(Professore di italiano, in terza, legge versi di Dante, tratti dal canto XVIII dell’Inferno, Malebolge)
Quindi sentimmo gente che si nicchia
ne l'altra bolgia e che col muso scuffa,
e sé medesma con le palme picchia.
Le ripe eran grommate d'una muffa,
per l'alito di giù che vi s'appasta,
che con li occhi e col naso facea zuffa.
Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso
de l'arco, ove lo scoglio più sovrasta.
Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso.
Un’alunna: «Ma che schifo!»
(mormorio di approvazione perplessa che aleggia nell’aula)
Un alunno: «Ma, scusi prof, di cosa sta parlando Dante?»
Prof: «Be’, sta parlando di quello che avete capito, credo. Sta parlando degli adulatori e della loro pena, che è quella di essere immersi negli escrementi».
Un alunno: «Ma fa proprio schifo allora!»
Prof: «Certo che fa schifo: deve fare schifo. Quello che Dante vuole è che faccia schifo. Vi ricordate quando vi dicevo che il progetto della Commedia è onnicomprensivo? Ecco, onnicomprensivo significa anche questo: la bruttura, il degrado dell’umanità. Onnicomprensivo significa che deve comprendere tutto, non solo la bellezza.
In questa bolgia stanno coloro che si sono macchiati di una colpa orrenda, l’adulazione. Quelli che hanno “leccato”, insomma. E sono finiti esattamente laddove si meritavano di finire, dove in fondo gli piaceva stare… C’è una specie di contrappasso, anche questa volta».
Un’alunna: «E però fa veramente troppo schifo…»
(mentre molti altri stanno ridendo e dandosi di gomito, però)
Prof: «Ripeto: deve fare schifo, è costruito per fare schifo. Guardate i versi, uno per uno, osservate le scelte lessicali, che non sono per niente casuali: “scuffare col muso”, per esempio. Uno dei primi commentatori, Benvenuto da Imola, annotò: sicut facit porcus, “come fa il porco”. Perfetto, no? E poi: “le ripe grommate”, come se fossero incrostate, ma la “muffa” che le incrosta non è mica vera muffa, sono escrementi. E poi l’“alito”, l’“appastarsi”, tutte le rime così aspre e consonantiche… Insomma, è molto chiara la volontà dantesca di ritrarre il degrado umano, nel suo punto più basso».
Un alunno: «Ma si può dire che anche questa è poesia? Oppure è qualcosa d’altro?»
Prof: «Si può dire che è poesia, secondo me. Se accettiamo il fatto che la poesia è la riflessione della parola intorno al mondo e a se stessa, anche questa è poesia. Poesia che parla della bestialità dell’uomo, del suo poter essere una creatura infima, del suo squallore. Non è un caso che l’ultimo verso che abbiamo letto parli proprio di “privadi umani”, cioè di “cessi degli uomini”. Scusatemi l’insistenza, ma quello che si dice è che si tratta proprio di escrementi umani, non di roba degli animali. È roba di uomini, anche questa: il fatto che Dante lo precisi esplicitamente è perché lo ritiene importante, probabilmente decisivo. È l’adulazione (nei confronti del potere, per esempio) come sintomo del peggio a cui l’umanità può giungere. E tutto il lessico e i suoni contribuiscono a renderci visibile e insopportabile questo putridume. In questo, proprio per il fatto che voi dite che vi fa schifo, possiamo sostenere che questa è poesia».
(qualche sguardo perplesso si abbassa a rileggere il testo; molti restano comunque interdetti)
Prof: «Su, andiamo avanti a leggere»
E mentre ch'io là giù con l'occhio cerco,vidi un col capo sì di merda lordo,che non parëa s'era laico o cherco.Quei mi sgridò: «Perché se' tu sì gordodi riguardar più me che li altri brutti?».E io a lui: «Perché, se ben ricordo,già t'ho veduto coi capelli asciutti,e se' Alessio Interminei da Lucca:però t'adocchio più che li altri tutti».Ed elli allor, battendosi la zucca:«Qua giù m'hanno sommerso le lusingheond' io non ebbi mai la lingua stucca».
(risate forti di molti alunni)
Prof: «Ecco, è giusto che ridiate, in qualche modo. Ma cos’è che vi fa ridere?»
Un’alunna: «Non pensavo che ci potesse essere la parola “merda” nella Divina Commedia…»
Prof: «Invece, eccola qui. D’altronde la merda fa pur sempre parte della vita umana, no? Ci facciamo i conti, in qualche modo, tutti i giorni. Per cui, visto che la Commedia vuole anche essere un ritratto dell’umanità tutta, è gusto che ci sia la merda… Ma cos’è che vi fa schifo, la merda? Solo quella?»
