lunedì 25 aprile 2011

provate a valutarmi

di lo Scorfano

Quando io, insegnante un po’ stanco, valuto un mio studente, cerco di non farlo usando un solo e immutabile sistema. Voglio dire: so che domande diverse valutano risposte diverse (si dovrebbe dire abilità o competenze, ma perdonatemi, io non le pronuncerò mai queste parole: è solo irragionevole antipatia, nessuna presa di posizione; ma visto che questa è la casa del mio amico e che lui mi perdona, ecco, io non le uso; voi pensate pure a competenze e abilità, e amici come prima).

Quindi, necessariamente, siccome so che è stupido valutare sempre e solo una risposta come se esistesse solo quella, io, insegnante un po’ stanco ma non ancora sconfitto, cerco di porre domande diverse, per valutare risposte diverse. Mi spiego: ogni tanto interrogo i ragazzi, come si è sempre fatto; pongo loro delle domande e mi aspetto da loro delle risposte ben argomentate. Altre volte, però, faccio altre cose: un test scritto, per esempio, che mi permette di valutare meglio le loro conoscenze, e quindi quanto in effetti hanno studiato. Oppure assegno loro una ricerca da svolgere, individualmente o a piccoli gruppi: lascio che si organizzino e che la espongano, e ne ricavo importanti informazioni sul loro modo di prepararsi, sul loro modo di studiare con gli altri e su ciò che può essere migliorato. E infatti, la volta dopo, valuto quello che appunto è migliorato: cioè valuto, in parte, anche i progressi, la strada che è stata fatta, gli errori che sono stati messi a frutto e hanno smesso di essere errori.

Poi ci sono gli scritti, naturalmente: a volte sono analisi di testo, brevi domande a cui loro rispondono in modo sintetico e informato (più o meno, insomma); altre volte saggi brevi o articoli di giornale, che permettono loro di argomentare in modo più complesso una loro opinione sulla base di alcuni documenti.       
          Altre volte ancora faccio semplicemente leggere un libro: loro me ne raccontano qualcosa per iscritto (o anche no) e io acquisisco qualche elemento in più sul loro modo di leggere e di raccontare quello che hanno letto.

Poi ci sono altri elementi ancora: il modo in cui partecipano alle lezioni e alle discusssioni, obiettivamente, contribuisce non poco alla valutazione (io adoro le lezioni dialogate, è un altro vizio); il modo in cui sanno costruire insieme agli altri in classe un percorso interpretativo di un testo, per esempio; la qualità della loro attenzione durante le lezioni e i loro interventi, per quanto sono puntuali o non lo sono, per quanto riescono a cogliere aspetti di un testo che magari nemmeno io avevo colto. E avanti così: non voglio annoiarvi, che lo siete già abbastanza.

Ma, è chiaro, più sono diversi e sfaccettati gli elementi della mia valutazione degli studenti, più essa valutazione sarà completa ed efficace. È un po’ come una fotografia: uno scatto singolo può anche non significare nulla, perché magari proprio in quel momento il soggetto fotografato ha un’espressione idiota sul volto o stava guardando per terra o stava, semplicemente, deglutendo. Invece, tanti scatti ripetuti da prospettive diverse cominciano a essere sempre più significanti: e mi danno un’immagine progressiva e quasi tridimensionale del soggetto che sto ritraendo.

Benissimo, quindi: si deve fare così. Cioè, non proprio benissimo, visto che io ci provo ma, insegnante stanco e un po’ vecchio quale sono, non è mica detto che ci riesca. Però ci provo: e voi, genitori di miei alunni (o miei alunni voi stessi), siete obiettivamente contenti che io ci provi, anzi, desiderate proprio che io lo faccia. Che io valuti nel modo più completo e ampio possibile. È naturale: nessuno vuole essere valutato per un’istantanea, chiunque preferisce essere valutato in modo dinamico, potendo esprimere le sue doti in più direzioni, e soprattutto in quelle che gli sono più congeniali. Lo capisco benissimo: avete ragione voi. È per questo che io ci provo sempre: a volte ci riesco meglio, a volte peggio, ma ci provo sempre.

