mercoledì 27 aprile 2011

inseguendo sogni

dello Scorfano

 
Pochi giorni fa, in terza, ho dato una traccia (per il tema da svolgere in classe) che suonava così:
«A un certo punto ti diranno che ti sei arreso, che hai scelto la via facile, che hai rinunciato al sogno in cambio di qualcosa di più possibile e di più raggiungibile. Ma non è vero. Rinunciare al sogno non è la via facile, rinunciare al sogno si paga per tutta la vita e si paga di tasca propria, continuare per sempre ad inseguirlo, di solito, si fa a spese di qualcun altro.»
Forse qualcuno di voi l’ha già riconosciuta: perché, e non so a quanti poveri studenti di liceo accada in Italia, la traccia non è altro che un post di Cloridrato di Sviluppina, pubblicato da Livefast nel settembre dell’anno scorso. Le tracce erano in totale 14, gli alunni di quella terza liceo sono 23: in 6 hanno scelto questa traccia, il che è francamente un ottimo risultato.

Ma il dato sorprendente non è stato questo successo di partenza, però. Il dato sorprendente è stato che 5 dei 6 ragazzi che hanno scelto la traccia non l’hanno capita bene: forse non l’hanno nemmeno letta bene. E hanno svolto il loro tema scrivendo, più o meno, che «bisogna sempre inseguire i propri sogni, bisogna combattere per raggiungerli, bisogna soffrire e pagare di tasca propria e non mollare mai e non accontantarsi dei desideri delle “masse”, che ci vengono imposti dall’alto ecc.…» E poco d’altro, insomma.

Magari hanno anche ragione loro, non è questo il problema, a mio parere.     
              Il problema è che il post usato come traccia voleva essere il ribaltamento di un noioso e insopportabile luogo comune (una specie di slogan buono per le pubblicità dell’Alfa Romeo o, se mi permettete, dell’Ikea) sui sogni e sulla felicità che ci darà l’inseguirli, e il «non mollare mai», e tutta quella retorica di quel genere lì. E davanti al plateale ribaltamento di un luogo così comune, i ragazzi sono andati completamente nel pallone: e hanno semplicemente ribadito il luogo comune, hanno letto le parole «sogno» e «rinunciare», poi le hanno messe insieme nel più banale e ordinario dei modi, l’unico che conoscono, poi hanno scritto nel tema quello che qualunque passante mi avrebbe risposto a mia domanda precisa: «non rinunciare mai ai tuoi sogni, mai».

Mi ha molto stupito questo equivoco: o meglio, non mi ha stupito tanto, in realtà, mi ha piuttosto confermato nel pensiero, che ho da tanto tempo, che il rovesciamento dei luoghi comuni della cultura di massa è uno dei compiti che mi devo sempre prefiggere in quanto insegnante. Anche a costo di mettere in crisi chi mi sta davanti (anzi: forse proprio con l’obiettivo crudele di mettere in crisi le giovani menti di chi mi sta davanti). Perché il luogo comune è pervasivo ed è il contrario dell’intelligenza delle cose e di se stessi. E cioè, in fin dei conti, è il contrario della cultura: che è quello che io vorrei fare a scuola, nel mio lavoro.

Quando ho riconsegnato i temi, ne abbiamo discusso insieme, sia con quelli che non l’avevano capito sia con quelli che nemmeno l’avevano scelto: è stata una discussione difficile, perché la traccia (questo sì, questa è una critica giusta) era molto adulta e molto poco adolescenziale; perché inseguire i propri sogni a 16 anni è cosa che è anche giusto fare e non io non volevo che passasse solo il messaggio opposto.

Io avevo soltanto bisogno di una prospettiva nuova, di uno sguardo non omologato, anche soltanto di una riflessione a margine, che poi li facesse ripartire dietro i loro singoli e collettivissimi sogni (collettivi perché sono tutti uguali, non perché presuppongano una collettività… ma di questo un’altra volta, che è meglio). E poi è finita l’ora, io ho consegnato i loro scritti con relativi voti, e quei cinque ragazzi che non avevano nemmeno preso in considerazione l’ipotesi che ai sogni si possa rinunciare (per il bene nostro e di chi ci sta vicino) hanno portato a casa un’insufficienza (è un mestiere crudele, questo, cosa volete farci).

