giovedì 29 dicembre 2011

"il demone a beslan", di andrea tarabbia

di lo Scorfano

Mi capita sempre più di rado, ormai, di leggere un romanzo contemporaneo italiano che mi piaccia davvero e mi lasci un po' di entusiasmo. Mi capita talmente di rado che, in questi giorni, mentre mi capitava, ho pensato che non potevo, per una volta, esimermi dal parlarne qui, dove di rado parlo dei libri che leggo, per scelta oltre che per abitudine.

Il libro che ho letto e che sono riuscito ad amare quasi subito è l'opera di un giovane narratore italiano, che si chiama Andrea Tarabbia, di cui non sapevo niente prima di incrociare il suo nome sopra questa bella copertina; il titolo è Il demone a Beslan: e basterebbe solo questo titolo a dire di cosa parla il racconto di Tarabbia. Nel settembre del 2004 infatti, Beslan e la sua scuola, in Ossezia, furono sede di una delle più terribili stragi dei nostri anni, nella quale morirono diverse decine di bambini, dapprima presi come ostaggio da un commando di combattenti ceceni.

Andrea Tarabbia racconta quella storia attraverso la memoria e le parole di uno dei ceceni che occuparono la scuola e catturarono gli ostaggi. L'uomo, sopravvissuto e incarcerato, fa rivivere quei tre giorni di occupazione e tutto il periodo che li precedette, dal momento in cui era stato l'esercito russo a devastare il suo villaggio e uccidere la sua famiglia.
Egli racconta e nel frattempo, in qualche modo, ripensa a quei giorni di settembre; ma nella sua testa altre voci parlano con lui, lo incalzano, a volte lo confortano, più spesso lo accusano. Sono le voci immaginarie di uno dei bambini che in quella scuola trovò la morte e la voce di un vecchio che fuori dall'edificio assistette a tutto quanto stava accadendo. Sono domande a cui l'uomo non può e non sa rispondere: e sono le domande (terribili) che il romanzo lascia a noi, che leggiamo.

Le voci quindi si incrociano, così come il presente si incrocia con il passato e l'innocenza si incrocia con la colpa: e ne esce una storia vivida e angosciante, in cui le colpe si stratificano e la Storia (ben recente) diviene un'ombra spaventosamente tragica che grava su tutti noi. Con accenti che è difficile non definire, fin dal titolo, dostoevskiani (e forse anche con qualche piccola e veniale ingenuità narrativa), la voce narrante del ceceno incarcerato e colpevole affronta la sua colpa e il male che lo ha pervaso e posseduto. Non cerca solidarietà nel lettore e, onestamente, neppure la trova. Ma la contemplazione dell'orrore è, forse, già di per sé uno sguardo non indifferente e quindi non distante; una pausa di silenzio entro il caotico svolgersi dei nostri giorni e delle nostre vicende, mentre il male del mondo e della Storia uccideva i bambini di Beslan.

6 commenti:

  1. E' da settembre che cincicschio intorno all'idea di leggere Il Demone, senza averne (ancora) fatto niente e in compenso discutendone a distanza con l'amico scrittore. Questo tuo post riaccende quella stessa idea, tanto che, quasi quasi...

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  2. È bravo, Tarabbia. Spiace un po' che accomunino la sua operazione a quella di Sortino, ma non è colpa sua.

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  3. E' bravo e anche simpatico, aggiungerei (non dimenticherò mai come lui e l'amico scrittore hanno sopportato con ilare pazienza un mio sbroccamento di ritorno da Neverland, sul treno!)

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  4. Ho appena finito di leggerlo e mi è piaciuto molto. Grazie per questa recensione, che spero non sia l'ultima, tu sì che sai consigliare i libri come si deve...

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  5. Appena finito. Mi accodo ai complimenti per la recensione. Ne ho appena fatta una anche io, un abbozzo in confronto!!
    Il diario del "terrorista" è solo una finzione letteraria o c'è veramente?

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)