venerdì 22 aprile 2011

la mamma di obafemi

di lo Scorfano

La mamma di Obafemi è venuta a parlare con me soltanto una volta, l’anno scorso; ed è venuta perché io l’ho ufficialmente convocata a scuola. La mamma di Obafemi è una signora molto robusta, vestita alla maniera tradizionale del suo paese, una nigeriana quasi da cartolina nella sua corpulenza e nel suo sorriso splendente di denti bianchissimi e pelle lucida e nerissima. E la mamma di Obafemi, naturalmente, non parla quasi una parola di italiano, e si vergogna di questa sua mancanza e per questo non veniva ai colloqui con gli insegnanti, nemmeno dopo aver ricevuto una pagella con tutti 4. Così ho dovuto convocarla, circa un anno fa, in aprile (il mese più crudele), prima che il ragazzo venisse bocciato.

Quando la mamma di Obafemi è arrivata e si è timidamente presentata, ho provato a parlarle in inglese, per metterla a suo agio (pensavo): ma facevamo fatica comunque a capirci, lei si girava verso il figlio (lo snaturato Obafemi, seduto vicino a lei) per farsi tradurre nella sua strana lingua africana quel che io dicevo in inglese. A quel punto io stesso ho guardato Obafemi e gli ho detto: «Vabbè, facciamo in italiano, allora». E lui mi ha risposto: «Sì, è meglio». E ho ricominciato da capo, parlando in italiano.

Il colloquio è finalmente partito ed è stato un colloquio sorprendente, per due motivi che a me sono sembrati clamorosi e che ancora adesso mi stupiscono.        
          Il primo motivo è che ho scoperto che in Nigeria l’educazione dei figli è molto rigorosa, quasi spietata e fondata in buona parte sulle percosse (scherzo, ovviamente, scherzo un po’). Nel senso che io dicevo: «Obafemi non studia»; Obafemi traduceva quello che io avevo detto e la sua mamma gli dava una fortissima sberla, così, davanti a me. E Obafemi non diceva niente, a testa bassa. E poi io dicevo: «Obafemi non sta attento in classe». E Obafemi traduceva e la sua mamma, con certe mani non indifferenti, gli dava un’altra sberla e Obafemi taceva. E poi: «Obafemi non fa i compiti assegnati»: traduzione, sberla, silenzio. E ancora, in immutabile e prevedibile sequenza: mio ulteriore rimprovero, sua traduzione, ulteriore maternissimo ceffone, suo (di Obafemi) colpevole silenzio. Il tutto per una decina di volte. Poi, lo confesso, mi ha preso una specie di didattica pietà (e una certa qual paura di quelle mani) e ho smesso.

Ma la mia più grande sorpresa, lo avete già capito, non stava tanto nelle sberle: stava nella traduzione, ovviamente. Perché mentre tutto questo avveniva ripetutamente e senza possibilità di variazioni, io continuavo a chiedermi soltanto una cosa: «Ma perché Obafemi traduce così bene quello che io dico? Perché non mente almeno un po’? Come pensa che io possa anche solo intuire qualcosa di quella misteriosa lingua che parlano?».

Quando il colloquio è finito e ho salutato la signora mamma di Obafemi dandole la mano, mentre lei si inchinava ossequiosamente e mi faceva sentire un odiosissimo privilegiato, ho fermato il ragazzo, che nonostante la pelle nera portava ancora i segni delle sberle sulle guance, e gli ho chiesto: «Ma perché traducevi proprio tutto?» E lui, allargando le braccia e sorridendo con lo stesso sorriso splendente e gli stessi occhi scurissimi della signora che era appena andata via, mi ha risposto: «È la mia mamma, prof».

12 commenti:

  1. Se ho capito bene la fine della storia comuqnue il ragazzo è stato poi bocciato, per cui non mi pare che le sberle della madre siano riuscite nell'intento di farlo studiare, no?
    Gianni
    (buone vacanze, prof)

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  2. @Gianni
    Se le sberle servissero a far studiare i ragazzi, il mio mestiere sarebbe facilissimo... ho mani grandi anch'io ;)

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  3. Tu sei fortunato, professo'.
    Pensa se le sberle le avesse date a te... :P

    Buone vacanze a te e al disagiato. :)

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  4. Non credere, Nomade, non credere. Le mamme italiane farebbero molto prima a darle esattamente a me, quelle sberle...

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  5. Ah sì, certo, buone vacanze anche da parte mia (che stamattina sono parecchio più stordito del solito).

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  6. Ma perchè non ne fai un libro, di queste tue bellissime storie???

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  7. P.S: dimenticavo: buona pasqua a tutti, ovviamente!

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  8. @Zagabart
    Grazie degli auguri, ricambiati.
    La questione libro è piuttosto semplice: non credo che verrebbe bello, nel complesso; e poi, anche se fosse, la pigrizia mi dòmina e mi sovrasta... ;)

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  9. Ce l'avessero i nostri figli solo un pochino di quel rispetto...

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  10. @Thumper
    Il fatto è che io e te abbiamo un concetto assolutamente sorpassato di educazione, mi sa...

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  11. "Io ai miei figli insegno l'educazione.
    Hai visto mai che torni di moda."

    (C) mio padre

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)