Mi scrive l’amico Nomade: e mi chiede, con curiosa gentilezza, se ho un’idea di quali siano gli autori della storia letteraria che colpiscono di più l’attenzione dei miei studenti, quelli che lasceranno traccia di sé anche in coloro che poi saranno ingegneri informatici, o medici, o avvocati, per cui la letteratura sarà solo un ricordo scolastico o poco più.
Io ci penso (e ci penso bene, perché un po’ si tratta anche del senso del mio andare a lavorare tutti i giorni) e mi rendo conto che la mia prospettiva è falsata, purtroppo, e che la risposta è per me troppo difficile: perché non sono più un ragazzo uscito dal liceo, ma non sono nemmeno un uomo che si occupa d’altro. Mi occupo di letteratura, non posso più sapere quale sia il punto di vista di chi non se ne occupa.
Però, per amicizia e anche per mia curiosità, provo lo stesso a dargli una risposta: mi baso sulle reazioni che mi pare di vedere in classe, mentre spiego, mi baso sul numero e la qualità delle domande e delle osservazioni che i miei ragazzi fanno, davanti a un testo piuttosto che a un altro, sull’intensità dell’attenzione che mi pare di percepire. E quindi rispondo al Nomade con un breve elenco di nomi.
Mi viene subito in mente Dante (a me viene quasi sempre subito in mente Dante, però: quindi forse non vale). E penso in particolare all’Inferno, naturalmente: perché è poesia che suscita immagini mentali molto concrete, perché è lontana e quindi sorprendente, perché è la mia personale passione e quindi, forse, le mie parole in classe sono più forti di e intense e arrivano più lontano. Ma, a parte le parole, è l’icasticità della Commedia che fa la differenza, la sua scultorea concretezza.
Poi, subito dopo, mi viene in mente Tasso, soprattutto per le ragazze. Perché in Tasso, e in particolare nella Gerusalemme liberata, c’è un che di morbidamente ossessivo, una sorta di torbida tenerezza adolescenziale in cui le mie alunne (mi pare) si riconoscono facilmente e con il gusto di ritrovarcisi. E poi c’è la sua follia, quel suo essere personaggio così “romantico”, che chiama attenzione e curiosità.
Ma naturalmente c’è anche Leopardi: soprattutto perché Giacomino mette tanta paura. Lo spavento per quel nulla a cui, secondo lui, siamo destinati a tornare; lo spavento per quella infelicità cosmica teorizzata a occhi asciutti, quasi con violenza, gridata sulla faccia degli ottimisti delle «magnifiche sorti e progressive». E quindi mi pare che Giacomo Leopardi, macilento nella persona ma così lucido nell’intelletto, difficilmente si lasci dimenticare.
Poi, per il mio personalissimo dispiacere, c’è anche Pirandello (e il mio dispiacere viene dal fatto che non lo amo per niente, purtroppo). Ma a favore di Piarandello gioca quella sua teoria delle maschere e delle trappole sociali che è così immediatamente sentita dai ragazzi come “cosa loro”, troppe volte banalizzata, ma tutta “loro”. Perché è la ricerca di un posto nel mondo e l’ossessione di non riuscire (o forse di riuscirci fin troppo bene) a trovarlo.
E infine direi anche Ungaretti e Montale; e forse pure Pasolini. Il primo, molto banalmente, perché è memorizzabile, molto facilmente. Poche parole, una sola immagine, termini isolati nel bianco della pagina. Una retorica molto elementare ma efficacissima, che non può mancare di fallire il bersaglio. Montale invece, credo, per certi oggetti che si scolpiscono nell’immaginazione, anche quando si è molto giovani: i limoni, il rivo strozzato che gorgoglia, la casa dei doganieri, la sillaba storta e secca come un ramo. E infine anche Pasolini, per quella sua drammatica urgenza esistenziale e sociale, per il suo parlare all'attualità di cui forse aveva riconosciuto prima di tutti la patologia.