Solo un ragazzo ha portato a casa un bel voto. Ed è stato Tommaso, uno che di quel bel voto aveva assai bisogno perché la letteratura la studia assai poco, e solo quando ne ha voglia lui. Ma lui, Tommaso, aveva capito la traccia e l’aveva svolta con intelligenza e acutezza, cogliendone proprio l’aspetto paradossale e per questo necessario (ma anche criticandolo, come è in parte giusto, a 16 anni). E ha svolto un tema acuto e a tratti pure brillante.

E forse anche questo dato (questa relazione tra il non studiare molto di Tommaso e il suo saper cogliere i paradossi e riconoscere i luoghi comuni) è un dato che vuol dire qualcosa, sta lì a significarmi un aspetto importante e paradossale e marginalmente rilevante del mio mestiere e dell’entrare in quella classe tutte le mattine. Solo che, stavolta, sono io a non sapere quale sia, questo paradosso.

35 commenti:

  1. L'inseguimento dei sogni a qualunque prezzo è il cliché delle arti narrative, dal cinema alla letteratura. Certo, ci sono gli antieroi, ma il loro esserlo è eroico in sé: perfino Oblomov, o Zeno Cosini, inseguono con tutte le forse la loro medietà.
    Del resto la gente compra i libri di chi ha mollato tutto ed è andato a meditare in cima ai monti del Nepal, non certo quelli di chi voleva andare in cima ai monti del Nepal e poi è andato a lavorare in banca, paga le rate del mutuo tirando su un paio di figli e portandoli qualche volta a Gardaland.
    Credi si possa affermare che la letteratura si pasca [si può dire pasca?] di eroi, e quindi il leggere troppo (in ispecie romanzi di cavalleria) impedisca una vita serena?

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  2. @m.fisk: bisognerebbe chiedere a Don Quixote se aveva avuto una vita serena. Probabilmente sì, era il povero Sancho Panza a non averla :-)

    @scorfano: a parte i problemi dei sedicenni nella comprensione del testo (che a me sembrano la cosa più pericolosa, a dirla tutta) mi sembra normale che il luogocomunismo sia la via di gran lunga più comune, in quanto quella del minimo sforzo. Quanto al paradosso di Tommaso, chissà: la mia sensazione (legata all'insegnamento della matematica, ma credo si possa applicare anche al resto) è che il curriculum di studi prevede una via definita una volta per tutte da Qualcuno (no, non l'insegnante, ma il ministero) il che porta implicitamente a credere che quella sia l'unica via. Tommaso, non avendo voglia di studiare, magari non è stato infettato...

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  3. Il paradosso forse sta nel fatto che le persone che studiano poco e poi colgono i paradossi e i luoghi comuni è anch'esso un luogo comune. Genio e sregolatezza, in parte mito fondativo dell'uno su mille ce la fa.

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  4. Anche io avrei osservato che la traccia non era per ragazzi di 16 anni. Quindi, domanda: perché hai voluto proporla ugualmente? (se non ho capito bene, la riflessione su come cambiano le percezioni nella prospettiva del tempo è un tuo leitmotiv...)

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  5. @m.fisk
    Se ci piace il darci alla cavalleria, c'è Ariosto che ci insegna giù tutto nel 1500: coloro che inseguono sogni (anche d'amore) sono forse più simpatici, ma perdono. Coloro che si adattano alla realtà sono decisamente più antipatici, ma vincono (anche se forse sono più antipatici solo perchè vincono...)

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  6. @.mau.
    Sulla comprensione del testo sta, secondo me, il passaggio più delicato della vicenda: hanno voluto leggere quel che volevano ci fosse scritto. Non so quanto sia comune a tutti noi.

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  7. @plus1
    Aspettavo di dirla io, la cosa che hai scritto tu. Mi hai fregato.

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  8. @monica
    Una traccia su quattordici, a mio parere, può essere anche un po' difficile e adulta. Il fatto che l'abbiano sccelta in tanti è indubbiamente più singolare.

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  9. @scorfano: confesso che a una prima rapida lettura (saltando la prima frase) anch'io avevo capito l'opposto.

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  10. @.mau.: tu c'hai quel vizio della lettura un po' troppo rapida ;) (non è la prima volta...)

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  11. gli è che non ho mai tempo per fare tutto e allora cerco di comprimere.

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  12. Vedi? io non studiavo ma sono uno che coglie paradossi a destra e manca. Forse abbiamo un luogo in comune.