Un’alunna: «Be’, quella basta eccome a fare schifo…»
(ridono tutti)
Un alunno: «Però non solo, non è la merda in sé. È l’atmosfera del canto, in genere, che fa schifo».
Prof: «E da cosa nasce l’atmosfera del canto?»
Un’alunna: «Be’, dalle parole. E anche dalle immagini. E dai suoni».
Prof: «Infatti, molto dipende dai suoni. Riuscite a farmi qualche esempio?»
Un alunno: «”gordo”, per esempio; “gordo” è orribile, sia per i suoni, ma anche perché sembra voler dire “ingordo” in un canto in cui si parla di “merda”. Posso dire “merda”, prof?»
(qualcuno ride, qualcun altro lo prende in giro)
Prof: «Sì, puoi dirlo, lo hai già detto. E poi, altri esempi?»
Un’alunna: «A me fa schifo “coi capelli asciutti” per esempio, ma non so spiegare perché…»
Prof: «Secondo me ti fa schifo perché pensi al suoi contrario: ai capelli inzuppati di “merda”… Che sono poi i capelli che quell’uomo ha adesso, nella bolgia infernale, mentre Dante lo fissa con insistenza».
Un’alunna: «Sì, è vero».
Prof: «E poi, sempre a proposito di quest’uomo, avete notato quanto spazio Dante lascia al suo nome: un intero verso! Tu “se' Alessio Interminei da Lucca”: una diffamazione in piena regola, nei secoli dei secoli, con nome, cognome e città di provenienza. Non male come condanna infernale, no?»
(alcuni ridono)
Prof: «Un altro punto impotante è nel secondo dei versi che abbiamo appena letto, quello in cui Dante usa la parola “merda”. Notate come la parola sia rinforzata dall’allitterazione con il termine che la segue, “lordo”. Notatelo bene, perché è importante: a Dante non basta usare quel termine basso e volgare, desidera in tutti i modi metterlo in evidenza, vuole che voi lo sentiate in tutto il suo squallore. E allora cosa fa? Usa una figura di suono, l’allitterazione, per farlo subito riecheggiare nella vostra testa. Così, quando arrivate al “gordo” di cui dicevate prima, non sentite solo la rima, ma anche quelle due consonanti, rd, che vi fanno subito tornare il pensiero alla merda. Non male, no? E quindi, se riuscite a credermi, vi dico anche è in realtà poesia raffinatissima, questa: un uso della lingua così sapiente da poter essere solo e tipicamente dantesco.»
Un alunno: «E poi, prof, c’è la “lingua” dell’ultimo verso: anche quella fa venire in mente quelli che leccano il culo…»
(tutti ridono forte)
Prof: «È vero, guarda; anch’io credo che sia così. E penso che anche questa volta Dante lo faccia apposta: anche perché l’aggettivo “stucca”, che si accompagna alla “lingua”, significa “sazia”, e cioè rimanda al campo semantico del mangiare.».
Un'alunna: «Però, prof, fa troppo schifo, davvero…»
(alcuni si girano verso di lei per prenderla in giro)
Prof: «Mi dispiace che ti dia fastidio, però era necessario. Il male è anche degradante, secondo Dante: ed è lui che vuole che tu ti senta in difficoltà, a disagio. Perché i suoi versi servono a questo, a sbatterti in faccia la squallidità del male e degli uomini che se ne sono lasciati sedurre, per desiderio di potere e per ignoranza o stupidità. E non solo gli uomini, ma anche le donne, in realtà. Leggiamo il finale e vedrai».
Appresso ciò lo duca: «Fa che pinghe»,mi disse, «il viso un poco più avante,sì che la faccia ben con l'occhio attinghedi quella sozza e scapigliata fanteche là si graffia con l'unghie merdose,e or s'accoscia e ora è in piedi stante.Taïde è, la puttana che rispuoseal drudo suo quando disse "Ho io graziegrandi appo te?": "Anzi maravigliose!".E quinci sian le nostre viste sazie.
(notevoli risate e vari ammiccamenti al risuonare del termine «puttana»)
Prof: «Avete capito bene? Qui è addirittura Virgilio che parla e descrive. È la sua voce (la voce della guida di salvezza) a pronunciare le parole “merdose” e “puttana”, e non è un caso. Si mette questo linguaggio in bocca al maestro affinché il lettore capisca che ci sono realtà che possono essere descritte solo con questo linguaggio. Perché la forma è contenuto e la lingua che descrive si fa tutt’uno con l’oggetto che viene descritto».
