Parlo con una mia ex alunna di sedici anni, nel corridoio, mentre entrambi prendiamo un caffè. Mi racconta quattro cose sul suo anno scolastico, mi dice che ha preso bellissimi voti in italiano e che le piace scrivere ogni giorno di più; ma io mi accorgo che è turbata, strana. Provo, con cautela, a chiederle se va tutto bene. «Sì», mi risponde lei «tutto a posto». Poi però aggiunge: «È successa una cosa, in realtà… ma niente di grave, davvero». Provo a chiederle che cosa, se ha voglia di raccontarmi. Lei esita; io aggiungo: «Qualcosa con il tuo ragazzo?»
«No», ride lei «no, niente del genere!» E poi mi racconta che la sua gatta ha partorito quattro cuccioli. E che lei e sua sorella erano tutte entusiaste di questi cuccioli e che si alzavano di notte per andare a controllare se i gattini stavano bene. E poi, a un certo punto, la gatta ha cominciato a rifiutarne uno, il più piccolo. A scacciarlo, quando questo si presentava per farsi allattare. E non c’era verso, mi dice la mia ex alunna, non c’era modo di farle cambiare idea, nemmeno costringendola. Lo prendeva a calci con le zampe, gli soffiava, cercava in tutti i modi di farlo allontanare, mentre gli altri tre, quelli più grandi, succhiavano il latte beatamente. «Questa cosa mi ha scosso, guardi… Non pensavo che la mia gatta fosse così cattiva: Non pensavo nemmeno che esistessero animali così cattivi…».
Io non ho una grande esperienza di gatte e di gattini, però provo a confortarla lo stesso, mentre finisco il caffè e so che devo entrare in classe. Le dico che è la natura, non è cattiveria: è la sopravvivenza della specie, è normale e naturale così. Se lo rifiuta, forse è ammalato, forse è troppo debole, forse non ce la farebbe comunque. E poi insomma, proprio perché sono animali, non possono essere cattivi. Noi uomini siamo diversi, abbiamo un’evoluzione alle spalle, non obbediamo solo alle leggi di natura, noi abbiamo la morale, il bene e il male, il frutto di Adamo e di Eva…
Ma non so cosa dirle in realtà e mi sto arrampicando sui piccoli specchi delle mie frasi fatte. Poi la saluto e mi allontano, e lei anche. E mentre entro in classe, anche se mi ripeto che è la natura, che sono animali, che è la sopravvivenza della specie, che ci sarà una ragione naturale, mi sento addosso uno strano senso di oppressione, una sensazione di orrore che non se ne va nemmeno quando mi siedo alla cattedra.
È la natura, lo so, è la natura. E devo anche fare lezione, lo so. So tutte le cose che bisogna sapere per non farsi spaventare da una gatta che rifiuta il più debole dei suoi gattini, le so già. Eppure.
Ma la gatta si chiama borghezzia? :))
RispondiEliminaE il gattino piccolo Ahmed, ovviamente.
RispondiEliminaoooooooooooooo, e finiamola co sto' nepotismo no ?
RispondiEliminapuò essere anche successo che qualcuno abbia preso troppo in mano il gattino più piccolo e la gatta mamma non riconosca più il suo odore.
RispondiEliminaDetto questo, il mondo è cattivo. Punto. L'unica cosa che possiamo chiederci è quando c'è cattiveria gratuita (e ce l'hanno anche i gatti, quando giocano con i topi che hanno preso...)
E ce lo so che il mondo è cattivo, maledetto lui. Leopardianamente, varrebbe la pena di non aggiungerci anche la nostra, di cattiveria; quella gratuita, appunto.
RispondiEliminaa proposito dei gatti che giocano con i topi, mi risulta sia un gioco di parole inventato dagli uomini e non dai gatti. Come tutti i giochi di parole e come tutte le parole stesse del resto. E se ci dedicassimo allo studio di un vocabolario? Prima pagina:
RispondiEliminaa, A: s.f.o m. Prima lettera dell'alfabeto italiano e latino, derivata da ... eccetera eccetera.
Chissà che una parola al giorno .... :)
@Home, i gatti giocano con i topi, e a vederli paiono veramente dei bastardi. Fanno finta di distrarsi, sollecitano la preda con qualche pacca...
RispondiEliminaLa storia dell'odore invece è una leggenda metropolitana.
Le gatte rifiutano i gattini che ritengono di non riuscire a crescere (perché non sono abbastanza forti, non hanno abbastanza latte, vai a capire), ma non è raro che adottino gattini orfani o di altre cucciolate.
I gatti, come molti degli animali, non si riconoscono allo specchio e di certo non hanno capacità di transfert. Non si immedesimano e quindi non hanno pietà (ma sono capaci di affetto).