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  13. Devo dire che non sono sicuro che mi piaccia questa traccia. Il fraintedimento è talmente facile (per un ragazzino e non solo per lui) che qualche parola in più per evitarlo potevi spenderla (un disclaimer: "Attenzione, la traccia non ti chiede se sia giusto o no lottare per i propri sogni, ma...").

    L'autore di questo frammento sembra cercare un equilibrio che, per come si esprime, dev'essere assai fragile.

    Io nel tema avrei forse fatto riferimento ad una lunga e complicata frase di una lettera di Thoreau, che suona più o meno così (cito a braccio) "Vi è qualcuno che, dopo aver lottato per tutta la vita per il suo sogno, possa dire di non aver ottenuto nulla?".

    Come dire, i sogni possono avverarsi oppure no, e forse la loro funzione non è davvero quella di realizzarsi, ma l'allenamento, il rigore, la ricerca e la curiosità cui la lotta ti ha costretto non può non averti cambiato per il meglio.

    Se non sono andato fuori traccia ed è questo che speravi che cogliessero, allora però, forse, per quanto difficile, questa traccia non era da adulti, ma proprio adatta a chi deve crescere, e guarda avanti, e ancora non distingue nulla, e niente sa né del suo successo, né del suo fallimento.

    FR

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  14. Insisto sulla mia linea, anche perché è l'unica che ho: altre parole introduttive nella traccia c'erano, ma non avrei mai creduto che non sapessero leggere il frammento (o post). Il dato che a me pare più significativo è appunto il fatto che non l'abbiano letta, o che vi abbiano letto quel che volevano. Poi avrebbero potuto scrivere quel che volevano (Tommaso ha scritto che non era d'accordo, per esempio): ma la forza del luogocomune stile slogan mi ha stupito.

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  15. DE SENECTUTE 1

    Forse tu riderai: conservo ancora
    qualche briciola dei miei vecchi sogni.
    Le lecco piano, e c'è in loro un sapore
    come di giovinezza.

    Non mi faccio illusioni, non pensare
    che cerchi ancora di tirare in piedi
    quei miei così improbabili progetti;
    però mi fanno tanta compagnia.

    nick the old

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  16. Forse quelli che studiano poco (solo perché non ne hanno voglia, se poi sono in grado di scrivere brillantemente), quando sono costretti leggono le tracce dall'inizio alla fine. Gli altri tendono a liquidarle con un "questo lo so/non lo so" troppo superficiale.
    A questo punto sarei curiosa di leggere cosa ha scritto Tommaso...

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  17. @LGO
    Tommaso ha più o meno scritto che non è d'accordo con la frase. Che i sogni a una certa età fanno bene e che lui spera e farà di tutto per non rinunciarci mai. Così, in brevissimo.
    A me è piaciuto. Che non fosse d'accordo e che avesse anche dei sogni, ovviamente.

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  18. Non è che voglia far l'avvocato anche dello Scorfano, ma un tema in classe è un tema in classe, e se uno studente alla fine di una terza non è in grado -o non ha voglia- di leggere un paio di volte una traccia di sei righe prima di mettersi ad imbrattare il foglio, allora si merita un'insufficienza.
    Salvo che gli studenti di terza d'oggidì siano dimolto più rimbambiti di quanto eravamo noi: che magari pensavamo, scrivevamo e facevamo stronzate, ma (chi più chi meno) almeno un certo sforzo lo facevamo.

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  19. non è in grado, in realtà; non perché non sappia leggere ma perché tende a leggere soltanto ciò che gli pare ovvio, in quel momento. E, scusate l'insistenza, è questo che io considero grave.

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  20. ma infatti hai perfettamente ragione su questo punto :-)

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  21. prima o poi ne parlerò anche da me, ma questo primo anno al liceo mi lascia molto perplessa... trovo che tra i ragazzi ci siano sempre più di frequente dei bravi esecutori, soldatini che riescono ad imitare bene quello che tu gli mostri, ma che poi se modifichi leggermente le condizioni al contorno si sentono persi. e poi ci sono quelli che hanno voglia di fare di testa loro e sono insofferenti ai sentieri tracciati da percorrere per forza. non studiano e spesso non prendono bei voti, ma i colpi di genio, se ogni tanto ci sono, vengono da loro.

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  22. Temo sia una condizione piuttosto frequente, al liceo (in altre scuole non so, perché non ci ho mai lavorato): i ragazzi tendono a fare gli esecutori di ordini (ne avevo parlato nel vecchio blog, una volta). A volte è talemnte disperante che non si sa che fare.