Dunque: Dante, Tasso, Leopardi, Ungaretti, Montale e poi Pasolini. Non è una classifica di preferenze, badate bene: ne mancano troppi perché lo sia e non sarei nemmeno in grado di farla una classifica di tal genere. È soltanto il piccolo e imperfetto elenco che un insegnante prova a stendere di ciò che (lui crede) colpisce di più l’attenzione dei suoi studenti e che quindi resterà nella loro memoria di adulti ingegneri e avvocati. Ma un insegnante non è uno studente né un ingegnere: e quindi sarebbe bello che fossero ex studenti (come immagino siano alcuni dei miei lettori) a farmi notare le mancanze o le presenze inutili di questo minimo elenco. A dirmi che non mi accorgo di quanto altre parole e altre immagini restino impresse nella memoria di chi poi di letteratura non si è mai più occupato.
Resto in attesa, quindi; anche per capire se e quanto sono lontano dalla verità. E per correggere, grazie agli interventi di chi vorrà farlo, le mie impressioni forse un po’ sbiadite di insegnante.
tutti poeti, noto.
RispondiEliminaTemo che su Pirandello (condivido l' idosincrasia)tu abbia ragione, e che forse il Foscolo, furioso e passionale, lasci, lui pure, tracce indelebili sulle giovani anime belle propense alle fascinazioni eroiche.
RispondiEliminaMi pare manchi il Manzoni: non c' è avvocato che dimentichi l' "azzeccagarbugli" e le galline come saldo parcella...
Su Pasolini, vorrei tanto che tu avessi ragione.
Il tuo amico t' ha chiesto davvero di compiere un' ardua, impossibile, impresa! :-)
Da ingegnere ex liceale (ma non studente dello scorfano): Leopardi, Parini, Ungaretti, Pasolini, Primo Levi, Catullo, Lucrezio
RispondiEliminaForse hai sottovalutato Primo Levi e Foscolo, per il resto è più o meno così come dici.
RispondiEliminaGianni
quanto influisce il modo con cui glieli presenti?
RispondiEliminaE il resto del '900? Perché non c'è?
RispondiEliminaCalvino?
RispondiEliminaCalvino rimane assai impresso nella mente dei giovani, poi, piano piano, scompare... (questo è quello che mi par di percepire, le poche volte in cui riesco a parlare di autori con qualcuno).
RispondiEliminaE poi c'è Svevo, che rimane lì, latente, con la sua fatica e tutti i suoi mali di vivere.
Comunque, professo', Manzoni (tra rami di laghi e resegoni) resta. E parecchio. Poi ci sei tu a spolverarlo, di tanto in tanto, ed i tuoi sette lettori e mezzo apprezzano. Puoi starne certo.
@plus1gmt e .mau.
RispondiEliminaL'influenza delle mie presentazioni (e delle mie idiosincrasie o simpatie) è proprio ciò che in questo momento mi impedisce di capire bene. Per esempio: è vero, sono quasi tutti solo poeti... Dipende dalla mia passione per la poesia? cioè dipende dal mio sguardo? A voi è restato qualcos'altro? Io non lo so...
@alesiro e gianni
RispondiEliminaMi stupisce un po' Parini, lo confesso. Trovo che i miei alunni raggiungano apici di disattenzione quando leggo Parini: ma quindi potrebbe essere colpa mia... Su Primo Levi, forse avete ragione: è una colpevole dimenticanza. I latini, invece, li avevo tenuti fuori di proposito, perché mi interessava di più l'italiano, che hanno studiato tutti, non solo i liceali.
@sirio59, ste e il nomade
RispondiEliminaSu Manzoni continuo ad avere delle perplessità. Intendiamoci, a me piace moltissimo, ma mi pare che venga sempre travisato, o non compreso, o trascurato. Non so , forse è solo un'impressione.
La questione del Novecento comincia invece a essere trascurabile: Montale, Ungaretti, Calvino, Pasolini, Primo Levi... Se i nomi fatti sono attendibili nella loro influenza (ma su Calvino ho gli stessi dubbi del Nomade, lo dico a ste) è un secolo molto rappresentato, in realtà: più degli altri.
Manzoni ha la fregatura che come poeta è un po' una palla, e come romanziere sei costretto a sciropparti i Promessi Sposi quando sei troppo giovane per capirli.
RispondiEliminaPrimo Levi credo possa interessare perché aveva un punto di vista completamente spiazzante sia per formazione che per modo di presentare le cose. Calvino poteva essere simile, ma soffre degli stessi problemi di Manzoni, almeno secondo me.
