di lo Scorfano
Il giorno in cui l’analisi logica entrò di prepotenza nelle nostre povere vite non avvertì e non bussò per annunciarsi. Anzi si presentò non invitata, feroce e spaventosa come mai avremmo immaginato che potesse essere: e disse che dovevamo scegliere e che la nostra scelta ci avrebbe divisi: di qua i bianchi, di là i neri, senza possibilità di mediazioni. Da una parte coloro che credevano che, dall’altra parte coloro che non avrebbero invece mai potuto crederlo.
Il giorno in cui l’analisi logica entrò con rapinosa violenza nelle nostre fragili vite era una mattina fredda di un inverno di qualche anno fa. Essa non fu apparizione in carne e ossa, ma fu soltanto voce, fiato di vento affocato che parlò, quasi da stessa mossa, nella bocca di un giovane alunno e che disse, con timida ma decisa impertinenza: «Ma, prof, mi scusi: nella frase “fare l’amore con qualcuno”… che complemento è “con qualcuno”?»
Risero gli astanti quindicenni, quasi tutti, risero nella loro incoscienza. Risero perché il demonio dell’analisi logica instillava in loro il terrore furioso della verità. Risero essi, ma il professore, investito dalla mai prima d’allora proposta questione, il professore, attonito, stupì. E tacque; tacque molto a lungo. Finché non s’alzò una giovane mano, che educatamente chiese la parola e poi, con demoniaca e miseranda voce, disse: «Complemento di compagnia, prof… È complemento di compagnia!» E risero di nuovo, gli sventurati e giovani astanti.
Ma il professore, perplesso, ancora taceva: l’angolo destro della bocca piegato verso il basso, gli occhi spalancati chiusi, non persuaso di quella scelta così ovvia e banale, non placato da quella risposta che parve ai giovani inesperti così ovvia.
Poi, tradendo l’emozione con un gesto della mano un po’ troppo plateale, fermò le risatine, il professore, e cercò di dire quel che a una classe di quindicenni non pensava mai di dover dire. E con voce solenne ma increspata, disse:
«Unione, ragazzi. Esso è complemento di unione».
Fu lo stupore dei giovani alunni, a quel punto. E l’imberbe incredulità. Fu un momento che tutti per sempre avrebbero ricordato. Unione… La parola magica si spostava beffarda e commovente tra i banchi, quelli delle ragazze e quelli dei ragazzi, scivolando tra i piedi pesantemente calzati e le ginocchia, destando meraviglia e sollievo, ma anche perplessità. Finché un’altra mano si alzò e un’altra voce ribadì, perentoria e crudele: «E invece, prof, secondo me è proprio compagnia!»
Non fu lo scricchiolare sordo della sua autorità di docente a far vacillare, in quel momento, sulle sue stesse deboli articolazioni, il professore. Fu la paura, invece. La paura che «fare l’amore con qualcuno» potesse essere davvero un complemento di compagnia. Insieme a. Fu la malinconia e la tristezza che lo colsero in quell’istante e lo fecero invechiare di colpo, la barba che s’imbiancava, le occhiaie che si scavavano. E allora ripeté con maggiore veemenza: «Unione, ho detto! È unione! Unione!» E urlava, il pover’uomo.
E spiegava che non si poteva ridurre il tutto alla compagnia, che sarebbe stato l’inferno, la solitudine, la malinconia per sempre; che tanto valeva farne un complemento di mezzo o strumento, a quel punto, a quelle condizioni; e chiedeva che non gli si togliesse quella piccola consolazione, l’unione, l’unità, l’uno, per sostituirlo con una compagnia qualunque, il due, magari il tre, il quattro, il cinquantasei. «No» insisteva stravolto «No: non può essere complemento di compagnia. Non si fa l’amore in compagnia.»
