Resta chiuso lì, nel suo bunker, sotto le bombe sganciate dai nostri aerei; non si arrende, rifiuta l’esilio, urla che combatterà «fino alla fine», non accetta di finire i suoi giorni in qualche splendida villa del Venezuela o del Sudafrica. Dicono i ribelli che i suoi cecchini sparano sulla gente per strada, a caso, anche sui bambini. Sarà lui ad aver dato l’ordine? Immagino di sì. Altri sostengono tutt’altro: io continuo a non sapere a cosa credere.
Ma intanto lui, Gheddafi, resta chiuso dentro il suo ultimo rifugio, manda il figlio a fingere urlando che tutto è ancora sotto controllo, che la cospirazione mediatica occidentale è solo un bluff, che il popolo di Tripoli è ancora con lui, che il popolo avrà la sua rivincita contro l’imperialismo occidentale.
Lui, Gheddafi, che non accetta gli inviti di Obama a evitare il bagno di sangue definitivo, chiuso in un bunker con quello che gli è rimasto del suo potere, poco, pochissimo, incapace di staccarsi da quel potere con cui ha convissuto (e che ha saputo usare) per 40 anni e che è divenuto la parte fondamentale di ciò che è lui adesso.
Me lo immagino, chiuso in qualche stanza sotterranea a muovere passi casuali in ogni direzione, avanti e indietro, a stendersi e poi rialzarsi da chissà quale poltrona o letto, dare ordini che forse nessuno potrà mai eseguire, me lo immagino e mi chiedo cosa possa pensare un uomo così: quali propositi terribili di vendetta possa covare, contro l’Italia e Berlusconi per esempio, primi suoi alleati e primi suoi traditori; mi chiedo cosa ci sia in questa specie di scelta da tragedia shakespeariana di non mollare, fino all’ultimo, la morte sotto le macerie del bunker piuttosto che una lontananza ricca e protetta in qualche paese amico, la fine del sorcio sotto gli avanzi di un regno dispotico ma non quella del topo che fugge mentre la nave sta affondando.
Me lo chiedo, ma immagino anche che non ci sia nulla da chiedersi. Il potere è quello, esattamente: una logica folle, un sonno, questa specie di delirio che non dà pace, me lo immagino, un’allucinazione esasperata che non può trovare requie. Come Riina e Provenzano ingabbiati nelle loro casupole di campagna, braccati, ridotti a una vita misera, pizzini e puzza di piscio, ma legati a doppio filo a quel potere silenzioso che anni prima avevano conquistato e che mai avrebbero mollato.
E così, quindi, anche Gheddafi, con la sua volontà folle di non arrendersi, di non accettare quello che accade, di uccidere donne e bambini piuttosto che arrendersi. C’è qualcosa che stride tra questa maschera tragica di oggi e gli atteggiamenti da clown di uno o due o dieci anni fa: la tenda a villa Borghese, le amazzoni come guardie del corpo, tutto quel rituale un po’ comico che l’Italia berlusconiana accettava inchinandosi e baciando la mano al dittatore ricco di gas e di petrolio. O forse invece no.
Forse la tragedia è l’unica fine che davvero si addice al clown ubriaco del proprio stesso potere, capace di sparare sulla propria gente pur di non perdere il potere, accecato e imprigionato da quello stesso potere che pareva immortale. E invece immortali non si è, nemmeno quando si comanda e tutti gli altri si inchinano: se non si ucciderà da solo, Muammar Gheddafi, lo impiccheranno a qualche palo, nel deserto. E il potere e la storia avranno consumato l’ultima loro tragedia, sempre uguale alle precedenti. E in attesa della prossima, naturalmente.
(Ecco, il guaio di scrivere il post il pomeriggio prima... E invece il bunker era vuoto e Gheddafi chissà dov'è. Vabbè, portate pazienza. La cronaca è sempre meno shakespeariana di quello che credo io; e troppa letteratura continua a farmi male, evidentemente. E lo spirito della tragedia non si addice a questi tempi grigi.)
RispondiEliminahai letto il bignami di al jazeera e fox news
RispondiEliminaDi civili morti ammazzati ne hanno fatti piu' i freedom fighters e gli apache nato che muammar
Non e' che ogni volta che uno c'ha bisogno di petrolio a basso prezzo o di consensi, prende e va a bombardare il primo posto disponibile nel deserto
E poi ci ha preso tutti in giro, nel bunker stanno solo i vestiti
Ha preso in giro anche me, in tutta evidenza.
RispondiEliminaEd io mi chiedo: dove andranno a finire le amazzoni?
RispondiEliminavariabile
Un paio pensavo di ospitarle io... ;)
RispondiEliminavabbene, non c'era nel bunker, in fondo che non voglia finire appeso al palo è ovvio. Però l'analisi che hai fatto ci stà. E penso sia applicabile a tutti i folli fanatici del pianeta.
RispondiEliminaCiò non toglie che una mattina Usa e Nato si svegliano e decidono di esportare la democrazia anche in Libia. Qualcosa da qualche parte è andato storto e continua ad andare storto.
@rigorosamenterosso
RispondiEliminaNon potevo certo dirmelo da solo, ma è più o meno la stessa cosa che ho pensato io stamattina. Che è anche la ragione per cui non ho semplicemente cancellato il post.
Rigorosamenterosso, "una mattina" il popolo libico, sull'onda di quanto stava succedendo in Tunisia ed in Egitto si è ribellato contro il dittatore.
RispondiEliminaCerca di ricordarti anche di questo dettaglio, quando pensi che le cose stiano andando storte.
Balquis, hai messo in conto le vittime di 42 anni di regime, di bombardamenti indiscriminati, rastrellamenti e repressioni? Tanto per evitare di dire cose a vanvera.
Uqbal