Io, guardando (e ascoltando) i miei studenti, aggiungerei anche Pascoli; quello più impressionista (Il lampo, Temporale...), ma anche alcuni Primi poemetti (i due orfani, per esempio). E il Verga dei racconti (non tralascio mai di leggergliene io due o tre tutti interi, in classe). D'accordissimo che la differenza, comunque, la faccia il modo in cui glieli si presenta. Perché tantissimi autori "valgono la pena" e perciò possono restare; però a scuola i ragazzi hanno sete non solo di "quel che dice l'autore", ma di vedere quanto quel che si studia può incidere sull'esistenza di qualcuno.
RispondiEliminaComunque, bella questione quella posta da darknomad... E' una bella provocazione a guardare i miei studenti ancora più in faccia. Grazie a lui e a te, quindi!
@mau "sei costretto a sciropparti i Promessi Sposi quando sei troppo giovane per capirli."
RispondiEliminaForse è proprio quello il punto.
Al liceo, per fare un esempio, davanti alle "compromissioni" di Zeno Cosini, io mi mettevo a ridere. Però Svevo, almeno per quanto mi riguarda, è stato uno degli autori che è rimasto, perché mi suggerito di rileggerlo più tardi. Non tutti gli autori, forse, hanno questa forza. Ed è per questo, forse, che vengono dimenticati o fraintesi.
@Monica
RispondiEliminaHo pensato subito anch'io che fosse una bella provocazione: per quello l'ho resa pubblica...
E su Verga sarei abbastanza d'accordo, nel complesso, e proprio per i racconti.
Però, e lo dico in generale, dovremmo fare che se ne scelgono cinque o sei al massimo, per vedere di trovare una specie di graduatoria indicativa, o qualcosa del genere.
Ok! Allora 1.Dante, 2.Ungaretti, 3.Montale, 4.Pascoli, 5.Verga, 6.Tasso. Gli altri, a seguire (Pirandello, Svevo, Machiavelli, il Manzoni romanziere, i neorealisti, ecc.)
RispondiEliminaIo ho diverse perplessità su Pascoli e sarei molto di più per Leopardi. Ma forse è simpatia personale.
RispondiEliminaLa domanda è: «colpisce di più l’attenzione dei suoi studenti e che quindi resterà nella loro memoria di adulti ingegneri e avvocati». Non si chiede, quindi, che cosa ci abbia formato, bensì che cosa ci sia rimasto impresso.
RispondiEliminaDefinito l'ambito dell'indagine, citerò: Jacopone da Todi; Dante (vabbe'); Boccaccio; Ariosto; Guido Reni; Leopardi; Manzoni. Pirandello, pure.
Sì, l'ambito voleva essere esattamente quello (almeno io così avevo capito dalla richiesta del Nomade). E mi fa piacere per Ariosto, che è la mia seconda passione; non mi stupisco di Manzoni, che credo sia la tua prima passione; ma rimango interdetto davanti a Guido Reni... In che senso?
RispondiEliminae che si dice della scapigliatura? Iginio Ugo Tarchetti? Ai nostri tempi proto-emo avevano il loro fascino...
RispondiEliminaIo, mi rendo conto di deluderti, non ne parlo quasi più. Giusto un accenno, ma nemmeno una lettura (come peraltro per Carducci, sia chiaro): quindi i miei studenti non ne restano molto colpiti...
RispondiEliminaNel senso che mi è rimasto talmente impresso che mi son rammentato Reni al posto di Redi; e il nome di battesimo ha seguito il cognome, diventando Guido al posto di Francesco.
RispondiElimina@Professo'
RispondiEliminaNemmeno "San Martino" campanaro?
Carducci: una vittima dei tagli alla cultura... :P
“quelli che lasceranno traccia di sé anche in coloro che poi saranno ingegneri informatici, o medici…” Appunto, i medici. Come possa un medico, per chiamarsi tale, non aver sottomano, e sempre, il capitolo XXXI dei Promessi Sposi, lo sa solo Dio, e lo Scorfano, che ne è, a suo modo, profeta, non può non predicarlo. E se il dottore vorrà far ricerca scientifica, lo Scorfano analizzi da par suo il XXVII! A muovere un bisturi, o un catetere, impara pure una scimmia. Ma il giudizio, lo si acquisisce molto prima. E nessuno, meglio del Siùr Lisànder, lo insegna ai futuri medici: “o per ignoranza o per altro, si lasciarono persuadere da un vecchio et ignorante barbiero di Bellano, che quella sorte de mali non era Peste.”
