domenica 4 dicembre 2011

Come si fa una fattura

del Disagiato

L’altro giorno ho spiegato a Michela, la ragazza che da poco ci sta dando manforte in libreria, come si fanno le fatture. Le dico “si deve prendere il blocco che sta in questo cassetto, lo si numera, si chiedono al cliente i dati che vanno messi qui in alto a destra, poi si chiede la partita iva che va trascritta qui in alto a sinistra, poi ti consiglio di scrivere subito il totale dei soldi spesi prima che il cliente metta via lo scontrino (ci si dimenticano in fretta le cifre), poi fai un trattino qua, poi sotto la voce numero articolo metti il numero 74…”, “Perché 74?”, mi chiede giustamente Michela, “Non lo so”, dico sorridendo “e poi”, continuo, “arriviamo al punto in cui sotto la voce descrizione dobbiamo mettere la descrizione dei libri che il cliente ha acquistato”. E io guardo Michela e Michela guarda me. 

“E allora mettiamo i titoli dei libri”, mi dice lei. “Sì, dobbiamo mettere i titoli o anche solo il genere di libri”, dico e Michela fa l’espressione di chi vuole sottolineare un’ovvietà. “Dobbiamo però chiedere al cliente cosa vuole mettere sulla fattura”, continuo io ad alta voce, “perché la maggior parte dei clienti non fa le cose come si devono. Se il cliente compra un libro su come fare le torte al cioccolato, lui vuole che nella fattura, sotto la voce descrizione, venga messa la dicitura libri informatici. Quando il cliente acquista libri sui massaggi, spesso nella fattura vuole che venga scritto libri giuridici, così può scaricare le spese”.


Michela, a questo punto, mi guarda come se io fossi un po’ folle e non per quello che sto dicendo ma per il modo. E quando lei mi domanda un po’ spaventata “ma è illegale fare una fattura così?”, penso a quello che un caro amico, lettore fedele di questo blog, mi ha detto pochi giorni fa. “Sai qual è il tuo principale difetto? Il tuo principale difetto è che a volte sembri un anziano sclerotico. Chi ti legge secondo me pensa che hai ottant’anni. Stai sempre lì a lamentarti”. Ecco, quando Michela mi ha domandato se fosse davvero grave fare fatture così, io stavo per risponderle che sì, che questo è un po’ come rubare lo Stato e che poi a rimetterci siamo noi dipendenti con le nostre tasse e che non se ne può più e che vengano qui i leghisti a vedere che non solo a Roma si trovano stratagemmi per pigliare soldi e, insomma, stavo per dire questa cosa.

Ma poi ho ripensato al mio amico che mi ha detto che sembro uno sclerotico arrabbiato, quando scrivo (e se non fosse solo quando scrivo?) e che sembra che io abbia ottant’anni (anche quando non scrivo?) e che mi lamento sempre (anche in libreria e davanti a una birra, forse?). Allora a Michela ho risposto che no, che dichiarare di aver acquistato un libro invece di un altro non è grave. “Fanno tutti così”, ho detto alzando una spalla e inclinando la testa. “Chi ha la partita iva cerca sempre di recuperare qualcosina”. E la parola "qualcosina" l'ho pronunciata con dolcezza.

11 commenti:

  1. 74 è l'articolo di legge per cui sui libri l'iva è esente.

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  2. Ma a me piace pensare che sei un vecchio brontolone di 80 anni. Mi sembri un mio coetaneo!

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  3. Ste
    penso che questa cosa tu me l'abbia detta cinquanta volte, ma mai che mi rimanga in testa :)

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  4. Giuliana
    però è davvero difficile essere me (e te, se anche tu sei così) ;)

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  5. Bravo signor Disagiato. Vede, lei nella scelta del soprannome, ha (in)volontariamente descritto il suo modo di dialogare col mondo. Sa che si fa così, ma accetta di far cosà, e ne soffre. No, dica ai signori che comprano un libro di Bennet, che sulla fattura lei non scriverà "libro giuridico". Spieghi loro anche perchè. E' una terapia, per lei, utile a linire il disagio, di cui, degnamente, soffre. Poi, superata la crisi, e una volta licenziato dal suo capo, vedrà che riuscirà ad aprire la sua, di libreria.

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  6. Le cose facili non mi sono mai piaciute.

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  7. Per lenire il disagio io dovrei non lavorare, altro che "aprire la sua libreria" :)

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  8. Allora si faccia ricco dell'energia prodotta dal disagio di cui soffre, e lo soffochi omologandosi. Solo così potrà vivere di rendita, e sopravvivere al senso di colpa. Che sarà pur collettiva, ma sempre colpa è.

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  9. E' una questione difficile: il negozio non è tuo, se dici al cliente che non ti presti a un falso che danneggia me e tutti quelli che, come me, si commossero alle parole di Padoa Schioppa sui bamboccioni e sulle tasse e che se un bar si rifiuta di farle lo scontrino lo chiede, e se mugugna non ci mette più piede (questo tecnicamente è) è un casino e ti danneggi in maniera diretta. Se non lo dici, per l'appunto, ci danneggi. E questo è il riassunto dell'Italia.

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  10. Ovviamente tutti si impancano a Paladini dell'Onestà, e nessuno dice la cosa più semplice: tutti i libri dovrebbero essere detraibili dalle spese, che siano raccolte di fumetti porno, la Storia della Grande Muraglia di Frangani o il Compendio generale della Confederazione archita. Tutti ci guadagnano (soprattutto il libraio, ma non solo) e nessuno frega nessuno. Ma in Italia no, non si può.

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  11. Non per sporcare quanto hai detto ma a guadagnarci è il padrone non il libraio (e il padrone, fino a prova contraria, non è libraio).

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)