E i giovani gli credettero, forse tutti, senz’altro tanti; l’autorità funzionò, la bufera si placò, il mare parve tornato azzurro e sereno. E la mattina in cui l’analisi logica entrò nelle nostre vite e le cambiò per sempre finì, così com’era cominciata, senza preavviso; lasciando solo un odore di zolfo alle sue spalle. E poi il professore tornò a casa, mangiò il suo piatto pronto del supermercato, lesse alcuni articoli del suo giornale di tutti i giorni, cercò di rimettersi al lavoro. Ma la memoria di quell’impiccio mattutino lo tradiva e lo perseguitava: il travaglio usato non era consolazione sufficiente.
Aprì allora la sua grammatica di riferimento, il professore; e lì, sorprendente e nascosto come una serpe velenosa, nell’ultima pagina dedicata ai complementi di tutte le specie e le fattezze, trovò colui che si celava acquattato con sordida ferocia: era il «complemento di rapporto», era lui porcocane, ultimo nell’elenco dei tanti complementi, triste soluzione all’enigma mattutino, miserabile risposta che gli si affacciava agli occhi nella sua vile e indesiderata verità. Il complemento di rapporto o relazione: lo squallore del reale, la bruciante vittoria del mondo reale su quello dei sogni.
Chiuse il ibro, il professore. Lo chiuse di scatto per non sapere, per non voler sapere. E promise a se stesso che mai avrebbe ad alcuno rivelato quel miserevole arcano. «Complemento di unione» ripeteva ebbro di follia linguistica tra le mura della sua casa lontana. E da quel giorno giovani generazioni di studenti si aggirano ignari per il mondo dei complementi confidando nel fatto che «fare l’amore con qualcuno» sia effettivamente un complemento di unione, come il professore ripete ogni anno a ogni nuova classe di alunni, pur sapendo di dire una menzogna.
E questo, racconta a se stesso il professore ogni mattina davanti al suo specchio, questo è il contributo che lascerò al mondo, quando me ne dovrò andare: una bugia, un inganno grammaticale, una forma di calcolata ignoranza che guidi quei poveri giovani corpi verso un’impossibile verità.
la grammatica di riferimento è il Serianni?
RispondiElimina(io avrei detto "di compagnia"
La grammatica di riferimento è il solito "Marcello" (ehm). Il Serianni, giustamente, parla poco di analisi logica. Però è complemento di relazione (o rapporto), non c'è nulla da fare.
RispondiEliminala solitudine delle locuzioni verbali (ammesso che fare l'amore sia una locuzione verbale, il Prof è lei)
RispondiEliminaDue giorni fa un amico mi ha confidato: "io non voglio una ragazza che mi faccia compagnia, voglio una ragazza che mi completi, che mi elevi". Magari e' stato un tuo ex alunno,questo mio amico, che ha creduto nelle tue parole e crede ancora che "fare l'amore con qualcuno" sia complemento d'unione.
RispondiEliminaBisognerebbe dirglelo, o forse no.
@ste
RispondiEliminaIo sarei quasi sicuro che sia stato un mio ex alunno: ho seminato il germe del complemento di unione per tutta la provincia di Brescia, e da qui si diffonderà... E' stato un mio ex alunno, ne sono certo.
Chapeau. Bellissimo articolo.
RispondiEliminaPotremmo dire che il mondo sta in piedi esclusivamente grazie a delle leggi "matefisiche".. Credo e spero che la felicità non sia solo serotonina. ;-)
RispondiEliminaGrazie, scarmic.
RispondiElimina@lo scorfano
RispondiEliminaAllora speriamo che arrivi anche a Desenzano...
E "fare sesso con qualcuno" è complemento di amplesso? :-)
RispondiEliminaO magari, semplicemente, è complemento di limitazione. ;)
RispondiEliminaCosa saremmo senza i complementi? :-)
RispondiEliminaSaremmo tutti pessimi soggetti, che tragedia! Non ci voglio nemmen pensare... :-)
RispondiEliminauhm... uhm... dopo vado a vedere Dardano-Trifone e Serianni...
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