Un alunno: «Ma questa Taide era davvero una puttana?»
Prof: «Guarda, qui c’è anche un errore dantesco di interpretazione delle battute di una commedia di Terenzio. E Taide non ha mai detto le parole che Virgilio in questi versi le attribuisce. Ma non è questo che importa, se non agli specialisti. A noi deve soprattutto interessare la tecnica descrittiva, l’uso delle parole basse e dei suoni aspri, il tentativo di torcere il linguaggio fino a piegarlo ai livelli più degradati delle possibilità umane. E non dimenticatevi che quest’uomo che scrive è lo stesso che arriverà a descrivere Dio, nell’ultimo canto del Paradiso. E quindi è come se ci dicesse che il viaggio verso Dio deve passare anche di qua, tra queste parole e questa sozzura, in mezzo alla “merda” insomma. È necessario».
Un'alunna: «Be’, è anche lo stesso poeta del canto di Francesca».
Prof: «Infatti, esattamente lo stesso: il che ci dice che il linguaggio è uno strumento duttile, deve esserlo se vuole arrivare al fondo della realtà, di tutta la realtà e di quella umana in particolare. L’Inferno di Dante è il male, l’infelicità, il dolore, questo lo avevamo già imparato. Oggi impariamo che è anche la bruttura, lo squallore e il degrado. E che gli uomini, pur creati a immagine e somiglianza di Dio e quindi capaci di amare, sono però in grado di scendere anche così in basso, per desideri vani, e di diventare “merda” tanto da confondersi con la “merda” e da diventare tutt’uno con la “merda”. È una lezione importante, quella che Dante ci dà oggi, secondo me; molto importante».
Un’alunna: «Perché è così importante?»
Prof: «Perché, credo io, perché sappiamo che il bene non è un destino ma una scelta. E che altre scelte possono invece portarci fino a qui, fino a farci sguazzare nella “merda”, imbrattati e luridi come Alessio Interminelli e Taide, i due adulatori. Non è poco, secondo me; e forse dobbiamo pensarci tutti bene, ci vuole dire Dante. E forse anche oggi è un pensiero che non ci fa male portarci dietro».
Un alunno: «Ma scusi prof, noi possiamo dirlo a casa che a scuola leggiamo questa roba o è meglio per lei che non lo diciamo e facciamo finta di niente?»
(ma suona la campanella e anche oggi è finita).
«Ma scusi prof, noi possiamo dirlo a casa che a scuola leggiamo questa roba o è meglio per lei che non lo diciamo e facciamo finta di niente?»
RispondiEliminaChe teneroni! :)
Uno dei difetti della scuola credo sia quello di far risultare ai ragazzi la letteratura uno stucchevole esercizio di anime belle.
RispondiEliminaPer questo non si capacitano che Dante possa scrivere cose del genere, o che si possa dire "merda" e si chiedono se uno scritto con la parola "merda" sia poesia.
E se non fosse suonata la campanella? Che cosa gli avresti risposto?
RispondiEliminaMi viene causalmente or ora il dubbio che una siffatta lezione si configuri come "inculcamento" di valori di una qualche parte politica a caso. Valori tipo la merda, non so...
RispondiElimina@thumper e il nomade
RispondiEliminaNei post, ma solo nei post, la campanella suona sempre nell'attimo giusto. Perché nei post il mondo è quasi perfetto...
@Tommy
RispondiEliminaEppure, lo sai che spesso io ho paura che i miei alunni (alcuni) rimpiangano la poesia fatta solo di "anime belle" e buoni sentimenti. A volte mi sento come quello cattivo che spezza incantesimo... So che è giusto farlo, ma spiace prendersi proprio quella parte.
Se fossi insegnante, il mio credo educativo sarebbe il seguente:
RispondiElimina"Because I am hard, you will not like me. But the more you hate me, the more you will learn: I am hard, but I am fair! Here you are all equally worthless!"
Il tuo credo educativo, lo puoi immaginare, mi piace. Ma.
RispondiEliminaMa, dopo un po' di anni che insegni, capisci che è importante lasciarsi un po' alle spalle i "credo" educativi e essere un po' più flessibili: la realtà è più sfaccettata di un credo, i giovani alunni ancora di più della realtà.
In ogni caso, meglio il tuo credo di un sacco di altri che sento in giro.
