lunedì 12 dicembre 2011

Alcune differenze

del Disagiato

Libri

Ieri sono entrato in una grande e nuova libreria del centro cittadino e osservando le pile di libri e il movimento dei clienti ho capito che lì, in quella libreria, si vendevano titoli che da me, in un centro commerciale, non solo si vendono poco, ma non si vendono affatto. Ad arrivare in cassa erano soprattutto romanzi Adelphi, Einaudi e Bompiani, che da me sono case editrici che soffrono, diciamo così, di timidezza. Infatti dove lavoro io gli scaffali che ospitano i libri di quelle tre case editrici sono ricoperti di polvere. La frase decisiva è questa: da noi nessuno si fila quello che in città riscuote successo. Altri libri parecchio venduti (sempre facendo un confronto delle file e spiando i clienti) sono i saggi storici o politici. Ho visto un signore, ad esempio, che acquistava con parecchio entusiasmo (magari era un regalo natalizio) un libro di Canfora su Atene, un libro che da noi è arrivato parecchio tempo fa e che in questi giorni è stato avvistato da una mia collega nel reparto Animali. Chissà come, ma quando i libri si annoiano, si spostano.

Insomma, in città c’è ancora una clientela disposta a leggere saggi storici o d’attualità, invece da me, a parte per Saviano e Rampini, sono in pochissimi ad avere questo interesse. Ho poi notato che nella libreria cittadina i reparti dedicati ai libri per l’infanzia e alla cucina erano pressoché deserti. Anche il reparto Libri Sportivi era ben ordinato e quando un settore è ben ordinato significa che è poco frequentato. In una libreria di un centro commerciale di periferia cosa si vende? Lo si può dedurre da quanto ho appena detto: si vendono libri di cucina, libri per l’infanzia e libri sportivi (ad esempio il libro di Ibrahimovic e di Agassi vendono tantissimo e ciò continua a stupirmi). 

Clientela

A me piace stare in una libreria più per gli esseri umani che comprano libri che per i libri e quindi ieri sono stato molto attento alla clientela. Ho notato che in quella libreria cittadina i clienti erano, non so come dire, molto eleganti rispetto ai signori e alle signore che frequentano la mia libreria, che generalmente (non tutti, ci mancherebbe) sono un po’ più sciatti e casalinghi. Questa mancanza di eleganza riguarda sia il vestiario sia l’atteggiamento. Lo so che è un pensiero davvero brutto da esprimere, ma mi viene da dire, per facilitarmi la narrazione, che da me i borghesi e gli aristocratici non vengono ad acquistare libri. Vanno in città per evitare la confusione claustrofobica del centro commerciale. Ho anche notato che i clienti della città parlano a bassa voce, da me invece i clienti parlano ad alta voce. Spesso urlano.

Negozio

La libreria della città alle pareti ha, appese, gigantografie di scrittori e intellettuali famosi. La mia libreria, e questo forse non perché sta in un centro commerciale, alle pareti non ha nulla. Ditemi pure che sto esagerando ma secondo me la maggior parte della mia clientela non riconoscerebbe mai la faccia pensierosa di Marguerite Yourcenar. Nella libreria cittadina ci si può sedere e leggere per il semplice motivo che sono state gentilmente offerte delle poltroncine per sedersi e leggere. Da me invece non ci sono posti a sedere e quando qualcuno si inventa una posizione comoda per spulciare qualche volume, immediatamente la mia responsabile (o qualche mia collega ben addestrata) viene da noi e ci dice arrabbiata: “Vai a dire a quel signore che questo non è un salotto” oppure “Vai a dire a quel signore che non siamo in una biblioteca”. E allora noi commessi andiamo a rimproverare il cliente rilassato.

Commessi

I commessi della libreria di ieri, quella in città, hanno facce da intellettuali. Se si lamentano (conosco alcuni commessi Feltrinelli che lavorano in città) è per via di una laurea inutilizzata. Vorrebbero non fare più i librai per elevarsi, per fare un lavoro su misura, per salire la scala (no, non dico “sociale”). Nella mia libreria (nessuno è laureato e quasi nessuno legge libri) se ci si lamenta è per invidia. Alcune mie colleghe vorrebbero lavorare o in fabbrica o in un ufficio, basta non camminare troppo (o affatto) e non lavorare di sabato e di domenica. Invidiano i vicini di casa, gli amici e le amiche, insomma. 

Entusiasmo durante la vendita








Ecco, queste alcune differenze tra una libreria che sta in città e una libreria che sta in un centro commerciale (non generalizzando, ovviamente).



12 commenti:

  1. molto interessante, grazie.
    Stare in libreria è una sensazione straordinaria. Immette aria pura dentro ai polmoni. Io di solito, vado in città (firenze), ne ho un paio di preferite... ieri ci sono stato un'ora, ho preso in mano decine di libri e ho letto decine di pagine, di incipit, di pagine 99. Alla fine non ho comprato niente, ma solo perché ho diversi libri in coda di lettura e perché quasi ogni domenica vado in libreria e non mi mancherà occasione.
    Ma ho scelto 2 volumi che assolutamente acquisterò in tempi brevi: Guida galattica per autostoppisti e Se questo è un uomo (letto a scuola - da rileggere).
    Anche l'incipit del libro di baricco mi attizza ma sto cercando di resistere... tutta 'sta pompatura in giro, su di me ha un effetto contrario.
    Certo che se mi s'avvicinasse un commesso a dirmi che non siamo in un salotto, avrei chiuso con quel locale, questo dovrebbero saperlo anche i "responsabili".