RispondiEliminaQuindi, caro Scorfano, promuovi il corso "Manzoni per i futuri medici", se vuoi sperare che la gente sopravviva e la malasanità defunga in pace.
Per questo ci vorrebbe un solenne decreto del molto regio ordine del Medici, gentile Alan. Io posso solo cercare di capire che cosa resti dei nostri studi letterari in chi esce dalla beneamata scuola nostra; e, nel caso, battere di più su qualche chiodo, che si conficchi nelle teste e dolga un po', quando sarà il caso.
RispondiElimina@il nomade
RispondiEliminaNo, Carducci no! Trattasi di vecchio trombone, diciamolo una volta per tutte... ;)
(sono d'accordo, professo'. Ci mancherebbe :P)
RispondiElimina@lo scorfano
RispondiEliminaL'Ordine dei Medici, buono quello. Bisognerebbe farne presidenti professori di medicina e, contemporaneamente, di filosofia morale. Ma di protofisici, oggi, non ce n'è in circolazione e, se anche ce ne fosse, chi mai li ascolterebbe?
anch'io, anch'io...
RispondiElimina1. Iacopone (più di Dante);
di Petrarca, Ariosto, Tasso non è rimasto niente;
di Manzoni un vago ricordo;
2. Verga;
3. Pascoli;
4. Gozzano (de gustibus non disputandum);
5. Montale (ma anche Ungaretti).
Però avevo un'insegnante di italiano un po' scarsa e parecchio odiosa...
Sarà pure stata scarsa, ma Gozzano (una delle mie passioni) non è molto facile da far restare in mente a un diciottenne...
RispondiEliminaVeramente e me Gozzano è rimasto appiccicato fin dai tempi delle medie.
RispondiEliminaAltra insegnante.
Quella delle superiori invece ci spaccava i maroni con Beatrice e Laura.
Gozzano è triste dietro ma divertente davanti, scrive poesie avendo l'aria di fare tutt'altro: perché un adolescente non dovrebbe amarlo?
RispondiEliminaAh, che stavolta ho preso in castagna il matematto!
RispondiElimina"Gozzano è un crepuscolare, ed è piemontese. Secondo me ci devi essere un po’ dentro per riuscire ad apprezzarlo; e non credo che un diciottenne medio ce la possa fare."
Indovina chi scrisse queste parole a commento di un mio post sul vecchio blog?
http://scorfano.wordpress.com/2009/04/04/distanze-pirandelliane/
@Lele
RispondiEliminaEcco, ora che hai associato Laura, Beatrice e i maroni non ti potrò mai più dare ragione... ;)
@scorfano: lo deve aver scritto qualcuno con poca memoria, è indubbio :-)
RispondiElimina@.mau.
RispondiEliminaNo scusami, il link giusto era questo: http://scorfano.wordpress.com/2009/04/01/una-lezione-che-lascia-muti/
Oppure uno molto saggio, che si evolve e matura e cambia idea coraggiosamente e consapevolmente... ;)
RispondiEliminaMy 2 cents
RispondiEliminaDante e Manzoni che mi sono rimasti dentro - ma dopo che li ho riletti una volta finito il liceo che allora non si apprezzano - specie il Manzoni una vera rivelazione
Montale e Ungaretti, specie il primo, con quelle sue poesie splendidamente levigate
Leopardi - piu' la Ginestra che l'Infinito -
Pirandello no, Verga si anche se pero' l'ho capito dopo
Pasolini - scoperto dopo - ad averlo letto al liceo mi sarebbe sicuramente piaciuto. Lo stesso vale per Tomasi di Lampedusa e DeRoberto
Pratolini anche, Calvino un po' meno e poi Buzzati
Grazie dei tuoi centesimi. Io leggo Pasolini in quinta liceo proprio perché penso che possa essere molto interessante: e infatti in genere funziona. E poi: la Ginestra vale ben di più dell'Infinito, diciamolo una volta per sempre.
RispondiEliminaconcordo, credo che la Ginestra sia la vetta della poetica leopardiana
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