"Qualcuno" potrebbe identificarti come un prof di sinistra che inculca agli alunni ideologie contrarie ai valori della famiglia. ;)
RispondiEliminaPer ora Grazie Mille. Ora stampo e appena ho tempo leggo.
RispondiEliminabellissimo pezzo, mi mancano certe lezioni che ho avuto il privilegio di seguire con il mio insegnante di letteratura al liceo.
RispondiElimina@Fabristol
RispondiElimina"Qualcuno" che per esempio se ne intende, di puttane... ;)
@Anonimo
RispondiEliminaLe lezioni sono ovviamente più lunghe di così e non così perfette. Però alcune riescono bene, ogni tanto. E grazie.
"Onnicomprensivo" è bellissimo. Chiarisce ciò che anche io cerco di dire su Dante, usando magari altre parole. Ma il tuo aggettivo è proprio bello perché è vero.
RispondiEliminaMirabile anche l'analisi linguistica!
Grazie, Monica.
RispondiEliminaPoi naturalmente ci sono molte altre cose da dire su quei versi, questa è solo una sintesi. (le lezioni sono più noiose dei post, mi tocca ammetterlo.)
Ma io sono flessibile! Di mio li farei radere a zero e li chiamerei "maggots"!
RispondiElimina:-D
Io mi chiedo a volte perche' invece di Divina non l'ha nomata Eterna, la Commedia
RispondiElimina[Del resto, Divina non l'ha neppure chiamata Dante... per lui era "comedìa", punto e stop... ;-)]
RispondiElimina(E' come dice Monica, in effetti. L'aggettivo "divina" è usato per la prima volta da Boccaccio, intorno al 1370. E appare in un'edizione a stampa, nel titolo, solo nel 1555. Il titolo è "Comedìa", in latino tra l'altro.)
RispondiEliminaLetto questo post da uno che il Dante leggeva tradotto in un altra lingua, che la scuola che frequentava era in un altro paese e in un'altra epoca, ricordandosssi che aveva la materia "Marxismo" e dopo vent'anni della sua pemanenza nella terra di Dante,posso dire quello chè da anni a questa parte ripeto "Sono strafelice di vivere in Italia", anche se come si vede,sente e intuisce non parlo bene l'italiano.
RispondiEliminaLa raggione perchè commento questo post e mio figlio che frequenta la II° media,ragazzo mio nato da mamma italiana e di me,che ha crescuto con il PC sempre acesso e con tutto l'affetto dei genitori adesso a suoi 12 anni mi fa spesso la domanda:"Papà, ma perchè l'Italia è un paese del male?"...(mi si spacca il cuore ogni tal'volta) Non gli va bene nessuna delle mie negazioni e spiegazioni chè non e così.
E magari in questo modo cerco l'aiuto di tutta la società, non solo dalla scuola, a far vivere meglio i nostri figli nel senso della educazione che apprendono dalla realtà che gli circonda(non scappo dalle responsabilità,sono io come il padre e genitore ad educarlo a riconoscere bene del male che è il mio credo) Insomma...vorei che ci sveglasimmo un po' tutti e smetiamo di fare 3 lavori per sopravivere o per sodisfare nostro ego di tenore di vita dimenticando di vivere con le nostre famiglie e passare tempo con i nostri figli. Ce'lo...ce'lo con tutti quelli (l'instituzioni) chè esistono per essere presenti lì dove devono essere purchè si lavori bene per bene di tutti e tornando a questione scuola mi piacerebbe vedere l'esempio della soliedarità (un valore o sbaglio?)degli insegnanti che danno ai ragazzi per esempio :nei momenti quando scioperano prof precari e quest'altri fissi con 5 addiritura materie da insegnare...deluso,deluso,deluso a prova contraria.
"Nei post, ma solo nei post, la campanella suona sempre nell'attimo giusto. Perché nei post il mondo è quasi perfetto... " questa è geniale, caro Prof, quanto quel post di merda che c'è qui sopra
RispondiEliminaCaro Plus1, grazie assai. Le campanelle, nella reraltà, suonano sempre quando stai leggendo il testo e sei più o meno a metà.
RispondiEliminaMagari avessi avuto la possibilità di assistere ad una lezione simile!
RispondiEliminaSenza esagerare, Fabio. A volte le lezioni vengono bene, altre volte malissimo. Come in tutti i mestieri.
RispondiEliminaah, quanto mi godo le tue lezioni dantesche!!!
RispondiEliminaGrazie, di nuovo.
RispondiElimina