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  2. Per l'"entusiasmo durante la vendita" vinco io (adesso, ovviamente non prima).

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  3. Sai, Disagiato, per quel che riguarda l' osservazione sul presunto censo predominante nelle due diverse librerie, mi hai necessariamente fatto ricordare Pasolini. "...Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere
    con te e contro te; con te nel cuore,
    in luce, contro te nelle buie viscere; ..."
    Perché è così che va (ed a me, similarmente, succede)provocando una sorta di sottile doloroso disprezzo per l' ostinazione del 'popolo' (oggi: 'la massa)a mantenersi a livelli bassi e deludenti anche nelle scelte che potrebbero, in modo più o meno accentuato, elevare la sua condizione. Un romanzo classico anziché l' autobiografia di un imbecille di successo, ad esempio... Provo talvolta risentimento nei suoi confronti per questa cecità intellettuale.
    Ma è fatale, non c' è rimedio.

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  4. Io ormai nella libreria della grande città ci vado poco, anche perché trovo gli ultimi arrivi e non i vecchi libri (vecchi... di un anno fa, magari). Però devo dire che uno dei grandi divertimenti è mettermi davanti alle gigantografie (o ai puzzle dei ritratti) e far passare fila per fila per vedere quanti ne indovino. Per i libri non c'è male, sulla musica, stento un po' :-)
    L'ultima volta sono stata in una libreria grande di una metropoli, e quando mi sono seduta, aspettando l'incontro con l'autore, e mi sono "bevuta" metà romanzo beatamente stravaccata su un divanetto, ogni tanto alzavo lo sguardo in giro per timore che qualcuno venisse a cacciarmi...

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  5. Hombre
    A Firenze ci sono stato non troppo tempo fa e ho visitato delle librerie davvero splendide. E se un commesso dovvesse riprenderti perché stai leggendo, faresti bene a non metterci più piede. Come hanno fatto alcuni clienti da me (e la cosa mi dispiace, naturalmente).

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  6. Ste
    Ma tu però sei fuori concorso, visto che non sei più commessa ;)

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  7. Sirio59.mm
    Quei versi io li amo e non potevi trovarne di più efficaci per interpretare quanto ho scritto sulle classi sociali. Grazie.

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  8. Baricco su Repubblica nel parlare dei migliori 50 libri degli ultimi dieci anni parte dal libro di Agassi. Dove l'avrà acquistato?

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  9. Baricco si fa villetta con piscina parlando dei migliori 50 libri degli ultimi dieci anni.

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  10. Alzo un ditino solo per spezzare una lancia, anzi due. Una è per il libro di Agassi: mi fa schifo il tennis e nutro un odio viscerale per le biografie di campioni sportivi. L'unico motivo per cui ho letto quel libro è perchè mi è stato consigliato da un amico che non sbaglia mai un consiglio. E, vi assicuro, non ha sbagliato nemmeno questo. Il libro, naturalmente, non l'ha mica scritto Agassi. L'avete visto, sì, il nome dell'autore che l'ha, come dire, "aiutato"?
    La seconda lancia non la spezzo, credo di essermi già fatta abbastanza male con la prima.
    Però ho una richiesta per uno dei miei librai preferiti: è possibile avere un paio di consigli di lettura, così, per compensare quelli di "non lettura"? Grazie :-)

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  11. Ma come spesso capita, la mia smorfietta di fastidio non era verso il libro di Agassi ma verso la marea umana che compra il libro di Agassi. È un fenomeno che si subisce, in libreria.

    È da parecchio tempo che non mi imbatto in autentici capolavori però mi va ugualmente di consigliarti: "Villetta con piscina" di Herman Koch, "Un uomo giusto" di Elena Stancanelli e poi, se ti piace la cucina e la cultura spagnola e marocchina (io ne sono ossessionato) ti consiglio "La cucina moresca", che, fidati, non è un freddo libro di ricette.

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  12. A me ha sinceramente colpito la frase pronunciata dalla tua responsabile. Ecco, se io fossi un cliente stai sicuro che non ci metterei più piede in una libreria simile, e mi stupisco davvero che a tutt'oggi possano ancora esistere figure di responsabile con una mentalità simile.
    Ricordo un tuo articolo di qualche tempo fa, dove il proprietario al telefono chiedeva il tuo parere in assenza della responsabile circa il calo delle vendite: ecco, avresti dovuto citare questa sua deprecabile abitudine di molestare i potenziali clienti.
    Personalmente nel corso degli anni ho acquistato un numero enorme di libri che non avrei preso in considerazione solo perchè ho avuto la possibilità di sfogliarli e leggerne alcune parti, venendo così incuriosito. Non importa che manchino i posti a sedere, però è fondamentale per il successo di una libreria il fatto di poter liberamente aprire e "saggiare" i volumi. Così come ho sempre sostenuto l'utilità di poter ascoltare i dischi (o i cd) in negozio.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)