Ecco, ho finalmente finito: quando mi si parla della valutazione degli insegnanti di tutte le scuole di ogni ordine e grado, compresa l’università, io (che a tale valutazione resto ne complesso favorevole) solo questo chiederei: che tale valutazione fosse dinamica, prismatica e varia. Che non si limitasse a cogliere un aspetto del mio mestiere, qualunque esso sia, come un’istantanea scattata a tradimento mentre io sto deglutendo: perché il mio mestiere non è fatto di un solo aspetto. Ma vorrei invece che quella fotografia provasse a cogliere i tanti aspetti del mio lavoro (tanti, tantissimi), la sua dinamicità, nel modo più completo possibile.

So che non vi sto chiedendo poco, signori funzionari valutatori del ministero, lo so. Ma è esattamente quello che voi chiedete a me, ogni santissimo giorno, insegnante un po’ stanco e magari anche un po’ vecchio, ma non così rincretinito come a volte voialtri mi pensate. Me lo chiedete tutte le mattine in cui mi alzo per andare a lavorare; e io provo a farlo, tutte le mattine. Per questo mi pare che sia giusto e doveroso che io lo chieda a voi e che voi, in tutta onestà, come me, ci proviate.

8 commenti:

  1. ottimo, siamo d'accordo. ora basta vincere le elezioni ed è fatta :-)

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  2. Oh, be', se è d'accordo marcocampione, votiamolo ed è fatta :-)

    A questo punto, non ci resta che sperare che i funzionari valutatori del ministero (e magari anche i loro superiori), anche se sono un po' stanchi e magari anche un po' vecchi, non siano così rincretiniti come noialtri li pensiamo.
    Sperare si può sempre...

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  3. Sperare si può ,ma i soldi per valutare seriamente non so se li trovano...

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  4. Credo proprio di no. Valutare seriamente una categoria di fannulloni sarebbe una mossa assai controproducente :-/

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  5. Per dire, i valutatori in Inghilterra sono tutti insegnanti in prima persona...

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  6. Mi scuso con tutti gli autori dei commenti che sono in tutta evidenza andati persi. Blogger ha fatto scherzi pesanti, nelle ultime ore.

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  7. Non so se sono andati persi... (i miei, non li lasciava nemmeno completare!).
    A parte la sfida che lanci ai valutatori, quel che mi piace dell'insegnamento è proprio la stretta contiguità dell'insegnamento con la vita, come dici tu: per cui un bravo insegnante non ha paura a valutare, perché sa che ha tempi lunghi (almeno un anno! E - per questo - come hanno ragione i supplenti a non volere la vita che fanno...).
    E poi nella scuola - come nella vita - ci sono fughe e ritorni; e ogni giorno ci dà la possibilità di osservare la realtà da un punto di vista diverso, e stupirci nuovamente del misterioso caleidoscopio che sono i nostri studenti (e che siamo noi).

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  8. Io credo che i test Invalsi forniscano una serie di dati di massima che possono essere molto utili se accostati ad altri dati di contesto, ad altre analisi. Servono a fornire un parametro di confronto essenziale ma affidabile su alcuni aspetti fondamentali dell'apprendimento.

    Poi la valutazione della scuola non è detto che debba necessariamente passare da una fattorializzazione totale della sua vita quotidiana.

    Quando si parla di Invalsi si dice spesso "ma è un sistema anglosassone!". Ecco, proprio in UK gli ispettori stilano, dopo una ispezione che dura MESI, un rapporto discorsivo sulla scuola, in calce al quale vi sono alcuni giudizi (più o meno: insufficiente, sufficiente, buono, ottimo) di carattere più standardizzato.

    A me starebbe bene, anche perché alcuni di quei rapporti li ho letti (sono on-line) e non sono niente di demoniaco, anzi!

    FR

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)