Da un paio di settimane, in negozio, abbiamo cominciato a far pagare i sacchetti di carta che diamo insieme ai libri. Pochi centesimi in cambio di una shopper, come li chiamano quelli che stanno in certi uffici e che provvedono ai rifornimenti. Shopper piccole, medie e grandi. “Scusi, vuole anche il sacchetto?”, chiediamo ora. E il cliente, informato del prezzo delle shopper da un cartello che abbiamo appeso vicino alla cassa, dici sì, no, boh, non so, arriderci e grazie. Una grana, per noi commessi, abituarsi al fatto che ora il sacchetto non va più dato automaticamente e gratuitamente. Quando sullo schermo di uno dei nostri computer è comparsa una circolare che ci diceva che “i sacchetti d’ora in avanti dovete farli pagare” io ho pensato che era giusto e che, anzi, dovevamo spicciarci prima. Del sacchetto nella maggior parte dei casi se ne può fare a meno e quindi, se il cliente lo vuole, è giusto far calare un prezzo, una tassa. E infatti ne abbiamo ridotto le consegne. Tanto di guadagnato per l’ambiente, mi verrebbe da dire.
Ieri, a una coppia innamorata di ragazzi, ho chiesto “Volete un sacchetto?” e loro mi hanno risposto sì in coro (gli innamorati che comprano libri insieme parlano sempre in coro). Allora ho messo sul conto i pochi centesimi, ho preso il loro libro (non ricordo che libro fosse, però ricordo che era un libro da innamorati) e l’ho messo dentro il sacchetto più piccolo che avevamo. “Buona giornata”, mi hanno detto in coro e insieme, mano nella mano, sono usciti dal negozio. Poi, dopo qualche metro, si sono fermati e insieme hanno cominciato a studiare lo scontrino.
“C’è qualcosa che non mi quadra”, ha detto lei a lui un po’ ad alta voce e poi è tornata da me in cassa. “Scusa, ma mi hai fatto pagare il sacchetto?”. “Sì, cinque centesimi e l’abbiamo pure scritto qui che i sacchetti li facciamo pagare” le ho risposto. E allora lei, con lui che le si era avvicinato, mi ha restituito il sacchetto. “Ti restituisco la borsina, per una questione di principio” e mentre insistevo con un non identificato senso di colpa a restituirle i cinque centesimi, lei mi ha ripetuto questa cosa della questione di principio e poi me l’ha ripetuta ancora e poi ancora finchè poi se n’è andata un po’ scocciata per questa cosa dei cinque centesimi del sacchetto.
Quale questione di principio? Perché continuava a ripetermi “per una questione di principio” senza spiegarmi quale fosse questa benedetta questione di principio? Lei era per una natura pulita o per una natura sporca? E una buona questione di principio non vorrebbe, forse, che i sacchetti vengano venduti e non regalati alla cazzo di cane? Ecco, mi sono posto queste domande blindato dall’umiliazione che colpisce di tanto in tanto i commessi.
Quale questione di principio? Perché continuava a ripetermi “per una questione di principio” senza spiegarmi quale fosse questa benedetta questione di principio? Lei era per una natura pulita o per una natura sporca? E una buona questione di principio non vorrebbe, forse, che i sacchetti vengano venduti e non regalati alla cazzo di cane? Ecco, mi sono posto queste domande blindato dall’umiliazione che colpisce di tanto in tanto i commessi.
A Danilo, il mio collega, ho poi spiegato l’accaduto e dimostrato le mie perplessità. E lui, senza proferire parola sulla dannatissima “questione di principio”, mi ha invece detto: “La gente è tutta all’incontrario”. E io, in quel momento, ho pensato che era un commento sbrigativo ma efficace, spiccio ma intelligente. E più passano le ore e i giorni e più lo trovo intelligente ed efficace. Sì, la gente è tutta all’incontrario. Tutta. Hai ragione Danilo.
Ultimamente credo di ripeterlo quasi tutti i giorni, biascicandolo tra me e me o nelle conversazioni: "Il mondo è capovolto...la gente è al rovescio...questo paese è a testa in giù..."