Il tasso di mortalità tra i gattini è altissimo. Chiunque voglia crescersi dei gatti in casa deve essere un po' fatalista (ed essere disposto a spendere un po' di soldi col veterinario).
In giardino abbiamo una gatta che per qualche tipo di problemi non riesce a crescersi i suoi gattini. Ogni volta mi si stringe il cuore.
Se uno proprio vuole, si potrebbe approfondire come mai una storia del genere sconvolga tanto una ragazza. Ma la scuola italiana non è fatta per queste sottigliezze psicanalitiche.
@Francesco Rocchi, la definizione di gioco sul mio vocabolario occupa uno spazio che mi sembra esagerato, ergo rinuncio a riportarla :))
RispondiEliminaps se metti una maschera sulla faccia di qualcuno difficile che si possa riconoscere
pps non per questo dovrebbe diventare un animale
RispondiEliminadopo Petrarca, un post leopardiano. da "Dialogo della Natura e di un Islandese", direi.
RispondiEliminabisognerebbe tornare un pò tutti alla crudeltà della campagna e alla sua spietatezza.
RispondiEliminaper adesso dalle mie parti il disgelo porta solo fango ma con la bella stagione cambierà tutto, ovvio
RispondiElimina@mari
RispondiEliminaSempre avuto paura della campagna, infatti; Benchè sia io che la mia ex alunna abitiamo in due paesini che sono poco più che campagna...
La gatta non conosce il veterinario.
RispondiEliminaLa gatta deve cresce i suoi piccoli da sola, come tutti gli animali.
La gatta capisce che il piccolo sta male, che non sopravvivera'.
La gatta non spreca il latte per un cucciolo malato, ma lo tiene per quelli sani.
Sopravvivenza.
@ste
RispondiEliminaLo so, ahimè, lo so: sopravvivenza della specie... Che poi, una volta sopravvissuta, chissà cosa ci guadagna, la specie... ;)
Io ho nascosto a mia figlia la morte di Ponyo, il suo pesciolino rosso, dicendole che l'avevo regalato a un mio collega in previsione dell'arrivo di 2 gattini, cosa che avremmo fatto davvero se Ponyo avesse resistito ancora un paio di giorni. Così ha compiuto il grande viaggio, giù dal water. Lo so, ho sbagliato. Ma è difficile raccontare la morte ai figli, preferisco addirittura parlare di sesso. Ora i gattini sono gattoni, mi svegliano tutte le mattine alle 5 e passo il mio tempo libero a metterli giù da posti in cui non dovrebbero stare. Strana la vita (ma mica tanto).
RispondiEliminaavevo una coppia di criceti che hanno avuto una diecina di piccoli. sapevo che dovevo separare il maschio dalla femmina coi piccoli e avevo preparato un tramezzo robusto per dividere la gabbia. ma il maschio ha lavorato tutta una notte fino a farsi sanguinare la bocca per riuscire a passare. la mattina dopo i cuccioli non c'erano più. lui li aveva uccisi e mangiati. questo è un comportamento comune ai maschi di molte specie. uccidono i cuccioli perché la femmina torni in estro così da potersi accoppiare con lei ed essere sicuri di trasmettere il proprio seme. il mio criceto era talmente sciocco da non sapere che già quelli erano i suoi cuccioli. ma lo fanno regolarmente anche altri animali. i leoni, per esempio. e, quel che è peggio, anche gli uomini.
RispondiEliminaDei criceti, infatti, si dice che siano animali ferocissimi (cioè lo dice la mia fidanzata, non so con quanta cognizione, però).
RispondiEliminahai letto "Il cosiddetto male" di Konrad Lorenz? parla di molte "crudeltà" animali, forse sarebbe interessante anche per la tua alunna...
RispondiEliminaHo letto molti altri libri di Lorenz, ma mai quello. Magari provvedo presto, per confermarmi nella mia idea di ferocia connaturata al mondo.
RispondiElimina(Scusami, il tuo commento mi è arrivato, sulla mail, solo oggi.)
Si, la campagna fa un pò paura, perchè probabilmente non è direttamente controllabile se non da chi la vive e la nutre a pieno. A me fa più paura però l'ansia di preservarci e di ignorare i normali processi evolutivi della vita -vecchiaia e sua fine-. Parere mio, ovviamente.
RispondiEliminaA me fanno un po' paura entrambe le cose: sia la natura selvaggia sia la fuga dalla naturalità. Vivo abbastanza spaventato, insomma... ;)
RispondiElimina:) paura generalizzata insomma.o ansia generalizzata, non so..
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