Ci sono clienti che in questi ultimi due o tre giorni mi chiedono un libro che a catalogo non trovo: “Lontano da satana”. Un po’ scocciato per l’ennesima richiesta che va a vuoto, ho domandato a uno di questi clienti da dove saltasse fuori questo titolo e mi è stato risposto che in televisione uno psicologo (?) l’ha consigliato “per capire meglio il delitto di Brembate”.
Penso che la curiosità verso un delitto, una violenza o il tragico destino di una vita umana sia lecita, anche quando questa curiosità è superficiale e si ciba solo di servizi giornalistici o approfondimenti televisivi e serali, letti o guardati in poltrona, dopo i pasti e con la sonnolenza in corpo. Il fatto di cronaca, il delitto e la tragedia sono escrescenze sociali che potrebbero benissimo appartenerci o comunque spiegarci qualcosa che appartiene a noi e agli esseri umani che ogni giorno incontriamo in un centro commerciale o sul pianerottolo di casa. Scusate l’accostamento, ma un libro giallo non ci coinvolge anche perché si parla un po’ di noi o del nostro vicino di casa? O è solo intrattenimento fine a se stesso?
La cronaca nera si avvicina a ciò che io ho il vizio di chiamare attualità e la cronaca è anche quella cosa che ci dice come stiamo, quale forma ha assunto la nostra psicologia quotidiana e il nostro approccio con i sentimenti. Lo so che è una brutta immagine ma mi pare efficace vedere la cronaca nera, o ciò che la riempie, come un termometro. Se una ragazzina viene trovata morta ammazzata, mi pare giusto e civile interrogarsi, seguire il caso e magari capirne i moventi, solo per sapere fin dove siamo capaci di spingerci.
Però, e in questi giorni se n’è parlato abbondantemente, la curiosità degenera e si trasforma in fissazione e ossessione, mutando di conseguenza in spettacolo televisivo tutto ciò che dovrebbe riguardare la psicologia (nel senso più ampio del termine) e il giornalismo intelligente (perché esiste anche il giornalismo intelligente). La curiosità degenera, dicevo, ma quello che in questi giorni mi ritrovo davanti agli occhi, e cioè la ricerca di un libro su satana per spiegare un delitto, sincerante non riesce a tenermi tranquillo. Non riesco neppure a spiegarmelo, poi. Io non so chi sia questo psicologo e non so quale sia stato lo studio televisivo che l’ha ospitato, ma in queste ore stanche di libreria, davanti a una richiesta del genere, non sono capace a trovare un movente a questo strana curiosità. Perché io, se avete notato, continuo a chiamarla curiosità. Allora mi chiedo come possa un uomo, psicologo o satanista che sia, azzardarsi a consigliare libri su un fatto specifico di cronaca. Con quale autorità? Perché?
Forse perché satana fa ascolti, forse perché è stato pagato per dirlo, quel titolo che non riesco a trovare, o forse perché davvero ci crede vivamente in questo suggerimento letteraltelevisivo (ecco, ho trovato un mostruoso neologismo adatto per la maggior parte dei libri che stanno in una libreria). Sono donne e uomini che mi chiedono di questo libro e io riconosco la loro entrata di chi “già che ci sono entro a chiedere quel libro che ho sentito in televisione”. Scusate se vi dico queste cose, ma la faccia e le richieste di queste persone mi hanno innervosito e disgustato e sinceramente non so con chi prendermela, se con il fantomatico psicologo o con il cliente superficiale che mi domanda. Il fatto, e poi la smetto, è che mi dispiace partecipare a questo nauseante banchetto dove ci sono io insieme ad altri inevitabili cretini.
Bello definire la cronaca "il termometro" della societa', ne crea un'immagine quasi tattile. Ovviamente dovrebbe prendere un'aspirina e stare a letto per un bel po', la societa'.
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