RispondiEliminaAbbiamo bisogno di ritrovare la posizione eretta.
Sì,hai tagione da vendere. Anche se rimane che vorrei sempere avere l'occasione per pronunciare un bel: "la gente è all'incontario". Mi fa sentire saggio e giusto oltre che nonno.
RispondiEliminaSuppongo che la questione di principio sia che tutto ciò che è gratis si arraffa,indipendentemente dall'utilità che ha per chi riceve e dalle conseguenze per tutto ciò che sta al di fuori di lui.È corretto chiedere ma forse potreste sottolineare il fatto che il sacchetto non è più gratis (io per primo non leggo mai i cartelli),capisco però che questo possa ancora aumentare la frustrazione e l'ingiustificato senso di colpa...
RispondiEliminaSe non altro penso che la scocciatura non fosse verso di te né verso la categoria dei commessi.
No, di sicuro la sua scocciatura non era verso di me e non verso il negozio. Secondo me era per una questione di principio. Tutto qua.
RispondiEliminaForse la questione di principio era che se sei entrato in un negozio, hai deciso di comprare qualcosa e ti stai apprestando a pagarne il corrispettivo, quando ti chiedono "Vuoi la tal cosa (in questo caso un sacchetto)?" immagini che il negozio (o la catena) per interposta persona del gentile commesso stia offrendo a te nuovo cliente un plus di servizio, allo scopo magari di rendersi simpatico, o fidelizzarti in quanto cliente, o supportare il brand facendoti girare il mondo un sacchetto con il suo logo.
RispondiEliminaForse ci si resta male quando ci si rende conto che il gentile commesso in realtà è un promotore della vendita di un articolo.
Forse, ovvio.
Prima quando compravo un libro, mi davano il sacchetto di default, io lo prendevo anche se mi sembrava un po' uno spreco. Adesso mi chiedono se voglio il sacchetto e io dico sempre di no.
E' una questione di principio.
Ecco: molto resta ancora da fare sull'educazione ambientale!
RispondiEliminaPoiché, va da sé, siamo perfettibili, ci sarà sempre da commentare che "la gente è all'incontario" :-))
g
Ricordo che mio padre -che si poteva ben definire un 'indignato d' indole', nel senso che il suo senso critico generale era estremo e, talvolta, corrosivo- trovava intollerabile pagare lo shopper quando recava stampato il logo del negozio (nella fattispecie si trattava del supermercato): si sentiva 'sfruttato'. "Ma come", sbottava, "io porto a spasso la vostra
RispondiEliminapubblicità gratuitamente e voi mi fate pure pagare il mezzo?"
Ritengo che avesse, in quel caso, ragione.
E penso anche che sia giusto e utile far pagare imballaggi e sportine al cliente che non se li porta da casa, per le ragioni ovvie che tutti conosciamo. Ma rigorosamente anonimi, sennò non vale.
Anzichè dire "vuole un sacchetto?" dovresti dire "vuole comprare anche un sacchetto?". Vedrai che le questioni di principio, tutte, ti saranno più chiare :)
RispondiEliminaConcordo in pieno con il padre di sirio59.mm.
RispondiEliminaOvviamente, lo stesso discorso vale per i costosi indumenti "firmati"!
Giusto: "vuole comprare anche un sacchetto?" mi sembra molto ragionevole.
RispondiEliminaE bravo Danilo, la gente è proprio all'incontrario..
"Vuole comprare anche un sacchetto" sembra davvero politicamente corretto e salva da ogni ombra di questioni di principio.
RispondiEliminaQuestione di principio per questione di principio forse il principio che andava ripetendo la fanciulla era il principio che siccome loro il sacchetto non l'avevano pagato allora non volevano portarselo via senza pagarlo e senza volerlo.
Per una questione di principio. Quella di non voler fare la figura di quelli che si prendono le cose senza volerle pagare.
Buon fine settimana e buon ferragosto.
Marco
Buon ferragosto a te e grazie...
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