.

    Uqbal

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  45. Uqbal: ma infatti io concordo abbastanza: d'altra parte, chi ha fatto il concorsone dell'85 e entra in ruolo nel 2008 quanto bravo vuoi che sia?! E queste purtroppo sono tutte persone che hanno drogato le graduatorie SSIS (che dovevano, se si sceglieva questo sistema, essere fatte partire un anno dopo, in modo che i primi abilitati potessero entrare in ruolo esattamente dopo 3 anni dalle graduatorie del concorsone, che a quel punto, in 3 anni come tutti gli altri concorsi pubblici di settore educativo, dovevano scadere (sempre per il famoso fatto che gli insegnanti non distinguono tra idonei e vincitori).

    Ipazia: che sia una vergogna che in Italia si sia perfezionato un sistema che premia l'anzianità sul campo e non il merito, sai che lo penso. Detto questo, i sindacati non hanno mai sostenuto chi è di ruolo. Sostengono il precari del doppio canale, il che è diverso (e, certo, non aiuta).

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  46. Povna

    Sì, infatti la mia non voleva essere una critica, quanto la mia "prospettiva" su quel che avevi detto.

    Su cosa o chi i sindacati sostengano ci sarebbe da fare una ricerca, perché poi ognuno fa quel che gli pare.

    La Gilda sosteneva l'idea leghista di impedire i trasferimenti degli insegnanti da una provincia all'altra in occasione della riapertura delle graduatorie (una posizione che io trovo abbastanza disgustosa, anche se capisco le paure degli insegnanti settentrionali rispetto alle "corazzate" del Sud). La CGIL no (almeno quello...).

    Alcune graduatorie vengono preferite ad altre, alcuni canali ad altri. Il discrimine non è la funzionalità o la "giustizia" del sistema, bensì lo sfruttamento delle rendite di posizione. E alla via così...

    Uqbal

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)