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  23. io quando ero adolescente ero un bravo esecutore di ordini, e ancora adesso faccio fatica ad avere pensieri miei propri. Non è che si possa pretendere molto per default dagli adolescenti di oggi, no? (il che non significa che non bisogna far loro notare la cosa, per dargli la possibilità di crescere... e da questo punto di vista le insufficienze per fuoritema sono ottime)

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  24. Io, a questa cosa che ha scritto .mau., mi permetto di non crederci per niente, niente. ;)

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  25. @scorfano: e fai male.
    (che poi, tanto per dire, Anna tiene anche dei corsi per diventare creativi... sembra un ossimoro ma la cosa può anche funzionare. Se uno sa come fare, può imparare a pensare con la propria testa)

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  26. Ragazzi, la scuola italiana ha SEMPRE formato esecutori di ordini.

    Abbiamo sempre avuto una scuola mnemonica ed autoritaria, soltanto scalfita da un '68 non portato fino in fondo e talora svoltato in farsa (le attuali assemblee di istituto e di classe, per dire).

    Oggi lo notiamo di più perché non siamo più studenti e perché quel modello è ancora più disfunzionale di quanto fosse in passato.

    FR

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  27. ci tenevo a dire che mi sento onorato. grazie. sul serio.

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  28. PS= io ho frequentato la scuola italiana e ne sono uscito free thinker, è una questione di indole, è una questione di quello da cui ti lasci colpire delle mille cose che ti raccontano.

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  29. Il tuo post era molto bello, efficace e sintetico: il che lo rendeva una traccia praticamente perfetta, per quanto difficile (infatti l'hanno scelta in molti, il che è il miglior complimento).
    Su quanto aggiungi nel PS, è vero: gli stimoli sono tanti, spesso si raccolgono anche dopo anni. Magari anche questo.

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  30. Complimenti ad entrambi; @ livefast per il bellissimo post, ma del resto mi ha da tempo abituato alle direzioni inconsuete anche a costo dell'impopolarità; @scorfano per la comprensione del ruolo fondamentale che il suo mestiere gli affida.

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  31. Grazie molte, da parte di tutti e due... ;)

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  32. Ciao non ci conosciamo (o meglio, io non conoscevo te, sono finito per vie tortuose in questo luogo), ma sento il bisogno di dire la mia. Preparati perché sarò un po' duro.

    Secondo me sic et simpliciter tutti e 6 i ragazzi hanno preso quella traccia perché a tema, sostanzialmente, libero. E perché speravano, interpretandola in quel modo superficiale (si, lo è, è vero, hanno aderito a un luogo comune...ma non è questo il punto), di cogliere le motivazioni che hanno spinto il loro insegnante frustrato a dare un tema così (insegnante che nella vita ha chiaramente rinunciato al suo sogno...mi chiedo quale fosse) e di portare a casa un bel voto, apparentemente facile. Però non avevano fatto i conti con le contorsioni del loro insegnante.

    Per carità, chiunque ha il diritto a vivere da frustrato un periodo della propria vita, ma non ha alcun diritto di influenzare dei ragazzini che volevano solo portare la sufficienza a casa per poi uscire il pomeriggio del giorno dopo per fare quel che sono chiamati a fare: vivere il loro sogno da sedicenni.
    Invece rimaranno a casa perché i genitori leggeranno l'insufficienza che l'insegnante frustrato (ma i genitori non lo sanno, non lo capiscono, non gli interessa, chissà frustrati anche loro) ha dato al loro figlio.

    Niente di personale. Come potrei, non conoscendoti.
    Longinus

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  33. Non mi conosci e dunque sei scusato. Il mio sogno, scemo che sono, è sempre stato quello di insegnare. Quanto alla frustrazione (altro splendido luogo comune), ho due risposte lunghe, che scrissi nel mio vecchio blog e che mi rappresentano ancora: questa e questa. Se hai tempo.

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  34. Ma fanno il classico?
    Perché in caso, dovrebbero ben sapere che il sacrificio dei propri sogni per il bene degli altri/della Patria/della Famiglia/dell'Ideale è un valore classico.
    Perseguire invece i propri sogni ad ogni costo, anche calpestando la faccia altrui o finendo al bunga bunga, è invece un concetto terra terra meramente ollivuddiano e tipico della (sub)cultura americana.
    Quale delle due opzioni hanno assimilato maggiormente gli imberbi in questione?
    :D

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)